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I Queen sono giustamente incazzati con Donald Trump perché ha usato "We Are the Champions"

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Immagine via CNN

Magari non state rimanendo al passo con la cronaca statunitense, tra un colpo di stato e l'altro, ma la convention nazionale dei repubblicani si sta tenendo proprio ora a Cleveland, in Ohio. Sono successe un sacco di cose, per ora: Donald Trump è stato dichiarato il candidato ufficiale del partito (buuuuuuu!), sua moglie ha ramato parte del discorso di Michelle Obama credendo che nessuno se ne sarebbe accorto (lol), i Third Eye Blind hanno dimostrato di non essere degli idioti chiedendo al pubblico se credevano nella scienza (yay!). Insomma, una fiera delle stronzate come solo un grande partito di destra sa imbastire.

L'ultima gag uscita fuori dal nostro ricettacolo di maschi bianchi caucasici preferito ha però al centro un classicone come "We Are the Champions" dei Queen, che è stato usato da Donald come colonna sonora per la sua entrata sul palco. Ora: ok, "Champions" è una canzone adatta a sottolineare qualsiasi generico momento di gioia e successo nella vita di una persona, ma il fatto che venga usata a un raduno di destra è leggermente uno sgarbo al ricordo di Freddie Mercury aka uno degli omosessuali più celebri e ricordati con gioia della storia del rock tutto. Ops!

I membri dei Queen hanno quindi fatto sapere via Twitter che la cosa non gli andava particolarmente giù. 

E niente, ormai il danno è fatto e non è che possiamo rimandare indietro il tempo impedendo a Trump di fare quello che fa meglio, cioè sbattersene il cazzo di chiunque non gli dia dei voti e/o dei soldi. Ma siamo felici di sapere che i Queen non si arrenderanno mai e continueranno a combattere fino alla fine, almeno per via telematica.

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Justin Bieber e Marilyn Manson hanno coronato la loro amicizia con una T-Shirt

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foto via Twitter

Lo scorso marzo, J Biebs e Marilyn Manson si sono fatti un selfie assieme a Los Angeles. L'internet è ovviamente impazzito, dato che nel 2016 il fatto che due persone famose che non c'entrano teoricamente niente l'una con l'altra si trovino nello stesso posto allo stesso momento basta per farci prendere megabene. La cosa sembrava essere finita lì, con l'immagine sfocata qua sopra come unica reliquia di questo metaforico, improbabile allineamento di pianeti. E invece.

Justin, aka il modello a cui tutte le popstar contemporanee si rifanno, ha fatto uscire la sua nuova linea di merchandise. Tra una giacca in pelle e una camicia a maniche corte col tartan, ecco però apparire un pezzo di tessuto che lascerà il segno nella storia delle magliette a tema musicale. Signore e signori, a voi:

Questa maglietta costa 195 (centonovantacinque) dollari (più spese di spedizione). Potete ordinarla qua. È nostra opinione che, se sperate di sembrare minimamente al passo coi tempi, dovreste immediatamente mettere i soldi sulla prepagata e farvene arrivare una a casa. Innanzitutto: non ha le maniche, e le maniche fanno così 2015. Poi ci sono i numeri al posto delle lettere, e le lettere hanno effettivamente un po' rotto i coglioni. Infine, c'è una grande verità che potrete portarvi stampata sulla schiena: Bieber ha ormai più seguaci che Satana. 

Il design della T-shirt viene da un vecchio modello che Manson ha venduto in tour un botto di anni fa, ed è stato proprio lui a dare a Fear of God, il brand che ha curato il merchandising di Biebs, il permesso di riutilizzarlo e modificarlo. Non è bello che dietro tutto questo ci sia una compagnia che si chiama "Timore di Dio"? Noi pensiamo di sì. Ave Bieber!

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Taylor Swift non è come le altre celebrità, è molto peggio

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Immagine: Vox

Il video di "Famous" è vera arte. Dà anche la sensazione di essere una orribile invasione voyeuristica della privacy dei suoi soggetti. Entrambe le cose possono essere vere, come lo possono essere entrambe le interpretazioni della stessa telefonata da parte di Taylor Swift e Kanye West. 

Ma da quando la verità significa qualcosa nella musica pop? Come in politica, nei reality, nel drag o nel wrestling, la performance è tutto, e tutto è performance. L'unica verità che conta è emotiva. Nel pop non importano le parole, ma quanto sei convincente nel cantarle. E Kim Kardashian sarà pure una pessima cantante, ma ha appena impartito al mondo pop una lezione di faida.

La storia di Snapchat è già diventata la versione millennial di un film di Zapruder. Davvero Taylor ha dato il permesso alla pubblicazione di "Famous"? Sembra proprio di sì. Il video non contiene l'intera conversazione, quindi forse manca una parte fondamentale del contesto. Eppure, due cose rimangono indiscutibili. 

Prima di tutto, che Kanye non è mai parso così aggraziato. Dice a Taylor: "Quello che mi interessa sei tu, come persona e come amica... Voglio fare cose che ti facciano stare bene. Non voglio fare rap che fa star male la gente". Accusiamo le celebrità—quelle che non ci piacciono—di essere false, di preparare trovate pubblicitarie solamente per i soldi e l'attenzione, qualunque cosa significhi. La grande musica pop può essere contemporaneamente calcolata e sincera, provocatoria e emotivamente coinvolgente. Ma quando Kanye dice "I rapporti personali sono più importanti delle rime", si vede che lo pensa. 

In secondo luogo, Taylor non finge buona educazione. Le sue dichiarazioni alla stampa hanno dipinto un'atteggiamento di disgusto, ma nel video, la sua risposta iniziale non è per nulla emotiva. "Voglio dire, sono a tanto così dalla sovraesposizione", dice, valutando razionalmente come il pubblico risponderà alla canzone. Ogni altra cosa detta da lei è positiva, rilassata, pronunciata senza esitazioni. "Usa le parole che preferisci. In ogni caso è chiaramente molto ironico. E apprezzo molto che tu me l'abbia detto prima, sei stato molto gentile!" Alla fine del video, Kanye e Taylor concordano sull'intento della canzone e lei implicitamente accetta di sostenerlo. "Sarebbe fantastico se io dicessi 'Guardate, mi ha chiamato e mi ha detto del verso prima che uscisse'. Tipo ci siete cascati, tra noi va tutto bene".

 

That moment when Kanye West secretly records your phone call, then Kim posts it on the Internet.

A photo posted by Taylor Swift (@taylorswift) on

 

Per quanto la conversazione sia diretta, le dichiarazioni alla stampa di Taylor da quel momento sono sempre stati pieni di lacune. Il problema che lamenta, pare, è quello di essere stata chiamata "that bitch" pubblicamente. Per cui era "ironico" al telefono, ma misogino in una canzone? I ricordi si distorcono, ma il video è oggettivo. Forse la sua risposta emotiva è sincera, o forse è costruita per avere un momento di trionfo ai Grammy. Ma non avendo menzionato la conversazione tra lei e Kanye dal primo momento, sembra che abbia qualcosa da nascondere. Una verità raccontata male vale quanto una bugia. 

Kanye ha sempre praticato la sincerità brutale, spesso urtando la propria reputazione. Il video su Snapchat mostra il suo lato più delicato, ma tuttavia coerente con la sua personalità pubblica senza filtri. Ma dato che è stata Kim a caricare il filmato, non si tratta di più di una risposta di Kanye a Taylor. Si tratta di una moglie che difende il proprio marito. Kim deve soffrire il contraccolpo, ma può anche vantare la vittoria. Tutto quello che Kim ha dovuto fare è stato ripagare Taylor con la sua stessa moneta, postando un video di lei che è molto gentile con Kanye. È così crudele?

Il songwriting di Taylor Swift, il suo più grande dono, si basa sull'onestà emotiva. Scrive la sua versione della verità, come fanno tutti i cantautori—ma sono anni che fa giochetti tramite le sue canzoni. Pensiamo a "Dear John"—una confessione di amante ferita, ma anche un malcelato attacco al suo ex John Mayer. Nel 2010, lei era la sconosciuta svantaggiata, lui lo stronzo viscido e manipolatore. Nessuno, men che meno Taylor, ha pensato ai sentimenti di lui. Fu il primo di una lunga serie di, come lei stessa ha definito le azioni di Kim, "diffamazioni". 

Giunti a "Bad Blood", nel 2014, la situazione si era ribaltata. Il fatto che ispirò la canzone—una diatriba con Katy Perry sul corpo di ballo in comune—successe dietro le quinte, ma fu Taylor a renderlo di pubblico dominio. Katy aveva torto? Ma chi se ne frega? "Queste popstar a due facce vivono per il dramma!", Taylor sembrava dire, promuovendo un disco la cui intera campagna pubblicitaria era basata sul dramma. 

 

La vulnerabilità delle canzoni più introspettive di Taylor—“Back to December”, “Begin Again”, “Clean”—non esiste più nel suo modo di presentarsi al pubblico. Si ritrae come intoccabile, al di sopra delle stronzate da tabloid. Kim ha rivelato che anche Taylor gioca allo stesso gioco, ma il problema è che Taylor continua a negarlo. La sua dichiarazione su Instagram finisce con: "Mi piacerebbe molto rimanere fuori da questo tipo di narrazione, di cui non ho mai voluto fare parte fin dal 2009".  Non importa se tanto lei quanto Kanye abbiano usato quella narrazione per sembrare più empatici. Nelle faide costruite da Taylor, è sempre riuscita a ottenere la superiorità morale. Se i fatti oggettivi non importavano allora, non c'è dubbio che non importino neanche adesso. Con una veloce snapchattata, Kim ha scontato la pena per tutti quelli che sono stati sputtanati pubblicamente da Taylor Swift.. 

La fama non è un tribunale, e non è nemmeno Il Trono di Spade. È wrestling, in cui i protagonisti possono attaccarsi su qualunque argomento, il pubblico sospende la propria incredulità allo scopo di godere dell'esperienza e nessuno rimane compromesso dall'esperienza. Questa perdita potrebbe essere il fattore catalizzante di cui Taylor Swift ha bisogno. Ognuno dei suoi cicli di album è stato scatenato da un qualche tipo di auto-esame, che ha portato a una ritrovata crescita personale. Magari non domani, ma tra un anno, si sveglierà, ripenserà a questa storia e le verrà da ridere, come ha imparato a scherzare sui VMA. O magari tornerà con un singolo ancora più meschino di "Bad Blood" e noi lo adoreremo, perché le popstar non devono essere per forza paragonabili a noi. Basta che siano interessanti. Ad ogni modo, vince sempre il pubblico. 

“Blank Space” e “Famous” sono due facce della stessa medaglia—nessun altro video rappresenta in modo migliore la fama negli anni Dieci. Kanye e Taylor potrebbero essere condannati ad andare avanti così per sempre. Ma non è una faida sanguinaria, è una relazione simbiotica. Continuano a spingersi sempre più in là, creativamente e personalmente.  

A cosa servono le vite delle celebrità, se non per il nostro divertimento? Che sia una sex tape, un insulto al presidente o un'interruzione di un discorso alla consegna di un premio, non importa come sei diventato famoso. Accetta la tua reputazione, e sarai in grado di sopravvivere a qualunque attacco. È questo il bello di venire pubblicamente disonorati: non può andare peggio di così. 

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Perché il nuovo album di Gucci Mane mi ha migliorato la giornata

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Oggi, 22 luglio 2016, mi sono alzato dal divano su cui sto dormendo con una certezza: la mia giornata sarebbe stata migliore di quella che l’aveva preceduta. Perché è venerdì e domani tornerò a casa, e quindi a dormire in un letto vero? Perché ho due soldi in tasca e quindi posso prendermi un pranzo a tutti gli effetti e non un panzerotto del LIDL? No: perché il 22 luglio 2016 è il giorno in cui è uscito il nuovo album di Gucci Mane, Everybody Looking, il primo da quando è uscito di prigione.

Avete probabilmente già sentito parlare di come Gucci sia diventato così magro e figo che l’internet si è convinto che sia stato sostituito con un clone. Non penso sia così, anzi: solo Gucci poteva uscirsene con un album così fuori dal tempo, uguale a quello che ha sempre fatto ma proprio per questo decisamente più tagliente e vitale. Insomma, il Trap God non ha mai fatto il grosso senza esserlo veramente. E ora come ora i suoi pezzi vibrano di un’energia che solo una persona che ha voluto ardentemente tornare a fare una vita normale sa emanare.

Questo, ovviamente, senza dimenticarci che fare trap è anche questione di farsi due risate e gridare WOOOOH ad ogni punchline ben riuscita. E Everybody Looking ha dentro tutta la gioia criminale che Future si è scordato a casa dopo che è uscito DS2. Assetato proprio di quell’esatto sentimento, mi sono alzato e ho schiacciato play.

NO SLEEP – INTRO

Le prime parole che Gucci dice su ‘sto disco sono “Non riesco nemmeno a dormire da tutta la roba che ho da dire / Fanculo la polizia, fanculo i federali, fanculo la DEA”. Da questo possiamo ricavare tre cose. 1) il mio corpo è composto al 45% da acqua e al 55% da hype; 2) Nessun rapper nel 2016 ha aperto il suo disco con una frase più grossa; 3) Se l’anno scorso sul podio c’era Future con un moderatissimo “Mi sono appena scopato la tua troia con addosso delle infradito di Gucci” e pensavamo ancora tutti a scopare, quest'anno pensiamo tutti più alle brutte cose della società.

OUT DO YA

“Se non sono un milionario a mio figlio può crescere la figa” è una di quelle frasi che non sai bene come gestire; un po’ come quando 2 Chainz aveva rappato “run shit like diarrhea”. Da un lato dici, “cazzo, geniale”. Dall’altro anche, perché se ti fai le pare per dei brag del genere puoi tornare ad ascoltare Macklemore.

BACK ON ROAD

Benvenuti alla nuova puntata di “Drake prova a fare il criminale suonando poco convincente”. Mi piace immaginarlo nel villone di Gucci, un po’ spaventato per tutti i fucili d’assalto sparsi nel salotto, mentre guarda nervosamente 40 come per dire “ma un’altra "Best I Ever Had” no?" Difatti l’unico contributo di Drizzy a ‘sta traccia è un breve ritornello, registrato il più velocemente possibile. Nota a lato: Gucci dice “Sono l’Al Capone del 2016”, e la percentuale di hype nel mio corpo è salita al 53%.

WAYBACH

“Sono più felice di rappare su un pezzo di Zay che su uno di Dre”. Non è bella l’amicizia, a volte? Non dovreste tirare fuori quel cellulare e chiamare, uno per uno, tutti i vostri amici per dirgli quanto vi mancano e quanto sperate di passare finalmente un po’ di tempo assieme quest’estate? L’unica cosa che vi manca è una Maybach su cui ripensare al passato, ma la Yaris di vostra madre andrà benissimo lo stesso.

PUSSY PRINT (FEAT. KANYE WEST)

“Ho preso Kanye su ‘sto pezzo solo perché siamo entrambi dei narcisisti del cazzo.” Ricordatevi che Gucci è l’unico rapper che può permettersi di sminuire Yeezy senza finire nudo in uno dei suoi video ufficiali e fatevi il segno della croce.

POP MUSIC

La tesi di questa canzone è, “Le mie pistole e i miei AK-47 cantano i miei ritornelli, e la chiamiamo musica pop”. Perché “to pop” significa “sparare”. Non so voi, io sto sorridendo.

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GUWOP HOME (FEAT. YOUNG THUG)

Anche se fossi un linguista americano farei fatica a capire quello che Young Thug dice in ‘sto pezzo, il che mi rende estremamente felice dato che se c’è un pezzo su cui Thugga deve esagerare è esattamente quello in cui appare sull’album del vate che ha convinto il mondo che non fosse uno stronzo, e noi giornalisti che il suo fosse una sorta di visionario post-linguaggio avanguardista. Gucci è così potente, gente.

GUCCI PLEASE

Questo è il primo pezzo-brag del disco che non parla di armi o droga o rap ma semplicemente di quanto Gucci sia diventato più magro e figo. Il che è vero, quindi non possiamo certo dire che la cosa non sia perfettamente ok.

ROBBED

“Ricordo il giorno in cui mi hanno derubato / Non mi vergogno di dire che mi hanno derubato / È un giorno bellissimo, qualcuno è andato a farsi derubare / E la gente si chiede perché io cerchi gente da derubare.” La catena del crimine che si auto-regola e auto-alimenta in contesti sociali in cui l’illegalità è norma in quattro versi.

RICHEST NIGGA IN THE ROOM

A meno che Gucci si trovi nella stessa stanza di Jay Z o di Dre, probabilmente, il titolo di questo pezzo corrisponde a realtà. In ogni caso, anche se non fosse il più ricco, sicuramente sarebbe il più pericoloso.

FIRST DAY OUT THA FEDS

La cosa bella di Gucci Mane, ora, è che esternamente sembra in pace con sé stesso e col mondo; ma in realtà, essendosi fatto un bel po’ di gabbio, ha probabilmente imparato come fare a costruire un coltello con del fil di ferro e la tavoletta di un cesso. E “First Day out tha Feds” ne è la prova.

AT LEAST A M

“Posso prenderti a schiaffi tipo un pappone / E il mio chef sta cucinando gamberi”. Perché c’è solo un sapore più dolce di quello del rispetto: quello dei frutti di mare, possibilmente con salsa teriyaki e un po’ di caviale come contorno.

ALL MY CHILDREN

Gucci ama i suoi figli, e tutti i rapper di Atlanta che ora fanno tutti i fighi – Future, i Migos, Young Thug e così via – sono stati generati dal seme di Gucci. Quindi possono stare tranquilli, ora che papà è tornato. Ma non troppo.

PICK UP THE PIECES – OUTRO

La trap non è solo glorificare spaccio e violenza ma è anche, e soprattutto, espressione del disagio di una grande fetta della società americana. Solo, tra un Desiigner e un O.T. Genasis, ce ne siamo un po’ dimenticati. “Pick Up the Pieces” ha dentro l’esperienza afroamericana: “Quando tutto cade a pezzi, i pezzi li raccogliamo.” E ricominciamo, e cerchiamo di uscire da ‘sta merda col rap. E intanto la cantiamo.

Elia non è mai stato in carcere, e quindi non può fare la trap. Seguilo su Twitter.

Novelist ha iniziato a fare musica presa bene, e allora prenditi bene anche tu

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Sapete cosa è figo? Fare skateboard. Sapete cos'altro è figo? La musica. In un certo senso, è come se l'ultimo video pubblicato da Grey Skateboard Magazine in collaborazione con Nike sia stato fatto per Noisey, dato che contiene non solo un po' di gente che si spara dei kickflip in giro per Londra sud (la nostra parte preferita di Londra—bella, Elephant and Castle!), ma anche un nuovo pezzo di uno dei nostri MC preferiti della città, Novelist. La canzone si intitola "New Path", "Nuovo sentiero", il che ha senso dato che sembra davvero diversa da tutto quello a cui Nov ci ha abituato finora. È un po' più presa bene, un po' più frizzante, un po' più colorata. È robbabbuona. Trovate il tutto qua sotto.

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Breve storia dei trollaggi di Aphex Twin ai danni dei suoi fan

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Sai sempre cosa aspettarti da una copertina di Aphex Twin, no? La sua faccia oppure il logo. Per cui una delle cose che saltano immediatamente all'occhio del suo nuovo EP, Cheetah, uscito due settimane fa, è che non c'è nessuna delle sue cose. Un'altra è che il design è molto più retrò di quanto Richard D. James si sia mai permesso fin dai personaggi da videogioco della copertina di "Pac-Man" del 1992, uscito con l'alias Power-Pill, e dalla copertina in stile classico gioco da tavolo di Expert Knob Twiddlers del 1995, una collaborazione con Mike Paradinas (µ-Ziq) a nome Mike & Rich, di cui Planet Mu ha appena annunciato la ristampa.

Cheetah ha un design pulito, blu con i bordi bianchi, e ricorda un album dei Carpenters, e utilizza un paio di font vintage con intelligenza: il titolo è scritto in Busorama URW Bold, il nome dell'artista in Harlow Regular. Il primo ha un feeling Art Deco; il secondo—coniugato con una palette di colori che va dal blu uovo-di-pettirosso al bianco all'argento spento—è decisamente anni Cinquanta, con echi di estetica anni Settanta da Studio-54. 

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Il design nostalgico ci aiuta a capire la storia della musica contenuta. Non solo questo EP prende il nome da un sequencer vintage, ma è stato composto usando prevalentemente proprio il Cheetah MS800, un sequencer multitraccia lanciato nei primi anni Novanta. Il Cheetah è stato uno dei primi a utilizzare il wave sequencing, un metodo di generazione di suoni in cui, usando le parole di Aphex nel comunicato stampa, "i suoni sono programmati tramite forme d'onda che cambiano mentre suona la nota, dando un carattere e un movimento eccezionale alla musica". 

 

Un'immagine allegata al comunicato stampa per l'uscita dell'EP Cheetah

Il sintetizzatore Korg Wavestation, prodotto tra il 1990 e il 1994, fu il più famoso degli utilizzatore del wave sequencing. Il Cheetah, invece, non ha mai preso piede. Anzi, pochissime persone furono in grado di capire come funzionava. Tanto per cominciare, la macchina non aveva suoni preinstallati; dovevi generarli tu. Il sito di software musicali G-Force Software ricorda il Cheetah come "uno degli strumenti più incomprensibili mai prodotti" e lo chiama "impossibile da programmare", pur aggiungendo che il Cheetah aveva anche un "tono e una struttura parametrica unici che lo rendevano interessante e ragionevolmente utile ai tempi". L'EP dimostra ciò con tracce che si muovono con un passo rigido e gommoso, agevolato da linee di basso appuntite. 

Cheetah è stato accompaganto da un comunicato stampa che lodava lo strumento e (a proposito di mosse retrò) è stato riprodotto su volantini spediti ai negozi di dischi: "L'EP di Aphex Twin Cheetah usa tecniche di generazione di suoni digitali insieme a tecnologia wave sequencing per produrre suoni con una profondità e un movimento rari al giorno d'oggi", recita. "Se siete interessati a sperimentare con la creazione dei suoni, provate a modificare alcuni dei suoni che vi abbiamo fornito, prima di tentare di creare un campionario da zero".

Si tratta di ironia: the Cheetah non aveva avuto successo a causa delle difficoltà a manovrarlo, e lo scherzo sta in questo finto manuale. Ma il piccolo inganno si adatta alla perfezione all'attitudine di RDJ. Fin dall'inizio, James è stato, per dirla con David Stubbs di The Wire, "forse la persona più seria e la meno seria" della musica dance. Si è fatto notare nel 1991, quando "Didgeridoo" prese piede ai rave. Il ritmo forsennato della traccia insieme ai suoi drone da fuori di testa erano perfettamente in linea con un periodo nella storia della musica dance che si può forse riassumere al meglio con quel suono di synth tipo aspirapolvere che si sente su "Mentasm", una traccia del '91 di Joey Beltram e il progetto Second Phase di Mundo Muzique. 

Ma mentre molti degli artisti techno più in vista del periodo, da Altern-8 a Underground Resistance, si nascondevano dietro delle maschere, James proponeva un personaggio da scienziato pazzo. Nelle interviste sosteneva di essere aiutato dall'esperienza dei sogni lucidi—durante i quali immaginava nuovi suoni nel sonno, per poi crearli da sveglio. E il fatto di essere cresciuto in una piccola cittadina di campagna in Cornovaglia faceva sembrare la sua distanza dagli ambienti urbani di Altern-8 o UR più naturale che strana—rientrando nella tradizione, tipicamente britannica, del genio eremita che si rifugia nei boschi a cucinare le sue pozioni magiche. 

In un certo senso, la distanza di James dal centro dell'azione, Londra o anche Manchester, ha donato alle sue composizioni un certo tipo di purezza. Passò anche molto tempo a smontare e rimontare tastiere e registrando demo alieni fin dai primi tempi della sua adolescenza, e sostiene di aver prodotto musica in certi stili già esistenti soltanto per caso. La sua storia gli conferisce un'aria da uno che esiste in un vuoto chiuso ermeticamente, privo di influenze dall'esterno. James disse a Stubbs nell'intervista su Wire che "Didgeridoo" fu concepita mentre stava "attraversando una fase di riflessione... che non c'erano note dov'ero io... ma poi ho scoperto successivamente che era già stato fatto, non solo nell'avanguardia ma nella musica dance elettronica". Nel 1992 dichiarò a Select che aveva prodotto tracce acid anni prima di ascoltare i primi dischi acid di Chicago ("Sono rimasto di sasso").

Questa caratteristica leggermente fuori dal tempo rimase costante nel corso della sua carriera. Si allargò anche al suo rapporto con le comunità su Internet, anche se il Web fu strumentale alla sua ascesa. La musica di James aveva ispirato nel 1993 la nascita della mailing list IDM, che, come tutte le mailing list dei tempi, precorreva le piattaforme di discussione utilizzando l'email. Il nome stava per "intelligent dance music", così chiamata per la compilation Artificial Intelligence uscita su Warp nel 1992—ma non si può certo dire che James sia stato tra i primi a frequentare il mondo virtuale. Un membro di un'altra list, NE-Raves, ricorda di aver incontrato James nel 1993 a un rave e di avergli detto "che aveva parlato con il suo amico Ben al computer diverse volte" e che James "rimase molto impressionato". 

Nel 2003 le mailing list erano state quasi tutte rimpiazzate dalle message board, e James ammise a The Wire di averle trollate. "Le mie message board, non capisco nemmeno di cosa parlino—hanno una loro lingua, i loro acronimi", disse. "Sono stato bannato da delle message board [su di me], sbattuto fuori per aver fatto incazzare un po' di gente—il che fa ridere".

Anche se il suo logo simil-runico ha molto a che fare con la percezione da alieno che si ha di James, i suoi live ci hanno a che fare ancora di più, avendo rafforzato la sua reputazione sia come innovatore musicale che come pazzo che è meglio lasciare in pace. Ogni serata del tour See the Light dell'autunno 1993 (insieme a Moby e Orbital), James manteneva un profilo basso stando verso il retro del palco, concentrato sulle sue macchine, mentre un suo amico faceva un ballo tutto storto. Jon Pareles del New York Times valutò il set di Aphex come il migliore della serata, lodando i suoi "assemblaggi densi e feroci" e aggiungendo che "anche quando Aphex Twin si spostava verso la techno standard, c'era sempre una sincope sorprendente o un suono dissonante—incidenti con la sega elettrica, fischi di pneumatici, anatre robot impazzite—che faceva spiccare la sua musica". Il co-fondatore di Warp Records Steve Beckett disse poi a The Believer che il tour segnò un cambiamento nel pubblico di Aphex e della label: "È stato in quel periodo che abbiamo iniziato ad attrarre i ragazzi a cui piaceva l'indie rock e che avevano sempre snobbato la musica elettronica come musica senza cervello per idioti. Hanno iniziato a capire che era molto più profonda di quanto credessero".

Quando Aphex cominciò a suonare davanti a un pubblico più votato alla sperimentazione, la sua dissonanza e il suo senso dell'umorismo si sono spinti ancora più in là. Nel gennaio 1995, Aphex Twin fece il DJ alla Knitting Factory di New York in chiusura di una residency di due giorni del club londinese Disobey, messo in piedi dalla label avant-rock Blast First. Si trattò di due notti di, prendendo in prestito un paio di ottime descrizioni dalla recensione di The Wire, "ultrasuoni ciclici che fungevano da equivalente uditivo di una strobo settata sulla frequenza di un dialogo" e "vortici di feedback dal suono di un momento esagerato di un assolo degli Spinal Tap prolungato per quindici minuti". James concluse il tutto nell'unico modo possibile: gettando un microfono dentro un frullatore e abbassando una puntina da giradischi su un foglio di carta vetrata. Più avanti, nel 1995, aprì per Björk, passando, secondo Spin, l'intera performance "nascosto dietro un albero di plastica". 

I trucchetti da palco si riflettevano alla perfezione nella vita eccentrica da scienziato pazzo di James. Il giornalista David J. Prince—che aveva aiutato a portare Aphex Twin nel profondo Wisconsin nel 1994 per il primo Furthur, un rave lungo un intero weekend da lui organizzato—ricorda di aver incontrato James sul binario di un treno in Inghilterra a metà anni Novanta; il producer portava le cuffie e stava programmando beat su una drum machine mentre camminava. James si era anche comprato un carrarmato di seconda mano di cui andava molto orgoglioso, e che usava per andare in giro nelle campagne gallesi. "Il mio carrarmato ha uno scopo pratico", disse a Select nel 1997. "Ha una mitragliatrice e sei lanciarazzi di segnalazione. Ho un elmetto con cuffie e microfono incorporati, ma dev'essere stato concepito per un bambino, perché è davvero piccolo... I vicini hanno protestato con il Ministero dell'Ambiente per via del rumore. Hanno appeso un cartello lungo la strada con scritto: 'Non riusciamo più a vivere qua, questa gente va fermata'". 

Gli stessi vicini avranno reagito in modo simile alla fase seguente della produzione visiva di Aphex Twin. Nel 1997 decorò (se è questo il termine giusto) la copertina dell'EP Come To Daddy con una inquietante foto di gruppo di sei bambini sui visi dei quali era stata incollata la faccia ghignante di James. Lo stesso trucco è stato ampliato nel video di "Come to Daddy", in cui un intero villaggio di piccolo James corre selvaggio per le strade mentre la traccia fa più o meno la stessa cosa. Fu il primo di due video di Aphex Twin diretti da Chris Cunningham, e il secondo usò una fomula simile per un effetto forse ancora più insidioso. Per "Windowlicker" del 1999, Cunningham e James architettarono una parodia feroce del materialismo hip-hop dell'epoca di Puffy, per ben dieci minuti di durata. Qui, a trasformarsi in Aphex è un gruppo di modelle poco vestite. James stesso balla alla Michael Jackson, compresa la mossa di afferrarsi il pacco. Il video diede l'occasione a CMJ New Music Monthly di uscire con un titolo immortale: "Aphex Twin: Only Perry Farrell has gotten more action in a limo."

"Windowlicker" fu un colpo da maestro, il più al passo con i tempi della sua carriera. Era una parodia, perfetta per il personaggio James, che trae profitto dall'essere sempre un po' (o molto) fuori dal mondo. La gente così tende a fare un sacco di battute, e mentre i fan della categoria nerd che gli spiavano l'attrezzatura potevano essere anche molto seri, Aphex teneva conto anche del lato più giocherellone. È una specie di Frank Zappa, in questo senso; la grande differenza è che mentre Zappa prendeva una seria posizione politica di protesta contro la censura—testimoniando nel settembre 1985 davanti al comitato del Congresso contro un'organizzazione musicale fondata per isolare le canzoni con contenuto sessuale o satanico—è difficile immaginare James fare la stessa cosa, o con la stessa passione. L'umorismo di James è apolitico, più individualista, inerte e stupido per il piacere di esserlo—umorismo da fumatori di canne. Anche la sua visione politica tende allo stoner: due anni fa, ha dichiarato che l'11 settembre sarebbe stato "un complotto", ammettendo di credere in "più o meno tutte" le teorie cospirazioniste e concludendo con "il mondo intero è fottuto, in pratica".

Il lato burlone di James non si è più fatto vedere nello stesso modo dopo le collaborazioni con Cunningham, se non contiamo la sua ostinazione nel negare di trovarsi dietro un paio di uscite del 2007 a nome the Tuss. Dopo il doppio CD del 2001 Druqks, passò la maggior parte del decennio successivo mantenendo un basso profilo, riemergendo con nuova musica quando gliene veniva voglia—ricordiamo una serie di 12" da DJ, "Analord", a nome AFX a metà decennio, le cui tracce migliori furono raccolte nella compilation su CD del 2006 Chosen Lords. Come per sottolineare l'aspetto strettamente da club di questi pezzi, Chosen Lords fu pubblicato in una confezione di cartone marrone, l'equivalente da CD di un 12" white label con le scritte a pennarello. 

Negli ultimi due anni ha abbandonato il basso profilo. Quando Aphex Twin annunciò Syro, il suo primo album in studio da tredici anni a questa parte, lo fece con un dirigibile in volo sopra Londra il 16 agosto 2014 (la runa su un lato, l'anno sull'altro) e con degli stencil del suo logo pittati a spray sui marciapiedi di New York. Poi la tracklist fu rintracciata con il browser deep web Tor; l'effetto fu una specie di versione analogica e smorzata di un leak dell'era digitale, tipico tanto del creatore quanto del progetto. La copertina di Syro comprendeva anche una lista dei costi dalla vena umoristica (alcuni punti sembrano anche veri, anche se sospetto che "Digitalizzazione da nastro di archivio di The Making of Windowlicker" non lo sia), con prezzi sospettosamente bassi: "Noleggio del locale e dell'impianto per l'evento di ascolto pubblico a Londra: £0.00163". Tra questo e il comunicato stampa di Cheetah, sono due segni del fatto che dobbiamo aspettarci ancora molti trucchetti da lui.

Pare che in giro per l'Europa girino pasticche a forma di Pikachu

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Che bomba Pokémon Go, eh? Ne parla VICE, ne parla Motherboard, ne parla il Messaggero Veneto. E ora ne parliamo più o meno anche noi, grazie a una soffiata del nostro tabloid d'oltremanica preferito (not): il Daily Mirror. Stando a quanto viene riportato, anche gli spaccini di mezza Europa hanno deciso di saltare sull'allegro treno della moda del momento e hanno creato le pillole a forma di Pikachu che potete vedere qua sopra. Per ora sono apparse sulla darknet, in Olanda e in Germania.

Prima di prenderne tre e partire per Kanto sulla schiena di Lugia al suono della techno, però, dobbiamo avvisarvi che pare siano piuttosto pericolose. Stando al Mirror, contengono un misto di MDMA e 2-CB—una sostanza psichedelica sintetica che imita alcuni degli effetti dell'MD aggiungendoci però delle leggere allucinazioni simili a quelle che otterreste prendendo dell'LSD. Non è comunque la prima volta che delle pillole a tema Pikachu sono apparse in giro: nel 2011 ne erano venute fuori di azzurre e viola

Morale: se vedete le pillole qua sopra pensateci due volte prima di buttarle giù. Volete ancora essere abbastanza lucidi da catturare l'ennesimo Rattata il giorno dopo, no? Noi ve lo consigliamo.

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Nan Kolé: It is Gqom!

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Gqom Oh! è il tramite cui Francesco Cucchi, in arte Nan Kolé, è riuscito a connettere Durban, Sud Africa, con i dancefloor di tutto il mondo. Di fatto si tratta di un'etichetta, lanciata ufficialmente con la prima release ad agosto 2015, il cui intento era riproporre la narrativa di questo neo-genere a metà tra la tribal house sudafricana, la 4 step, il kwaito, il kuduro e tutti i derivati dei 3/4 sghembi che le crew locali stanno pompando come pazze per le vie di Durban. È abbastanza prevedibile, quindi, che Roma, città natale di Kolé, giochi un ruolo insignificante in questo scenario: la rivisitazione zulu, non convenzionale e reietta, della dance music, è tutta nata a Durban, Kolé l'ha solo intercettata. Tuttavia lo stigma di "non autoctono", è un fatto cui Nan Kolé ha dovuto far fronte, forse—e principalmente—per via della sua provenienza europea.

In questa intervista, realizzata da Palm Wine lo scorso dicembre 2015, poco dopo l'uscita dell'EP di debutto di Gqom Oh!, Gqom Oh! Sampler, Kolé sosteneva che "la musica è arte e non deve essere nascosta dal mondo per essere reale," andando così a zittire quella fetta di pubblico interessata a far pesare ancora i retaggi della beneamata "appropriazione culturale." Vista l'altissima qualità del lavoro da lui svolto, peraltro pure universalmente riconosciuta—Resident Advisor, Pitchfork, The Wire—direi che questi sono discorsi del tutto marginali, e chiunque sia interessato ad approfondire lo splendido quadro politico dentro cui questa realtà si manifesta nella sua forma più pura, qua è il benvenuto. In più occasioni abbiamo dato voce alla rivoluzione gqom, e ne andiamo decisamente fieri.

Siracusa e il suo Ortigia Sound System Festival quest'anno—per l'esattezza venerdì 29 luglio—ospiteranno Nan Kolé per un dj set in chiusura a Godblesscomputers e Felix Laband, nessuna miglior occasione per sperimentare di persona la febbre di cui stiamo parlando. Questo mix non ne è che un assaggio.

 


Il tamburo di Antico ha un'anima

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Siamo stati i primi a parlare del semi-omonimo nuovo album di Alfio Antico, in cui il percussionista si confronta da una parte con sonorità più vicine a una sensibilità contemporanea, slegandosi paradossalmente da convenzioni sonore "pop" di qualsiasi tipo per conservare invece quelle "popolari". In questo modo, il suo tamburo e la sua voce aggiungono ulteriori sfumature a un'eredità culturale già di per sé ricchissima, onorandola coi linguaggi espressivi corretti senza comunque fare del tradizionalismo. Quando ne abbiamo parlato, abbiamo anche spiegato quanto Antico è un album sia vicino alla psichedelia occulta che si muove nel nostro underground, pur essendo il suo autore biograficamente distante da quella scena: in comune c'è una visione della musica come espressione di una serie di impressioni (appunto) antiche, di suggestioni tanto elementali quanto psico-geografiche e una ricerca sonora che fa della propria coscienza il veicolo di una moltitudine astratta. In questo senso riferirsi all' "antichità" vuol dire contemplare con la propria espressività il lato più inconoscibile della propria terra, un non-racconto fatto di elementi anti-storici e barbare lingue minori. È proprio questo a trasformare la mitologia popolare che tramanda in una psichedelia a sua volta popolare. 

All'album stanno seguendo ora una serie di concerti in contesti piuttosto vari, tra cui alcuni festival. Uno di questi, Ortigia Sound System, sarà tra poco nella sua Sicilia, a Siracusa (più precisamente sull'isola di Ortigia). Dura una settimana (25-31 luglio), si svolge su differenti location e la line-up prevede da Nan Kolé a Go Dugong: Alfio si esibirà sabato 30 all'Arena Maniace in compagnia di Clap Clap!. Gli abbiamo fatto qualche domanda per l'occasione, in modo da approfondire il modo in cui presenta e trasforma dal vivo la musica contenuta nel suo disco. A questa intervista ha deciso di partecipare anche Mario Conte, uno dei due producer (l'altro è Lorenzo "Colapesce" Urcillo) che lo ha accompagnato nella ricerca di nuovo-antico suono. 

Noisey: Il suo ultimo album è stato molto ben accolto da un pubblico molto vasto. Come ha preparato le esibizioni dal vivo che lo hanno seguito? Ha scelto di enfatizzare alcuni aspetti di quei brani piuttosto che altri? 

Alfio Antico: Ho cercato di mettere in evidenza i brani che riescono a convivere sia con la mia esperienza, se vogliamo arcaica e pura, sia con la parte strumentale, sicuramente più contemporanea e, perché no, nel futuro. Per portare tutto questo dal vivo abbiamo cercato di ripetere quello che è stato fatto in fase di incisione: basti pensare che era quasi tutto in diretta. Ci siamo presi come obiettivo quello di proseguire questa atmosfera.

Ha dichiarato che con questo album voleva “andare in guerra” con gli strumenti. In che modo si trasla questa guerra dal vivo? È possibile coinvolgere il pubblico in questa guerra o non è necessario? 

Intendo una guerra metaforica. Ho voglia di comunicare il mio essere e per questo ho un necessario bisogno del pubblico, che è lì per essere coinvolto, per far parte di questa mia personale “lotta”. Il mio lavoro è la comunicazione, devo avere persone alle quali arrivino le mie canzoni, se no non funziona. Qualcuno diceva che il suo mitra era un contrabbasso, ecco il mio è il Tamburo.

Quanto è legato all’esecuzione stretta dei brani o quanto lascia che il tamburo la porti dove vuole? Il legame intimo con lo strumento, in questo, è un limite o un vantaggio? 

Non è solo un vantaggio, è un po’ tutta la mia carriera. Quando mi chiedono quale è il mio rapporto con lo strumento io rispondo sempre: io ho fatto il tamburo e il tamburo ha fatto me. Ecco, per me i tamburi sono come dei figli, il nostro legame è forte, è difficile da spiegare. Il tamburo è un elemento sul palco, non è solo uno strumento, per me ha la sua anima, quindi è importantissimo il suo valore. 


L’uso dell’elettronica fatto in studio come viene reso dal vivo? Come riesce a bilanciarlo con l’aspetto Antico della sua musica? 

Mario Conte: Nel disco coesistono due diversi livelli diversi di elaborazione elettronica. Il primo riguarda le ambientazioni e i trattamenti sonori dei tamburi e delle voci. Questo aspetto del suono è riprodotto fedelmente dal vivo, replicando live più o meno tutti i processi che sono avvenuti in fase di registrazione.
In fase di produzione infatti, non è stata usata un’elettronica di matrice digitale, bensì analogica, organica e materiale. Inoltre, anche nel disco, tali processi sono avvenuti quasi sempre in modo diretto, non aggiunti in post-produzione, quindi—con alcuni accorgimenti—tecnicamente riproducibili dal vivo.
 infatti possibile replicare l’esperienza sonora e sensoriale delle registrazioni rurali grazie ad una fusione tra il suono del tamburo (che di per se, se suonato e microfonato in un determinato modo assume caratteristiche noise che evocano un mondo dark ed elettronico) e gli oggetti sonori usati da me e da Lorenzo. Abbiamo infatti sul palco diversi set di molle, pennelli, bacchette di legno e ferro, riverberi a molle e delay, campionatoti lo-fi per riprodurre i suoni della natura precedentemente catturati o emularli con l’uso di macchine. Il secondo livello di trattamento elettronico riguarda l’uso di sintetizzatori e chitarre. Per gli strumenti, abbiamo deciso di non utilizzare tracce di background in sequenza, ma piuttosto di suonare il possibile live, cercando di cogliere l’essenza dell’arrangiamento del disco, in un’ operazione che tende a togliere più che ad aggiungere elementi.  Cito ad esempio il brano "Indovinelli", dove il lavoro dei synth nel disco, ricco di linee di contrappunto, si ispira chiaramente alle rivisitazioni anni Settanta della musica barocca. Dal vivo, abbiamo concentrato tutte le linee in un’unica struttura armonico melodica, cercando di mantenere il senso ‘neoclassico’ dell’arrangiamento ma in una forma più diretta e riproducibile dal vivo senza sequenze, che giochi su sfumature timbriche ed esecutive, mantenendo lo spirito originale del brano inalterato, pur modificandone gli elementi.


E come si confronta l’Antico con l’atmosfera affollata e frettolosa di un festival di oggi? Contare sula forza essenziale e “pura” del suo suono aiuta a catalizzare l’attenzione e generare l’atmosfera che le è congeniale? 

Alfio Antico: Un’altra frase che dico sempre è che nel non rendermi conto godo rendendomi conto. Ok, forse faccio parte di un mondo diverso, probabilmente perduto, ma vivo nel mondo e mi diverte entrare in gioco con realtà differenti, nuove. Sono sempre stato un curioso, anche il mio Tamburo lo è. Dopo di ché sul palco ho sempre portato la mia realtà, quindi è esatto dire che questo mio suono catalizza l’attenzione. Io porto me stesso nel mondo e mi faccio coinvolgere dal resto, per fare tutto ciò ho bisogno dei miei suoni, dei miei ricordi e del Tamburo. Il mio mondo perduto è quello di quanto ero ragazzo, quando facevo il pastore tra le montagne del siracusano. Questo forse c’entra poco con la realtà frenetica dell’oggi, ma non posso nascondermi o fuggire, non posso esimermi dal raccontarlo.

 

In aggiunta, Alfio, Mario Conte e Lorenzo Urcillo ci hanno anche regalato una selezione commentata di brani di altri musicisti, per capire meglio quali ascolti, quali influenze e quali vicinanze possano rintracciarsi nella genesi di Antico.

 

Franz Rosati -  Ruins A/V  

Production Title - Cinema 4D from Chani Petro on Vimeo.

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Franz è un compositore, artista e sound designer Romano. la sua purissima e visionaria estetica digitale  è antitetica al suono analogico di ANTICO ma, contemporaneamente, così affine. La stessa ricerca della contemporaneità dei suoni primordiali con sfumature sensoriali diverse.

 

Chassol - Pipornithology, Pt. I

È sempre la realtà della natura circostante ad ispirare la musica di Christophe Chassol. Ma più che di un’ispirazione si tratta di riscrittura in musica della realtà. Amazing.

 

Alessandro Quintavalle / Luca Reale & Gianluca Mattei - ZV7 Cuprico 

La Zoff82 è un etichetta archivio con sede a Berlino. Quest’opera audio-visiva che fa parte del catalogo Z82, rappresenta un’ulteriore lettura del concetto di suoni ed ambiente. Il lavoro di Quintavalle, (la musica è tratta dal suo album solista Assuaje) estremamente cupo e distorto, rielabora e rilegge la musica popolare con l’uso di oggetti e strumenti musicali inusuali, anche autocostruiti. Il video di Reale e Mattei, ci restituisce una visione neorealista di volti e di luoghi rurali del sud Italia. Girato alle falde del Vesuvio tra S.Giuseppe Vesuviano e Somma Vesuviana. Aree rurali di confine sospese tra il potere ancestrale ed ingombrante del vulcano e l’evoluzione incompiuta della città di Napoli.

 

Tinariwen -Tenere Taqqim Tossam

I Tinariwen non hanno bisogno di prensentazioni, in questo pezzo stupendo li troviamo con il featuring di Tunde Adebimpe & Kyp Malone dei TV On The Radio. Rock tuareg come non si è mai sentito. La reiterazione come sempre è la forza del combo.

 

Chico Buarque - Construção

In Alfio Antico c'è molto "brasile inconsapevole", abbiamo ascoltato molto questo disco nel periodo del ritiro a Gangi per creare Antico. Il testo e l'evoluzione di questa canzone sono struggenti e incredibili.

 

Concetta Barra  - Nascette Mmiezo' O Mare

Totale.

 

Exuma - Damn Fool

Impossibile stare fermi con questo pezzo degli Exuma, musica liberatoria per scacciare via i demoni since 1970.

 

Bob Dylan - Mr Tambourine Man 

Brano che mi ha sempre incuriosito e forse, banalmente, mi rappresenta nel messaggio filosofico che vuole lasciare. Girano molte interpretazioni sul vero significato del brano, ma quello che mi interessa di questa splendida canzone è come riesca a rappresentare tutta la mia adolescenza in montagna, con le pecore, di notte, nella semplicità di una strofa: "Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me, I'm not sleepy and there is no place I'm going to. Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me, In the jingle jangle morning I'll come followin' you." La notte mi faceva paura, ma avevo il tamburo e il suo suono a protezione della mia anima. A questo penso mentre ascolto questo brano magico.

 

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L'AS Roma ha scelto la Dark Polo Gang

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foto via Instagram

Fresca fresca del suo viaggio a Napoli per andare a trovare Enzo Dong, la Dark Polo Gang è tornata a far esplodere l'internet italiano. Come potete vedere dalle foto qua sotto, finalmente le due entità che più rendono Roma un posto degno in cui vivere nonostante i ratti a Tor Bella Monaca si sono incontrate. La DPG, recatasi probabilmente al ritiro della Maggica, ha infatti incontrato Francesco Totti aka Er Pupone, Radja Nainggolan e Kevin Strootman. Assieme, hanno coronato la loro nuova alleanza con tre fotografie che faranno la felicità di Andrea Scanzi.

Ci piace immaginare Pyrex che gira una canna e la passa a Spalletti mentre gli spiega come approcciarsi alle amichevoli estive mentre Tony Effe prende da parte Nainggolan per spiegargli 1) di portare rispetto e non guardarlo così e 2) che farebbe meglio a non cambiare squadra, dato che andarsene da Roma significherebbe fottere con la gang. E nessuno vuole fottere con la gang.

Sfortunatamente, non sono venute fuori foto della Gang con De Rossi. Questo probabilmente perché il Danielone nazionale si è vergognato di chiedere ai nostri di farsi una foto insieme, mentre la gentilezza olandese di Strootman e l'adorabile burinaggine del Pupone sono riusciti a penetrare la dura scorza che ricopre il cuore dei membri della DPG. 

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Dietro alla colonna sonora di Stranger Things, la nuova serie preferita di tutti

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Come ogni culto che si rispetti, la nuova perla di Netflix, Stranger Things, è arrivata in sordina, circondata da molto meno hype rispetto ad altre serie come House of CardsMarvel’s Daredevil. Questa mancata rincorsa, però, sembra aver fatto bene allo show, che da solo si è guadagnato i plausi del pubblico da un lato all'altro della rete e si è creato un'ottima fama grazie alla pratica, anch'essa retrò, del passaparola—anche se siamo nel 2016 e il tam tam avviene tramite social. 

Ambientato nel 1983, Stranger Things parla di fatti avvenuti in una piccola cittadina dell'Indiana, in cui, appunto, iniziano a succedere cose strane. Molto strane. Un ragazzino di dodici anni scompare misteriosamente. Una ragazzina, anch'essa strana, compare dal nulla e una tetra agenzia governativa interviene in maniera non convenzionale. In tutto questo, pare ci sia un mostro che si aggira nei boschi. 

La serie è stata creata dai fratelli Duffer (gli stessi di Wayward Pines) e vede tra i suoi protagonisti una splendida Winona Ryder. Non vi racconteremo altro della trama, vi basti sapere che Stranger Things è un viaggio assurdo e nostalgico nell'immaginario che ha formato la generazione degli oggi trenta-trentacinquenni, un salto nel tempo nell'epoca in cui i ragazzini andavano sulle saltafossi, giocavano a Dungeons & Dragons e comunicavano con gli walkie talkie. In ogni inquadratura ci sono tracce di Steven Spielberg, Stephen King, John Carpenter, David Lynch e un'infinità di riferimenti ai film-culto di quegli anni, tutti impacchettati in otto episodi meravigliosamente confezionati.

Ovviamente, per ogni prodotto di culto, la colonna sonora gioca un ruolo importantissimo, e nel caso di Stranger Things si ricollega anch'essa alla tradizione sci-fi fatta di synth giganteschi e inquietanti. I lavori di John Carpenter, Alan Howarth, Tangerine Dream e Goblin hanno influenzato una nuova generazione di compositori. Kyle Dixon e Michael Stein fanno parte della band di Austin S U R V I V E ed è a loro che i fratelli Duffer hanno affidato il compito di curare la sonorizzazione dello show, dopo che avevano sentito un paio di tracce che avevano scritto per il film del 2014 The Guest. Mentre stiamo con il fiato sospeso per ogni nuovo episodio di Stranger Things, è innegabile che il tema iniziale, quella progressione pulsante di inquietudine, a rubare la scena.

Abbiamo parlato con Dixon e Stein per complimentarci di persona per l'ottimo lavoro, riconosciuto da tutti, che hanno fatto per la serie, mentre loro un po' si godono il meritato successo, un po' si preparano all'uscita del prossimo album dei S U R V I V E.

Noisey: Come siete arrivati a Stranger Things?
Michael Stein: Abbiamo ricevuto una mail dai registi, che ci chiedevano se fossimo interessati a scrivere una colonna sonora per loro. Non ci abbiamo pensato due volte e abbiamo immediatamente accettato. Poi ci hanno mandato la sinossi e qualche immagine preliminare e abbiamo capito che ci saremmo incastrati alla perfezione.

Kyle Dixon: I registi sono fan dei S U R V I V E. Avevano usato una traccia del nostro primo disco in un finto trailer che avevano fatto per proporre il concetto della serie a Netflix, prima ancora di chiederci di saltare a bordo. Poi abbiamo lavorato un mesetto sulla demo e su diversi temi che poi i Duffer hanno utilizzato sui loro provini. Solo dopo un po' abbiamo scoperto che i producer avevano dato l'ok per il progetto.

Fino a che la serie ha debuttato nessuno sapeva che la musica era vostra. Perché il vostro lavoro è stato tenuto nascosto come gli esperimenti che hanno luogo nei laboratori Hawkins?
Kyle: 
Non ci abbiamo pensato. Netflix non aveva un motivo per parlare di noi, dato che non siamo famosissimi, quindi è passato tutto in sordina. Forse nemmeno noi volevamo pubblicizzarlo.

Michael: Non è mai stata utilizzata la nostra musica, nelle pubblicità, quindi non c'era ragione per tirarla fuori—oltretutto noi siamo stati presi completamente da questo progetto, fino all'ultimo. Preferivamo non farne un caso, anche perché non si sa mai che ti cambino le cose all'ultimo, come successe per Legend

Ho sentito che avete dovuto lasciare il lavoro per prendere questo incarico. Eravate preoccupati dell'esito? Che lavoro facevate? 
Kyle: Sì, onestamente un pochino eravamo preoccupati, ma fortunatamente il tempismo è stato perfetto. Avevo appena venduto un'app che io e un mio amico avevamo creato per Discogs, quindi avevo un po' di soldi da parte e sono stato in grado di sostentarmi anche senza un lavoro. Prima lavoravo come software designer. Questo incarico ci ha dato un po' di soldi e ora abbiamo aperto uno studio. E poi, dai, la scelta tra un lavoro d'ufficio e un lavoro per la musica non è poi così difficile. Nulla mi avrebbe fermato dall'accettare un progetto di questo genere.

Michael: Io lavoravo a Switched On, un negozion di musica elettronica di Austin, principalmente mi occupavo di riparazioni, oltre a registrare/produrre album di musicisti della zona, quando potevo. Quello era già un lavoro che amavo, ma che mi occupava praticamente ogni giorno, quindi non riuscivo quasi mai a dedicarmi alla mia musica. Quando mi è stata offerta l'opportunità di dedicarmici a tempo pieno, non ci ho dovuto pensare su.

So che alcune vostre tracce fanno parte della colonna sonora di The Guest, ma in realtà questa è stata la prima score che avete composto per intero. Qual è stata la prima cosa che avete discusso quando avete iniziato a lavorarci?
Kyle: Sì, quello era uno dei primi lavori che abbiamo fatto con le immagini, e hanno funzionato un po' da library per i Duffer, che hanno scelto da lì alcuni temi per iniziare. Anche a noi quel progetto ha fornito una piattaforma da cui partire per selezionare i mood per le varie scene.

Michael: Ci è voluto un po' prima di capire come dare alla musica quell'accento classico, senza renderla un omaggio un po' cheesy agli anni Ottanta. Ci siamo impegnati a bilanciare gli elementi contemporanei e le sfumature vintage—che è una delle motivazioni, credo, che hanno portato i Duffer a scegliere noi. Conosciamo bene i lavori dei maestri del synth, ma abbiamo anche un approccio moderno molto marcato.

È molto diverso, per voi, comporre musica per i S U R V I V E e per questa colonna sonora?
Dixon:
Be', avendo una narrazione completa da cui prendere ispirazione il risultato è molto più vario, da un punto di vista emozionale, rispetto a quello che sentiresti su un disco dei S U R V I V E. Cerchiamo di far musica che fugga le categorizzazioni, ma non buttiamo fuori molte delle cose che componiamo perché non c’entrano molto con la nostra estetica. Ci è stata data l’opportunità di fare qualcosa di più leggero e giocoso, e pensavamo stesse bene con la storia.

Michael: In fondo non è stato poi così diverso. Abbiamo solo dovuto essere più veloci nell’esecuzione, e produrre più materiale. Essendo in due, ci siamo come sempre confrontati man mano, approvando le idee l’uno dell’altro. Ogni tanto facevamo una jam, o scrivevamo assieme, ma per la maggior parte si è trattato di completarci reciprocamente, mettere qualche tocco qua e là. Insomma, lo stesso identico processo con cui lavoriamo ai S U R V I V E.

I fratelli Duffer hanno detto che avete registrato più di 13 ore di musica per la serie. Come avete fatto a scegliere quale eliminare?
Kyle:
A volte, per alcune scene particolari, abbiamo provato diversi concept, quindi alla fine avevamo un sacco di roba in più. Inoltre, avevano accesso a una library piuttosto ricca, in cui c'era tutto quello che avevamo registrato dall’inizio della nostra collaborazione. Ci sono un sacco di pezzi fighi che non sono stati usati per la serie.

Michael: Poi mettici il fatto che inizialmente le scene non erano ancora state editate benissimo, e molti dettagli non erano stati definiti… Quindi c’erano giorni in cui ragionavamo sui motivi ricorrenti da inserire nelle puntate e, al contempo, dovevamo concentrarci su questioni di estetica. A volte creavamo qualche texture, un po' di pezzi d’atmosfera, di sottofondo, che potevano essere usati per rinforzare una scena e stabilire un mood su cui avremmo potuto lavorare. Pezzi da dieci, venti minuti. Ce ne sono un sacco che non abbiamo usato, e magari useremo in futuro.

Che è successo alla musica che avete scelto di non usare?
Dixon:
Nulla. È lì, ferma.

Michael: La stiamo usando per scrivere dei beat trap.

Pubblicherete un album con la colonna sonora, come succede sempre per le colonne sonore?
Dixon:
Non ne siamo sicuri. La scelta definitiva sta a Netflix, pare ci sia abbastanza interesse attorno alla cosa da giustificarne la pubblicazione.

Michael: Aspettiamo e vedremo.

Il fatto che avete composto musica per la serie influisce sul modo in cui la percepite quando la guardate?
Dixon:
Certo, anche se non ho ancora guardato la versione definitiva.

Michael: Sì, ed è una cosa a cui ho sempre pensato quando ascoltavo il lavoro di altri compositori. Insomma, se se stai scrivendo la musica per gli ultimi 15 minuti del finale di una stagione, in un certo senso, ti stai quasi beccando uno spoiler. Poi ti vengono in mente delle piccole parti tagliate, delle scene andate perse che avevi visto prima che sistemassero il prodotto finale, il che può essere un po’ deludente. A volte mi concentro sulla colonna sonora, mi chiedo se il mix finale sarebbe potuto venire meglio e mi perdo dei dialoghi.

A quali colonne sonore vi siete ispirati per creare quella di Stranger Things?
Kyle: È difficile da dire. Siamo molto fan della musica per il cinema, ma non credo che ci siano delle reference in particolare che abbiamo seguito. Chiaramente c'è molta roba che suona alla Tangerine Dream, ma quella è una delle nostre ispirazioni di sempre. La colonna sonora di The Keep è fantastica, anche se non sono sicurissimo che abbia influito nella composizione di quella per Stranger Things.

Se tutti impazziscono per Stranger Things è anche perché la nostalgia è uno dei sentimenti predominanti di chi è cresciuto negli anni in cui è ambientata. C'è stato qualcosa in particolare che vi ha preso quel nervo nostalgico? 
Kyle: Ma certo, la serie ha un sacco di rimandi ai film che hanno influenzato ragazzi della nostra generazione da giovanissimi. Quindi è inevitabile che il gioco emotivo si impernii sulla nostalgia. 

Michael: Siamo stati catapultati negli anni in cui andavamo davvero in giro con i walkie talkie e la gang dei nostri amici su quelle biciclette e ogni viaggio verso casa era un'avventura.

Mi è capitato di vedere qualche foto che avete scattato mentre registravate il nuovo album. Praticamente provate in uno spazio identico al garage in cui Will è rapito. Coincidenza?
Kyle: Ha ha, sì, direi che non l'abbiamo fatto apposta.

Michael: No, in realtà la nostra sala prove è il terribile garage di Kyle. La somiglianza è puramente casuale, ma posso dirti che quell'ambiente ci aiuta a entrare in un bel mood ed è un posto bellissimo per bere birra e suonare un po'.

Avete firmato con Relapse qualche mese fa. Cosa mi potete dire del vostro secondo album?
Michael: Per ora la data d'uscita è il 30 settembre. Le tracce sono più dirette e più diverse fra loro. Penso che ascoltare l'album sia come ascoltare una bella storia. C'è una bella dinamica che dura dall'inizio alla fine. 

Ultima cosa: è così importante lo spazio tra le lettere nel nome di una band?
Kyle: No, non è per niente importante..


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Il rapper estone più figo di sempre ha buttato fuori un video davvero inquietante

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Screen dal video di "Winaloto"

Questo video ha tutto quello che potreste desiderare. Colossali piramidi umane. Tantissima pelle. La panza di un tizio usata come tamburo. Un nano che vi manda affanculo, seduto sulle spalle del suddetto tizio panzuto. La faccia di Tommy Cash fusa con tutti i vostri genitali preferiti. 

Insomma, guardare il video di "Winaloto"—il nuovo, assurdo singolo di quell'adorabile canaglia di Cash—ti fa sentire come se fossi capitato in mezzo al set di un porno estone dopo aver preso dei funghetti davvero, davvero buoni. I suoi beat e i suoi flow post-sovietici sono così grossi che fanno sembrare Ninja dei Die Antwoord un normale e moderato membro della società.

Ecco quello che succederà adesso: schiaccerete play. Passerete 3 minuti e 28 secondi a farvi passare una scarica di adrenalina per il corpo e abbandonerete per smempre la vostra innocenza, annegata in mezzo a un disturbante montaggio di momenti da che-cazzo-ho-visto. Poi resterete circa 10 secondi a fissare il vostro schermo, con la bocca spalancata, mentre proverete a capire quanto quello che avrete appena guardato trascende il concetto di bizzarria, e vi chiederete perché cazzo vi è piaciuto così tanto.

Poi schiaccerete di nuovo play.

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Celine Dion ha imitato Cher, Rihanna e Sia al Tonight Show

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Immagine via YouTube

Amo Celine Dion. E del resto come si fa a non amarla, quando fa cose come duettare con un ologramma di sé stessa a Las Vegas. Chi altri potrebbe permetterselo? E guarda questo video di lei che fluttua in cielo come un angelo cantando il suo inno alla morte per ipotermia "My Heart Will Go On". Vi viene in mente qualcun altro che abbia un inno alla morte per ipotermia, con tanto di cornamuse?

A ogni modo, l'altra sera ha partecipato al gioco delle imitazioni al Tonight Show di Jimmy Fallon, che è una cosa che le popstar fanno nel 2016 per dimostrare che anche loro amano i giochetti scemi perché hanno un senso dell'umorismo come gli esseri umani. Comincia cantando "Frère Jacques" (che sarebbe "Frà Martino" da noi) con la voce di Cher, che le viene effettivamente abbastanza bene; ma la cosa più importante che esce dalla sua bocca è che lei e Cher sono ottime amiche, cosa che mi fa immediatamente salire fantasticare delle due che chiacchierano in una stanza d'albergo di Las Vegas, in camicie da notte tempestate di diamanti. 

Poi imita Michael Jackson (scelta mediocre—chi non ha mai imitato Michael Jackson?), Rihanna e Sia. L'imitazione di Rihanna è accompagnata da un tentativo di twerk, che è una pessima idea quando si è bianche e canadesi. Ma lei spacca lo stesso, perché è Celine Dion. 

Guarda il video qua sotto: 

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Fatevi una bella dormita con il nuovo mix di Thom Yorke

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Ora che il weekend è finito e avete speso 50 euro in alcool avrete probabilmente bisogno di qualcosa da ascoltare mentre vi abbioccate alla scrivania. Di solito il brusio di fondo dell'ufficio va benissimo per farvi perdere lentamente conoscenza mentre andate in bagno per la quarta volta in un'ora a cazzeggiare col cellulare, ma oggi vogliamo puntare più in alto e ascoltare musica che faccia lo stesso effetto. Quindi grazie, Thom Yorke, per aver messo assieme un nuovo mix per Phil Taggart di BBC Radio 1.

Il mix, che potete ascoltare qua, ha il nome in testa: è un "bedtime mix", inizia con la vocina di "Fitter Happier" e contiene pezzi di James Holden, Kaytranada, Laurie Spiegel e Luke Abbott, tra i tanti.

Ora, ovviamente non possiamo effettivamente promuovere il sonno in ufficio, ma se doveste crollare addormentati durante la vostra riunione del tardo pomeriggio fatecelo sapere subito.

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Il figlio di Pippo Franco suona la trap con Vacca

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Roberta Ferrari intervista Gabriele (detto G Romano) il figlio di Pippo Franco a Unomattina In Famiglia

Oggi mi sono imbattuto in un nuovo pezzo trap che si intitola "Quelli di sempre", è edito da Red Carpet Music ed è composto da una strumentale del producer G Romano e dalle rime dei rapper Vacca ed Amir. Più che essermici imbattuto, diciamo che mi è stato inviato tramite l'internet da un mio contatto e la mia prima reazione è stato un difficile ragionamento in cui trovava posto anche il protégé di Vacca, Jamil, passato nel giro di un paio di estati dal fare le interviste con gli occhiali di Kurt Cobain e cantare con dietro la band (e le chitarre, i bassi e tutte le altre cose dei rocker) alle "Scarpe da Pusher". Poi mi è arrivato un altro messaggio e c'era scritto Lo senti come pesta il figlio di Pippo Franco?

Tutto il ragionamento (noiosissimo) precedente è stato spazzato via da il figlio di P i p p o F r a n c o, mi sono subito attaccato all'interfono e ho ordinato alla sale macchine di dare massima potenza al mio Google, perché sentivo che da lì a poco mi sarei imbattuto in una miniera d'oro. Così è stato.

Andiamo per ordine: Pippo Franco nasce il 2 settembre 1940 e in realtà si chiama Franco Pippo, grazie alla televisione italiana riesce a fare un sacco di cose che potete leggere su Wikipedia e si evolve ufficialmente in Pippo Franco, cosa che gli frutta tanti soldi. Poi ad un certo punto mette al mondo un figlio, che si chiama Gabriele Pippo, e che nel giro di una ventina d'anni diventa un producer con lo pseudonimo di G Romano (la G sta per Gabriele e non per Gangster).

Tra le influenze di G Romano, come da lui dichiarato in un'intervista per Beatmaker.it possiamo citare: Armando Trovajoli, Piero Piccioni, Parliament, Funkadelic, Jimi Hendrix, James Brown, Steely Dan, Beatles, Rollong Stones, Queen, Al Green, Otis Redding, Isaac Hayes, Bobby Womack, Bee Gees, Jean Michel Jarre, Daft Punk, Run DMC, Large Professor, J Dilla, Just Blaze, Dj Premier, Marley Marl, Statik Selektah, Alchemist, DeadMau5, Nero, Skrillex, Dr.Dre, Afrojack, David Guetta, Mike Will Made It, che tra l'altro (forse ancora non lo sapevate), ma sarà la line up del prossimo Coachella, che per l'occasione si svolgerà a Casalpusterlengo. Nella stessa intervista G Romano Pippo risponde anche all'annosa questione del quale MPC portarsi a casa se ci si trovasse nel Bronx con una provocazione: "Perché nel Bronx? Preferisco un campo da Golf".

Per quanto mi sembrasse di aver già scoperto abbastanza di G Romano, ho comunque deciso di spingere oltre il limite della prima pagina di Google la mia ricerca e sono riuscito* a trovare una preziosa intervista di Uno Mattina in cui G Romano parla un po' di temi strettamente hip-hop come il rapporto con sua madre o Cosa sceglieresti tra il successo discografico e l'amore della tua vita?

La risposta la trovate verso la fine del video (che vi invito comunque a guardare con solennità e nella sua interezza, con particolare attenzione agli spasmi facciali che l'intervistatrice si provoca per sottolineare ogni minimo cambiamento nello spettro delle sue emozioni).

G Romano, oltre a fare il beatmaker, è fondatore di Red Carpet Music, etichetta indipendente che porta avanti con il suo socio Amir Issaa e nel tempo ha prodotto beat per Amir, Montenero, Uzi Junkana, Vacca, Gose, Deal Pacino, Truth, G Soave, Vincenzo Da Via Anfossi, Gemitaiz, Brusco, Ibo Montecarlo e altri, oltre a portare avanti i suoi progetti da solista in ambito elettronica (il cui ultimo tape, Enjoy Freedom, si può ascoltare e scaricare sul suo sito internet).

E questo è tutto ciò che so del figlio di Pippo Franco e comunque, alla fine, non importa se tuo padre è ricco e non importa se è una celebrità, perché ovunque tu sia e qualunque cosa tu faccia dovrai sempre convivere con la consapevolezza che il padre di Side della Dark Polo Gang ti si può comprare la casa come e quando gli pare.

*non è vero, ha fatto tutto il mio contatto

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Noireve, dalle Officine Meccaniche al Sonar

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Un paio di mesi fa, poco prima dell'edizione annuale del Sònar di Barcellona, vi abbiamo fatto ascoltare un Noisey Mix preparato da Noirêve, al secolo Janet, che insieme ad Indian Wells è stata tra gli artisti protagonisti del Festival. Il mix è ancora al sicuro a questo indirizzo e se ve lo siete perso fate ancora in tempo a riascoltarlo, ma nel frattempo la producer ha pubblicato un EP di due tracce, Viaggo Immobile, il cui singolo omonimo è stato realizzato proprio durante l'iniziativa di Converse Rubber Tracks, durante l'estate 2015. 

"Viaggio Immobile" ha anche un video (che potete guardare qua sotto) ed è disponibile in free download sul sito di INRI. Abbiamo chiesto a Norêive di raccontarci un paio di cose su quella giornata passata in studio con Hector Castillo e se è riuscita a portarsi a casa qualche trick da utilizzare sui palchi in giro per l'Europa (e per il Trentino, in cui potrete sentirla suonare questo weekend se non siete ancora fuggiti in luoghi più vicini all'equatore).

Ciao Janet, cosa ti ricordi della giornata alle Officine?
Noirêve: Sono arrivata a Milano in tarda mattinata, e dopo le presentazioni ci siamo messi subito al lavoro su "Viaggio Immobile", quello che sarebbe diventato il mio singolo. La sessione è stata incentrata sul missaggio più che sul live recording: Alice Righi ha registrato le voci, dopodiché Hector ha cominciato a lavorare sul missaggio, compiendo anche scelte di produzione sottili ma molto efficaci. C’erano tantissimi strumenti e macchine tecnologiche in sala, che ogni tanto usava per enfatizzare certi aspetti sonori del brano. A fine giornata mi ha consegnato un prodotto pressoché finito e pronto per il master, e una volta terminato il lavoro con Hector ho girato un video per Converse in cui spiego brevemente una tecnica che uso spesso nelle mie produzioni. E’ stata una full immersion, e a fine giornata non capivo più molto, ma quando ho riascoltato il pezzo a mente sgombra ho potuto apprezzare tutto il lavoro che ci è stato fatto sopra.

Come è stato lavorare con Hector?
Quando lo abbiamo incontrato ho pensato che mi ricordava troppo Justin Theroux in Mulholland Drive. Aveva uno strano humor e metteva anche un po’ in soggezione, ma era sempre molto pacato. Aveva un moltissime idee: a tratti spariva senza dire niente, e lo vedevi dopo tot tempo con qualche diavoleria in mano che usava in modi creativi. Lui è un vero e proprio produttore: non si è limitato a mixare, ma ha compiuto delle scelte che pur non alterando il brano gli hanno dato delle sfumature che lo rendono più dinamico. E’ stato molto bravo a capire il mood del pezzo, e ad intervenire in maniera mirata per ottenere un certo tipo di sonorità senza discostarsi dall’idea originale.

La cosa che ti ha colpito di più?
Tra i tantissimi strumenti strani che c’erano in sala di registrazione mi è caduto l’occhio su una celesta. Era dai tempi delle superiori che cercavo di averne una tra le mani. Avevamo anche pensato di includerla nella registrazione, ma purtroppo c’erano due tasti non funzionanti e quindi nada.

Ti era già capitato di registrare in uno studio così grande?
A dire il vero da quando faccio elettronica era la prima volta che andavo in studio di registrazione. In passato (remoto) avevo registrato qualche demo, ma mai in uno studio tanto grande e fornito.

Ti ha insegnato qualche trick che rimarrà nel tuo bagaglio di conoscenze tecniche?
Una tecnica che ha usato ripetutamente è stata mandare tracce con diversi strumenti a un Leslie e ricampionare il segnale in uscita. Poi ha mixato i due segnali in modo che si fondessero assieme, ottenendo effetti molto interessanti.

So che da pochissimo è uscito il tuo EP, hai suonato al Sònar... Mi sembra un bel periodo, vero?
Sì, è stato un periodo molto intenso: nel giro di due mesi mi sono laureata, ho ultimato l’EP, curato il videoclip con Shelly Leni e suonato a festival fichissimi. Adesso ho ancora un paio di date e poi mi prendo una vacanza estiva, nella quale tornerò a focalizzarmi sulle produzioni per le prossime uscite. Quello che mi sento di dire è che l’Italia mi sta dando tanto, nonostante quello che si dice sulla situazione musicale del Belpaese. Spero che il mondo dell’underground continui a muoversi come ha fatto ultimamente: ho scoperto un sacco di act interessanti nell’ultimo anno e sono sicura che ce ne saranno sempre di più se continueremo a focalizzarci sulle subcultures invece che sul mainstream, apprezzando le differenze invece che l’omologazione.

Non è vero che nel 1980 gli italiani ascoltavano musica migliore di oggi

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Talking Heads, via.

La musica italiana, si sa, è diventata un po’ una merda. Noisey ha analizzato più volte la situazione, traendone un quadro desolante e desolato in cui i talent hanno preso possesso del mainstream e l’indie non è riuscito a fornire un ricambio generazionale adeguato. Personalmente non sono mai stato molto d’accordo con questa interpretazione, ma ieri ho visto quest’immagine su Facebook e sono stato messo di fronte allo svilimento del panorama musicale italiano in modo ineluttabile. 

È una cosa che lascia a bocca aperta. Ammetto di non essere stato presente all’epoca: nel luglio 1980 avevo due anni e mezzo, e quando ho iniziato ad ascoltare la radio era già successo qualcosa di terribile e ignoto che aveva trasformato la musica in un merdaio di singolini estivi realizzati con l’immarcescibile formula sintetizzatore+melodia da scuola elementare. Forse è stata la fine degli anni di piombo: d’un tratto la gente ha voluto rimuovere la propria coscienza sociale e sostituirla con le concezioni edonistiche tipiche dell’asse Thatcher/Reagan. E così, nel giro di tre anni scarsi, siamo passati da Train in Vain ai Righeira. 

Ci sono alcune cose, comunque, che non quadrano al cento per cento:  

1. La classifica non specifica di che paese stiamo parlando, ma nel 2016 è evidente che si tratta dell’Italia—è ragionevole pertanto supporre che anche la classifica del 1980 sia quella italiana. Non è stupefacente? Io pensavo sinceramente che dischi tipo Remain In Light all’epoca se li fossero cacati in diciassette stronzi e quaranta giornalisti musicali. Invece nel luglio dell’80 era terzo in classifica! Mica cazzi. Ok, devo ammettere che a me personalmente i Talking Heads non sono mai piaciuti, e quindi non posso esaltarmi troppo per il loro successo italiano. È abbastanza strano, tuttavia, che un impatto così allucinante non abbia poi prodotto uno stuolo d’imitatori italiani di David Byrne—il postpunk italiano negli anni Ottanta era drammaticamente in rotta, e stavano iniziando a subentrare le cose fatte coi sintetizzatori, giusto?

2. Nessuno dei cinque album più venduti nel luglio 1980 ha prodotto un singolo che sia arrivato tra i primi 100 della hit parade italiana di fine anno. Questa cosa è probabilmente giustificabile col fatto che l’estate in Italia è stata sempre un periodo socialmente schizofrenico, in cui la frenesia estiva delle feste in riviera romagnola si accostava ad un necessario contrappasso culturale, generando un nutritissimo pubblico (milioni di acquirenti!) che abbandonava scientemente il singolo radiofonico e abbracciava la filosofia dell’album doppio intriso di risentimento sociale anglosassone (The River e London Calling) o dell'opera-ponte di quel rock riccardone (Dire Straits) che anche negli anni successivi continuerà ad avere un notevole seguito nel nostro paese. 

3. Quattro dei cinque album più venduti nel luglio 1980, nel luglio 1980 non erano usciti. Scary Monsters è uscito a settembre 1980; The River, Making Movies e Remain In Light sono usciti ad ottobre. London Calling, invece, era effettivamente già uscito, per la precisione nel dicembre del 1979. La sua presenza in hit parade a luglio in Italia è comprensibilissima: era un disco così epocale e così lodato dalla stampa di tutto il mondo che non stupisce sia rimasto nella top five nazionale per almeno 35 settimane, raggiungendo l’invidiabile ammontare complessivo di 50mila copie (fonte: Wikipedia inglese). 

4. La classifica italiana del 2016, purtroppo, non è giusta. Guardando all’attuale classifica FIMI (16/21 luglio), solo uno dei dischi elencati è effettivamente presente nella top 5 degli album italiani (Alvaro Soler, meritatissimo primo posto). Alessandra Amoroso è sesta, quindi esclusa per poco; diciamo che c’è un eccesso di indulgenza. Però nelle prime cento posizioni non ho trovato La Rua, e per beccare Chiara Grispo tocca scendere fino alla posizione 41 (appena prima di Nevermind, e appena dopo un disco di Biagio Antonacci dell'anno scorso). J-Ax e Fedez sarebbero senz’altro ai primi posti, ma non si sono ancora presi il disturbo di fare un album assieme—non a caso la classifica di cui sopra non cita titoli. Assieme hanno fatto solo un paio di singoli, e anche se volessimo essere indulgenti e considerare J-Ax & Friends, una raccolta di Ax uscita qualche mese fa con dentro un duetto con Fedez, al momento il disco pascola intorno al trentesimo posto della classifica.

Ok, lo ammetto, sto solo prendendo un po’ per il culo. Si tratta di una bufala che è stata già ampiamente debunkata. E ok, fa strano parlare di “bufale” riferendosi a classifiche del rock invece che, non so, a qualcuno che ha sentito urlare Allah qualcosa prima di una strage. La questione è che questa bufala, che diventa palese se la si analizza per più di cinque secondi—o la si confronta con le classifiche di vendita ufficiali disponibili online—sta letteralmente spopolando sui social network, condivisa da migliaia di persone che sospirano “meditate, gente, meditate”. Anche amici miei. 

Partiamo dall’inizio, con una tediosa cronistoria di due righe. Cercando su google viene fuori che le due classifiche sono state postate da un negozio di dischi, tale Mingus, il 16 luglio. Non fosse per il punto 3 potremmo pensare che si tratti di una classifica personale del negozio. Ma non conta molto: le due playlist vengono screenshottate (dio mi punirà per il modo in cui parlo) e postate da altri utenti. Tra i vari c’è Max Stefani, ex direttore/fondatore del Mucchio Selvaggio: un migliaio di like e duemila condivisioni, nel momento in cui scrivo questo paragrafo. 

Una classifica-bufala come questa serve ovviamente a dimostrare una teoria, a cui molti aderiscono: trentasei anni fa le classifiche erano strapiene di ROCK, quello tutto maiuscolo e a volte con la U; poi qualcuno ha fatto un passo falso e nel giro di neanche mezzo secolo ci siamo ritrovati ad affidare i destini del mondo ad Alvaro Soler. Si tratta di un’interpretazione piuttosto comune, basata su un’idea stantia, secondo la quale la musica popolare ha avuto un’evoluzione a parabola per cui è migliorata finché non ha raggiunto il proprio apice e poi ha cominciato a decadere. È un’interpretazione della realtà tipicamente legata al rock, per via di una delle caratteristiche fondamentali del genere: il senso di appartenenza, e l’idea che venire a contatto con il rock cambierà la tua vita per sempre. 

Sia chiaro, è verissimo. L’unica cosa è che nell’opuscolo non ti scrivono che te la cambia in peggio: da piccolo la maestra diceva che avrei cambiato il mondo, poi ho scoperto i Dead Kennedys e ora mi guardo concerti di stoner calligrafico il martedì sera insieme ad altri quindici scoppiati, pensando ancora che questa cosa mi definisca come individuo. Avete dubbi? Provo a toglierveli. Tra i dischi presenti nella classifica del 1980 il più venduto in Italia è di gran lunga Making Movies dei Dire Straits. Settecentomila copie solo in Italia. Solo io quando leggo quel nome sento dolori al petto? Nessuno di voi ha avuto un amico alle medie flippato con I DIRE che ha provato ad avventurarsi nello studio del fingerpicking, e cinque anni dopo ha reciso ogni contatto residuo col genere umano?

Se aderisci a questa filosofia, non hai bisogno di molte prove, anzi tanto vale affidare una discreta parte della tua esistenza agli assiomi: uscirà mai un altro Ace of Spades? Non credo. Mi sparo in testa? Non so. Tanto vale continuare ad ascoltare l’originale e passare la vita a lamentarsi. La tendenza, in questa corrente di pensiero, è di interpretare questi fatti come se si avesse assistito al farsi della Storia: ad esempio, io sono stato adolescente nei primi anni Novanta e sono sinceramente convinto che nessuno abbia mai fatto un disco più pesante, completo e vitale di Need To Control dei Brutal Truth, così come uno come Max Stefani è dell’età giusta per credere che IL ROCK non sia mai stato meglio di com’era ai tempi di The River. Brrr. Per il resto basta porsi a distanza e spingere sul paternalismo: ad esempio, se vi chiedo di nominarmi un disco che sia più schierato, più completo e più seminale nel far da ponte tra tradizione e futuro di London Calling, molti di voi non saprebbero cosa rispondere. Voglio dire, cosa gli dici a uno che ha il coraggio di sbatterti in faccia i Clash nel 2016? Lemonade? Brrr. Meglio non avventurarsi. 

Non c’è niente di nuovo in questa mentalità, a parte l’incremento del fatturato legato alla nostralgia. Voglio dire, da ragazzo mi sono dovuto sorbire un paio di personaggi che schifavano i miei dischi dei Carcass e cercavano d’indottrinarmi su Led Zeppelin o Area (niente di male ma detesto entrambi). Il problema è che oggi i fan di Area e Led Zeppelin si sono uniti ai fan dei Carcass in un unico grande movimento passatista che, a differenza dei fan di Sfera Ebbasta, compra dischi. E comprando i dischi ha notevole voce in capitolo. È lo stesso motivo per cui in copertina alle riviste di settore ci sono ancora gruppi tipo Pixies o Afterhours o Hüsker Dü: ogni tanto trovi qualcuno che si lamenta, ma le riviste musicali italiane sono ancora riviste “rock”, e questi sono i nomi che si conoscono.    

Il senso di appartenenza, nel momento in cui la nuvola mescola le carte in tavola e il supporto fisico non è più considerato fondamentale, è una cosa che il rock non si può più permettere: è per questo che sta sparendo dal paniere di ascolti delle ultime generazioni e rimane appannaggio di un nucleo di scoppiati che hanno riscoperto il vinile e si stanno spendendo un futuro comunque inesistente in ristampe a 180 grammi di roba (quasi sempre giustamente) sparita dai cataloghi una ventina d’anni fa. La fotografia di tutto questo disagio, triste a dirsi, sta in una bufala del cazzo come questa delle due classifiche: mi sembra che sia testimonianza tanto di questo hype revisionista quanto dell’idiozia di chi le riblogga dicendo “meditate, gente, meditate”. Meditare su cosa, poi? Almeno Alvaro Soler e il suo disco avranno la decenza di togliersi dal cazzo tra cinque o sei mesi, non ce li dovremo sciroppare in concerti di cinque ore dentro uno stadio performing un disco di rock cafone registrato 36 anni prima. Per questo, senz’altro, sono disposto a scambiarlo con Springsteen anche subito. 

Francesco è su Twitter: @disappunto.

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Le hit estive minori che vorrebbero ma non postano

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Artwork di Elia Alovisi

Ogni estate in Italia si consuma un dramma. Sembra che, come l'umanità sulle spiagge, la musica di merda si condensi nei mesi più caldi, diventi più appiccicosa, sudata e indossi tutta lo stesso costume. Poco tempo fa avevamo elencato le hit più infestante della stagione estiva 2016 e, come forse avrete notato, l'infestazione è effettivamente in pieno atto. Dato che però siamo sempre dalla parte dei più deboli non potevamo non menzionare anche le hit che ci provano ma non ce la fanno, le canzoni confezionate apposta per diventare infestanti ma che, per qualche motivo più o meno intelligibile, non hanno spaccato come si prevedeva facessero.

Eccole elencate qui di seguito alla pagina a cui dovete mettere "mi piace" per leggere altre succose notizie dal mondo della musica.

 

20. MADH - POWERLIFE

Il giorno in cui MADH si emanciperà dai drop in stile Skrillex, forse la sua carriera musicale acquisterà un senso. 
 

19. BOOMDABASH  – PORTAMI CON TE

Non è che sostituendo Baby K con un salentino la somma degli addendi porti a un risultato decente. 
 

18. MARRA/GUE - INSTA LOVA

Questa è la prova che la hit estiva che doveva uscire da Santeria è "Salvador Dalì". 
 

17. BABY K - VENERDì

Non potendo plagiare se stessa, Baby K ha deciso di fare un pastone di "Shake It Off" di Taylor Swift e pezzi a caso di Avril Lavigne. Il problema grosso di questa operazione e di altre analoghe è che, se un tempo i riferimenti a cui gli artisti si "ispiravano" per tentare di fare il botto senza impegnarsi a inventare nulla di nuovo erano quantomeno un po' ricercati, oggi l'ispirazione si trae direttamente da hit molto conosciute, proprio come in questo caso. E nemmeno ci si pone il problema di nascondere le fonti di questa ispirazione, tanto che il video di Baby K, lasciando da parte il koala della vigorsol e gli altri inserti pubblicitari, sembra un provino riuscito male del video di Taylor. 
 

16. SHADE - ODIO LE HIT ESTIVE

La cosa peggiore di fare una hit estiva che vorrebbe ma non può è farne una che ha l'intento dichiarato di prendere per il culo "Vorrei ma Non Posto" e poi sembra una vecchia canzone di Fedez.
 

15. CALCUTTA – OROSCOPO (FEAT. TAKAGI & KETRA)

Presente quando a minuto 1.25 la tipa si offende? È la stessa sensazione che abbiamo provato noi guardando questo video. 
 

14. ALESSIO BERNABEI – DUE GIGANTI

Uficio della Warner a Milano, maggio 2016. È il primo giorno di sole dopo tre settimane di grigiume. Una sala riunioni tiepida si riempire di uomini in giacca e cravatta. Una sola donna, cinquantenne, siede in mezzo a loro. Tutti scorrono, stanchi, con un polpastrello sullo schermo dei loro cellulari.

– Ragazzi, non abbiamo abbastanza hit per l'estate. Quegli infami di Sony stanno girando il video di Ax e Fedez adesso, e noi? Noi che stiamo facendo? 
– Piero, stai tranquillo, c'è il pezzo della Pausini che è uscito a mar...
– Marzo? Marzo è come dire... il 2013, Gianni, cazzo. Ci serve qualcosa di fresco, qualcosa che gridi spiaggia, divertimento, gioventù.
– Ok, ok, è vero. Ma non puoi venire a lamentarti adesso, te l'avevamo detto che bisognava tirar dentro qualche rapper, ma tu continuavi a dire che "il nostro era un target diverso" e che "quella roba non avrebbe mai funzionato a Sanremo". 
– Facciamo tutti cazzate. Non per questo dovete venire a rompermi i coglioni su decisioni passate. Ora, per favore, tiratemi fuori una hit estiva alla svelta. Chi è il prossimo che deve uscire con un singolo?
– Bernabei.
– Chi cazzo è Bernabei? Non mi ricordo di aver messo sotto contratto nessun...
– Quello dei Dear Jack, Piero. Stai tranquillo.
– Ah, già. Perfetto, piacerà sicuramente. Buttate fuori un video girato in piscina con un po' di tipe in costume. Ma niente di troppo sexy, sennò ci rompono il cazzo da Famiglia Cristiana, che lo devono intervistare a settembre.
– Ma la canzone non parla d'estate, è un pezzo d'amore, si chiama "Due giganti"... e c'era un suo amico con un concept già pronto, se vuoi...
– Shhhht. Forza, lavorare. E alla svelta.
 

13. BENJI & FEDE + XRIZ – ERES MIA

Siamo molto felici che Benji e Fede siano diventati un prodotto da esportazione, speriamo che rimangano esportati per tanto tempo. Un particolare ringraziamento per questa deportazione forse va al terzo incomodo di questa hit, tale XRIZ, che ha il nome di un lassativo. Nonostante tutti gli sforzi per gridare "estate" in ogni inquadratura, il video non ha raggiunto nemmeno i due milioni di visualizzazioni, prova il fatto che i fan di Benji e Fede sono stati bloccati dalla barriera linguistica. Siamo molto fan della barriera linguistica e pensiamo che sarebbe opportuno, a questo punto, usarla di più.
 

12. BRIGA – BACIAMI

È evidente che Briga abbia girato il video quando ancora si sperava che l'Italia avrebbe vinto l'europeo di calcio. HA-HA Briga! Forse è stata questa auto-sfiga innata, o forse il machismo e il sessismo da cui il video è sponsorizzato ancora più che dalla Vigorsol, a non far decollare questo rap estivo. Ops. 

 

11. IL PAGANTE – BOMBER

Il Pagante è uno scherzo che ha smesso di far ridere al terzo singolo. Ora che lo zio che gli faceva le basi è andato a farle a Rovazzi e che Pellé se n'è andato in Cina infrangendo ogni velleità di permanenza di questa canzone, i nostri bocconiani preferiti sembrano inevitabilmente destinati a morire nelle copie invendute di Hit Mania Dance Estate 2016. 

Tutta questa sfiga comunque potevamo riassumerla nella semplice considerazione che sono stati spesi soldi, tette, giornalisti sportivi e baci lesbici per tirare su una hit dedicata, a questo punto, al fallimento calcistico della nostra Nazionale. In questo modo tutto assume un significato ancora più amaro. Forse l'unico significato degno del Pagante. 

Nota: Pierluigi Pardo si sforza proprio a sembrare giovane e alternativo ad ogni sua apparizione mediatica, e non bastava il fatto che citasse I Cani e Calcutta ogni due per tre durante Tutti convocati: doveva pure prestarsi a 'sta baraccata. 
 

10. ENTICS – REVOLUCIÒN

Entics è la Levante dei rapper. O meglio, era, perché adesso è diventato una specie di forma mutante ibrida tra Giusy Ferreri e Enrique Iglesias. L'unica cosa decente di questo video è la presenza della vera star Loris Gentile. Loris, siamo in attesa della tua, di hit.
 

9. PACO WURZ – FOLLOW THE SUMMER FEAT. CHIARA

Sotto il degradato pseudonimo di Paco Wurz si nasconde in realtà tale Fortunato Zampaglione che, se siete nostri lettori affezionati, ricorderete essere il responsabile di tantissime canzoni italiane che sembrano hit di seconda mano. Un consiglio al nostro Paco: oltre a scegliere nomi migliori e scrivere canzoni che puzzano meno di usato, bisognerebbe che ti impegnassi di più anche con i font che utilizzi nei tuoi innovativi lyric video. 

Un'ulteriore nota di demerito va al testo, che dice più o meno così: "Feeling the Summer is sharing my Soul" / "I'm feeling diamonds of your soul in mine".
 

8. MARCO FILADELFIA – QUESTA ESTATE

L'estate è notoriamente l'unica stagione in cui abbiamo voglia di lasciarci andare, perché per i restanti nove mesi le nostre vite sono scandite da magliette indossate e non lanciate al cielo, connessioni wi-fi stabili, e momenti in cui infamiamo l'Italia (che, come ci ricorda Marco, è invece bella, dalla Romagna alla Sardegna—a Farinetti gli si è appena rizzato). D'estate non si scopa, si fa l'amore. D'estate non abbiamo paura di lasciare il cellulare sull'asciugamano. D'estate usiamo parole come "fiesta" e "siesta". D'estate beviamo tequila bum bum. D'estatequesta estate—ascoltiamo musica di merda.


7. VACCA - CALZE CON LE CIABATTE

Dal momento che Vacca non si può esprimere con nulla che riguardi il look perché è UN UOMO BIANCO DI QUARANT'ANNI COI DREAD, non riteniamo che sia legittimo nemmeno per un istante conferirgli la paternità della moda "calze con le ciabatte", già lanciata nel resto del mondo un paio di anni fa. 

Se non siete ancora convinti, vi rimandiamo al testo che lo stesso Vacca ha deciso di accompagnare a questo suo innovativo video-moda:

Le "Calze Con Le Ciabatte" sono la tendenza dell'estate! Il web sta letteralmente impazzendo per il nuovo singolo di Vacca e per la moda lanciata dall'artista. L'invito è rivolto a tutto il world wide web ed in particolar modo al mondo dei social networks. Pubblica anche tu la tua foto (su Facebook, Instagram o Twitter) o il tuo video (su YouTube usufruendo dell'audio "Calze Con Le Ciabatte") utilizzando l'hashtag #CCLC Quest'estate in vacanza non portare le infradito, porta le Calze Con Le Ciabatte!

 

6. ARTÙ – ROMA D'ESTATE

L’esistenza di Artù non fa che confermare quanto ci sia ancora una fetta della popolazione italiana che trova affascinante l’immaginario da panino con la salamella e bottiglione di vino rosso perpetuato da gente come Mannarino e Capossela. Ci sono tutti gli ingredienti perfetti per scrivere un testo da cantautore ciociaro che considera Bukowski “il più grande poeta di tutti tempi”. Ed ecco che “Puzza di vino”, “Suda in un letto”, “Roma d’estate è una troia perfetta” non sono più cose di cui vergognarsi, ma diventano strofe di una canzone.
 

5. PAOLO MENEGUZZI – SOGNO D'ESTATE

Hai uno zio che tenta a tutti i costi di fare il giovane e ti chiama a tua volta "zio" e ti saluta col fistbump anziché con quelle strizzate di guance che caratterizzavano le parentele fino a pochi decenni fa? Eccolo, tuo zio è Paolo Meneguzzi, che cerca di fare Calcutta col risultato che sembrano un video dei Negrita interpretato da un sosia scrauso di Gianni Morandi.
 

4. ROCCO HUNT – O' REGGAE DE GUAGLIUNE (FEAT. CLEMENTINO, SPEAKER CENZOU, 'O ZULU)

Rocco Hunt rappresenta il lato più melenso e scontato della scena rap napoletana, ed esattamente per questo ne è l'esponente di maggior successo. Tra un generico invito a svegliarsiiii!!!11!!! e uno a prendersi bene che tanto anche se le cose vanno male noi italiani siamo bravi ad arrangiarci con quello che abbiamo, ecco arrivare "O' reggae de guagliune", riproposizione del genere peggiore della storia dopo il turbofolk e l'electro-swing in chiave partenopea. Bonus per il ritorno sulle scene del dimagritissimo 'O Zulu che, nonostante le evidenti controindicazioni, ha avuto il coraggio di adottare il maestoso look "pizzetto che sembra una figa". 
 

3. MORENO – UN GIORNO DI FESTA

Avete notato che Moreno è alto come una ragazza seduta su una bicicletta? 
 

2. RAPHAEL GUALAZZI – L'ESTATE DI JOHN WAYNE

Questo nuovo singolo di Gualazzi post-Bob Rifo inaugura quella che gli annali ricorderanno come "la sua fase popular-chic": quella in cui ha scelto di adottare il citazionismo spiccio alla "Il più grande spettacolo dopo il big bang" ma con tutto il piglio alternativo di Brunori SAS, così che La Stampa potesse scrivere articoli su di lui con dentro la parola "felliniano". Andy Warhol! Lupin! John Travolta! E tutti gli stanchi riferimenti culturali che i vostri amici analfabeti funzionali che si credono intelligenti amano tirare in mezzo sul treno di ritorno dal salone del libro di Torino, dove hanno appena acquistato la bibliografia di Dan Brown!
 

1. EMIS KILLA – CULT

Nonostante sia uno fra i rapper più umanamente ok che abbiamo in Italia, Emis Killa non riesce a emanciparsi da questo ruolo di eterno secondo che qualcuno gli ha ritagliato. E questo qualcuno non vuole molto bene ad Emiliano, dato che un pezzo di questo genere, (ma anche un video così e lui, con questo look) non sarebbe dovuto uscire proprio quest'estate. Non solo il paragone con il suo diretto concorrente è talmente palese che non è nemmeno necessario nominarlo (ved. titolo di questo articolo), ma l'intera operazione-nostalgia promossa dal brano ha un odore molto simile a quello di alcuni pezzi del socio del suo diretto concorrente. In mezzo a questo delirio di riferimenti subliminali che si vanno ad aggiungere ai riferimenti liminali agli anni Ottanta (che onestamente sarebbe il momento di accannare), Emis ne esce molto peggio di quanto potrebbe fare se si togliesse tutti questi strati di cazzate da dosso. 

 

BONUS: GABY PONTE – CHE NE SANNO I 2000 (FEAT. DANTI)

Questo video, appena uscito e quindi appena fuori dalla nostra disamina, è l'equivalente di Giovani si diventa—il film che hanno commissionato a Ben Stiller per rappresentare i quarantenni che non si rassegnano a essere vecchi. 

 

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Foto dal raduno dei Juggalo

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La prima immagine che viene in mente quando si pensa ai Juggalo, la assurda sottocultura generata dagli Insane Clown Posse, è, appunto, il trucco da clown: spesso sgargiante, sempre pesante e indossato quasi sempre. In realtà, a meno che la Posse non sia in città, difficilmente i Juggalo si truccano. Per loro è un codice identificativo, un segno di appartenenza alla famiglia degli ICP. Di solito, tutto questo accade ai loro concerti.

Una volta all'anno, comunque, cambia tutto. Al Gathering Of The Juggalos sia il trucco che il senso di comunità durano una settimana intera. Quella di quest'anno era la diciassettesima edizione e si è tenuta a Thornville, Ohio. Abbiamo fotografato un po' di facce della gente che lo rende il festival musicale più strano del mondo.

Dr. Dre è finito in manette perché un tipo l'ha accusato di avere un ferro

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Essere di colore e vivere negli Stati Uniti non deve essere al momento una sensazione particolarmente bella, soprattutto se si è al corrente del fatto che una pattuglia sta per arrivare a perquisirti in cerca di un'arma. Nella situazione appena descritta si è trovato Andre Romelle Young, che magari conoscete meglio come Dr. Dre, fuori dalla sua villa a Malibu, in California.

A quanto riporta TMZ, che ha anche un video dell'accaduto (lo trovate qua sotto), un uomo si è fermato in macchina di fronte a casa di Dre, a cui la cosa deve aver dato fastidio dato che è uscito a chiedergli di spostarsi. Al posto di parlarne tranquillamente, però, l'uomo ha iniziato a lamentarsi e gridare. Quando Dre ha tirato fuori il cellulare per filmare la scena, probabilmente e giustamente per pararsi il culo rispetto ad eventuali gabole legali, il guidatore ha chiamato la polizia—stando alle fonti di TMZ, dopo aver detto "Bene, ecco un altro nero con una pistola!"

La pattuglia è arrivata, ha ammanettato Dre e l'ha perquisito in cerca di un'arma. Essendo Dre pulito, l'hanno lasciato andare. È quindi andato tutto bene, nonostante l'esistenza di questo pezzo avrebbe potuto far sì che le cose finissero peggio. 

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