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Ho giocato al gioco di carte fantasy del Festival di Sanremo

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Non bisognerebbe mai superare la dose consigliata di internet, nemmeno quando la RAI è pronta a darti dei soldi in cambio di un'idea. Ci sono alcuni mondi che, semplicemente, non dovrebbero mai entrare in contatto e quando questo non succede io poi sono costretto ad interrompere una massacrante mattinata lavorativa per giocare a SanremoN: "il gioco di carte in chiave fantasy ispirato ai 67 anni di Sanremo"

È un'idea così brutta che non mi capacito di non averla pensata come contenuto originale e mi ricorda un po' quella volta in cui Noisey, per saltare sul bandwagon di Pokemon Go!, fu ad un passo dall'assegnare un rapper italiano ad ogni Pokemon e realizzare la rispettiva carta da gioco. Un'idea così brutta da essersi guadagnata l'oblio su qualche hard disk dimenticato in un angolo polveroso. 

Invece le 40 carte di SanremoN sono qui, a disposizione di tutti e pronte da scaricare e stampare. La prima cosa che vi serve per iniziare a giocare è qualcuno che ritagli e incolli tutte le carte. Io ho scelto Elia, un esperto di rap italiano e musica sfrangipalle:

Mentre Elia ritaglia e incolla io penso alla piscina riscaldata del responsabile RAI che, nell'era di Cicciogamer89 e di Clash Royale, ha deciso di commissionare un gioco di carte analogico, senza nemmeno una piccola app dedicata, nemmeno un piccolo QR Code da fotografare col telefono. Un cazzo di niente di digitale.  Non ho idea di chi sia questa persona, ma nella mia classifica delle mie persone preferite occupa il primo posto, mentre all'ultimo troviamo il traditore che l'ha convinto ad annunciare questa incredibile operazione fuori dal tempo con una grafica interattiva a 360 gradi su Facebook. Prima di giocare, potete divertirvi ad angolare tutti e 360 i gradi a questo link.

Una volta che Elia ha assemblato tutte e 40 le carte, è stato il momento di leggere il regolamento. Il gioco è molto semplice ed è evidente che nessuno si sia preso la briga di provare a renderlo minimamente divertente, ma abbiamo comunque deciso di provare a giocare una partita. Il primo problema è che mischiare dei fogli stampati, ritagliati e pinzati con la graffettatrice è davvero un'esperienza poco soddisfacente (soprattutto visto e considerato che Elia è molto più bravo a ritagliare carte che ad ascoltare le canzoni tristi).


Per farla molto breve: lo scopo del gioco è portare a zero i 5000 punti vita dell'avversario. Per farlo bisogna far combattere due creature (alcune delle quali  leggendarie) tra di loro. Queste ultime dovevano essere anche "dorate", ma la nostra stampante ha finito l'inchiostro colorato e quindi erano, per noi, in bianco e nero. Ogni creatura ha un valore di attacco e uno di difesa. Si possono anche giocare alcune carte dette "incantesimi" che non servono a un cazzo di niente. Una volta finito il mazzo di 40 carte, è sufficiente girare quelle già scartate e ricominciare, ma solo fino ad un massimo di 5 turni,  in onore delle cinque serate di Sanremo! Boh, okay.

Io ed Elia abbiamo quindi pescato cinque carte a testa, dallo stesso mazzo. Questa è la parte peggiore del gioco perché riduce qualsiasi tipo di strategia alla pura fortuna. Io sono molto fortunato e mi capitano ben 3 creature leggendarie e mi accorgo subito di poter spezzare le reni al mio avversario. Una delle prima che decido di schierare è Glee, il Profeta.

Credo che Glee, il Profeta sia un riferimento a Mike Bongiorno, ma ci arriviamo solo dopo vari ragionamenti linguistici: "Glee" significa "Allegria". In generale, ogni creatura mette insieme un disegno pigro e un riferimento arzigogolato e incomprensibile.

Elia è a meno di 3000 punti e la partita è di una noia mortale, ma la tensione all'interno della redazione è palpabile: iniziano a formarsi alcuni gruppi di giornalisti e reporter che mettono a frutto i loro master conseguiti a Londra per capire chi cazzo siano i Sacerdoti di Persimmon. Dopo 10 minuti di discussione qualcuno riesce a capire che una delle figure ha un monociglio e che una volta Elio e che nel 1997 gli Elio e Le Storie Tese hanno fatto una canzone che si chiamava "La Terra Dei Cachi". Purtroppo nessuno capisce a cosa servano Elio e Le Storie Tese. La partita prosegue.

Io schiero Nillis, l'alter ego SanremoNese di... Nina Zilli? Nilla Pizzi? Intanto il mio avversario si gioca VaNu, il Viandante, trasformista e girovago [...] che può contare su un'armata di seguaci [...] che comunicano per mezzo di volatili [...] in tutti i luoghi e in tutti i laghi delle Terre di SanremoN. Davvero maturi, complimenti. Ad ogni modo quella di Valerio Scanu è una carta dai valori patetici, e la vittoria è 1100 sudatissimi punti vita più vicina.

Elia prova a giocare una carta incantesimo, ma io rido del suo tentativo e rispondo con PiBa, Signore dei Draghi, cioè colui che con le sue mani ha plasmato alcune delle più potenti creature di Sanremo. Può spaccare in due la terra liberando grandi draghi infuocati quando pronuncia la fatidica frase: "L'ho inventato io!". Elia ha praticamente perso e io vorrei farmi una sauna nella testa di chi ha inventato la storia di PiBa, Signore dei Draghi.

A questo punto sono passati circa venticinque minuti dall'inizio della nostra partita e nel mondo reale stanno succedendo un sacco di cose: il figlio di 50 Cent ha dissato suo padre, Noyz Narcos ha pubblicato una traccia in risposta a Jamil e su SoundCloud 137 gruppi indie hanno pubblicato altrettante canzoni tristi con la chitarra acustica che Elia non ha ancora ascoltato. Decido quindi di essere un signore e chiamarla patta, liberandomi in un colpo solo di tutte le mie carte.

Sono molto dispiaciuto del fatto che non siano capitate, durante la nostra mano, carte del calibro di Zigef, Detentore dell'Arcana Saggezza la cui penna affilata consegna alla storia personaggi e vicende, El Blasco, che riempie le agorà e scatena diverbi tra i fanatici e gli scettici, e L'uomo di Kalon-brion, una versione di Rino Gaetano la cui descrizione contiene la parola "sesso".

SanremoN è divertente tanto quanto iscriversi ad un forum per chitarristi o essere iscritti non ironicamente a Reddit. L'unico aspetto positivo della mezza partita che ho giocato è la consapevolezza che ogni minuto trascorso stavo maturando qualche centesimo di euro di contributi INPS. 

Voto finale: 0.0/10, non rigiocherei.

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Era una forma d'arte. Era nata dallo stesso impulso che aveva spinto i nostri antenati a fissare le pietre sotto ai loro piedi e le mura che li proteggevano e a usare le prime per incidere la loro figura sui secondi. Il mashup è sempre stato un'idea semplice, certo, ma un'idea che sa toccare qualcosa di profondo nella psiche umana. Ispirare viene dal latino inspirare che, tra i suoi significati, aveva anche "infondere la virtù divinatoria". Girl Talk è stato ispirato dagli Dei. 

Tutto questo per presentarvi il Magic iPod, che la redazione di Noisey sta abusando con un ghigno di ilarità sul viso da un'ora a questa parte. È una porta verso il divino che vi permette di trascinare i pezzi rap più famosi del 2007 sui grandi successi pop punk, indie e nu metal di quell'anno, creando nel giro di un attimo qualcosa di splendido.

Ad esempio, abbiamo appena scoperto che "Touch The Sky" di Kanye West sta da Dio su "Hey There Delilah" dei Plain White T's. Anzi, "Touch the Sky" sta da Dio anche su "A Thousand Miles" di Vanessa Carlton. "The Real Slim Shay" di Eminem sta bene su "Snow (Hey Oh)" dei Red Hot Chili Peppers—anzi, diciamocelo, qualsiasi pezzo sta bene sui chitarrini di "Snow". "99 Problems" su "I Miss You" dei blink-182 apre le porte a un futuro che non è mai stato dominato dall'hip-pop-punk.

Forza, create. Sentite il divino entrarvi in corpo. Mettete "In da Club" di 50 Cent su "Bring Me to Life" degli Evanescence. 

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"Con questo disco ho voluto fare qualcosa di diverso. Non metto certo una pietra sul passato, anzi; ma la pausa mi è servita, e questo disco mi descrive senza compromessi di alcun tipo"
Marco Masini intervista a Rockol, 1998

Era tanto tempo che volevo iniziare un articolo con le parole "e anche quest'anno è arrivato il festival di Sanremo", e neanche questa volta ci sono riuscito. Ormai giunto alla milionesima edizione, più longevo della regina Elisabetta, quest'anno è condotto dal Donald Trump della Radiotelevisione Italiana Carlo Conti e da Maria De Filippi in veste di eminenza grigia alla Steve Bannon. Che cosa possiamo aspettarci dalla manifestazione di quest'anno? Il meglio dell'Italia in musica, che è un altro modo per dire la merda. 

Per fortuna questa casa degli orrori da Luna Park dismesso ci dà una scusa per parlare di vecchie glorie che con Sanremo hanno sottoscritto un abbonamento vita natural durante, visto che è un modo comodo per farsi promozione, qualunque sia il risultato finale. Quest'anno ritorna un autore che l'ultima volta aveva mandato solo una sua canzone ed era rimasto a casa: parliamo di Marco Masini (scrisse "La borsa di una donna" per Noemi, in caso non lo sapeste). Per prima cosa, no, ragazzi, non vi toccate nel basso ventre: Masini non porta sfiga, non è uno iettatore. Ricordiamo che nel 2001 stava quasi per mollare tutto perché si sentiva additato come la Martini che fu—pur dando anche un po' l'impressione di sfruttare questa diceria.

Lui a Sanremo si è presentato subito da vincente, arrivando primo nella categoria giovani con "Disperato" nel 1990, ma è stato solo alla sua quarta partecipazione, nel 2004, che è riuscito a vincere nella categoria big. Onestamente, la nostra ipotesi è che sia stata la traballante qualità della sua musica ad aver innescato tutto quest'odio nei suoi confronti, poiché agli inizi nonostante parlasse di tossici, aspiranti suicidi, malinconia e paranoia e altre tematiche di dubbio buonumore, nessuno si sognava di dire che Masini portasse jella. Anzi, forse non ve lo ricordate, ma Masini in quel periodo era uno dei più tollerati cantanti di musica pop italiana in area dark/post punk: perché, appunto, i suoi testi scuri ed esistenzialisti erano in linea con la poetica di certi gruppi depressive—magari se prendevi un testo dei Christian Death e lo sostituivi con uno di Marco nessuno se ne accorgeva. 

Ancora adesso, se metti su Malinconoia o il suo primo album, la gente canta tutte le canzoni. Forse è merito anche di quel vago sapore metal nell'arrangiamento delle chitarre, essendo quei turnisti chiaramente avvezzi a roba tecnica tipo Steve Vai e compagnia bella (ricordiamo che il nostro farà anche una cover di "Nothing Else Matters" dei Metallica, poi diventata di culto, reintitolata guarda un po' "E chi se ne frega"). Ma la pacchia durò poco perché a un certo punto il nostro Masini esagerò leggermente. Già quando fece "Vaffanculo", molti si chiesero se era proprio necessario. Non tanto per la parolaccia, quanto per tutto il contesto, in cui l'autocritica sembra il classico esempio di eccezione che conferma la regola. 

E quando si arrivò a "Bella Stronza", in cui in qualche modo il tentato femminicidio è dipinto come una bazzecola, o a "Principessa", in cui invece lo stesso femminicidio da parte paterna viene deplorato caricando di accezioni negative tutto il brano (coltelli a serramanico, discariche, violenze a buffo... insomma, una specie di cartolina del disagio urbano tanto gonfiata da diventare una parodia), allora lì si comprese che Masini conduceva una battaglia contro se stesso. Non sapeva da che parte stare ma era ansioso di parlare degli emarginati, anche a costo di passare per quello che li vede solo in TV, forse perché credeva gli comprassero i dischi. Ma la mossa successiva sarà quella che, in qualche modo, come l'esplosione di un palazzo a causa di cattiva manutenzione delle caldaie o una sterzata brusca in Formula Uno da parte di un pilota ubriaco, sconvolgerà i suoi fan e i suoi detrattori in un colpo solo. Si tratta dell'album Scimmie, anno domini 1998.

Già dal titolo è evidente che il nostro voglia prendere le distanze dal suo passato, se non addirittura metterci una pietra sopra. "Perché lo fai" ora ha una risposta: lo faccio per sballarmi e basta, chiaro? La "scimmia sulla schiena" di burroughsiana memoria irrompe sulla scena con suoni distorti, fumi psichedelici, sintetizzatori mezzi rave—per farla breve, è la scoperta delle sottoculture giovanili. Più che un Masini per la prima volta davvero rock, la cosa evidente è infatti che il nostro ha deciso di non fare più compromessi, almeno in apparenza. Nell'intervista citata all'inizio, il nostro confessava che gran parte delle scelte artistico/mediatiche del suo passato erano studiate a tavolino con il maître à penser Giancarlo Bigazzi, la cui mano pesante si faceva di certo sentire. Il geniale autore e produttore che, come ben sapete, militava negli Squallor ed era il braccio destro storico del best seller Umberto Tozzi, mitigava le sfumature rock della musica di Masini sapendo che in quel modo avrebbe avuto un effetto più trasversale. Grazie a lui, Masini ha fatto carriera ed è stato in grado di collaborare a celebri colonne sonore (fra cui quelle di Mediterraneo e di Mery Per Sempre), ha seguito Tozzi in tour come turnista e ha realizzato gli arrangiamenti per "Cosa resterà..." di Raf, col quale si farà le ossa. 

Ma Marco adesso decide di divorziare dal suo deus ex machina, smette i panni del depresso cronico, si tinge di bianco capelli e barbetta, indossa camicie arancione acido e soprattutto imbraccia chitarroni Gibson modello Firebird. E nei testi pare tessere le lodi di una gioventù che si libera di ogni inibizione e che potrebbe essere la metafora di se stesso, finalmente deciso a intraprendere una carriera da indipendente, con tanto di fondazione di una nuova etichetta, la Ma.Ma. insieme, tra gli altri, a Marco Manzani, meglio conosciuto come uno degli O.R.O. (ricordate "Vivo Per Lei", cantata anche da Bocelli? Ecco.)

Certo, questa mossa di Masini non può certo passare inosservata, anche se lo scetticismo inevitabilmente monta come panna scaduta. Chi ci dice che non sia una mossa commerciale anche questa? D'altronde T.R.E. dei C.S.I., uscito un anno prima, ottiene inspiegabilmente il primo posto nelle classifiche italiane, nonostante sia un ammasso di chitarroni alla Young Gods. Il nu metal va fortissimo con i Korn che sbancano i botteghini, gruppi come gli Offspring e i Green Day vendono una cifra, ancora si sente lo strascico del grunge che raschia il fondo del barile (vedi gli Smashing Pumpkins il cui Melon Collie ancora fa parlare di sé). E poi abbiamo personaggi come i Prodigy che l'anno prima scalavano le classifiche con "The fat of the land" per non parlare di tutti gli ibridoni alla Chemical Brothers, l'ascesa mainstream dell'industrial e via dicendo. I Blur che svettano in Inghilterra con "Beetlebum" intriso di sozzo lo-fi, il picco di popolarità dei rave oramai esasperati e dei film correlati a certe "cattive abitudini" (Trainspotting, del 1996, e l'epica anni settanta de Il grande Lebowsky insegnano).

Insomma, lo sdoganamento delle sottoculture drogate è avvenuto. Masini arriva sulla faccenda, guarda caso, "Spostato di un secondo", come recita il brano che quest'anno porta a Sanremo. In Italia non è in ritardo, ma neanche in anticipo (rispetto ad esempio a "Il dado" di Daniele Silvestri o "La fabbrica di plastica" di Grignani che sembrano operazioni molto simili, ma uscite due anni prima): semplicemente se ne esce con questo disco nello stesso momento in cui inizia il crollo verticale della "musica giovane", ahilui. A ogni modo, vediamo un po' se questo nuovo Masini ci fa o ci è.

Innanzitutto la title track e brano portante di tutto il disco è impreziosita da un video in cui Masini scorrazza alienato in un supermercato, evidente critica a gamba tesa della società dei consumi. A un certo punto ha un rigurgito primitivista e, come dire, smette i suoi panni borghesi per quelli del ribelle: "Scimmie sui rami dei giorni / drogati di sogni". E beh, il testo è un delirio a tapis roulant sulla nuova anarchia chimica dei giovani, con tutta una serie di discorsi del tipo "che scopata, che viaggio / erezioni innocenti (!) / la febbre negli ormoni / con il cuore fra i coglioni / masticare fumo". Insomma, ci siamo capiti: è un inno ai nativi digitali con synth zanzaroidi e schitarrate a go go. "Niente svastiche né vangeli, noi crediamo nell'animalità". Per quanto oscilli sull'orlo del ridicolo (cosa che, attenzione, Pasolini si faceva vanto di non temere), il testo di Masini sembra un genuino slancio verso un manifesto delle nuove generazioni che si confessano "in branco fra preghiere di bestemmie". Stacchetto psichedelico con wah-wah incorporato "per non farsi di verità" e con quella frase ambigua che osa e non osa ("fino all'estasi di uno stallo"—levate la T e metteteci la B e capirete cosa voglio dire). 

Masini sembra entrato in quell'orbita che nello stesso anno ha catturato anche il Battiato di Gommalacca: rockaccio, ritorno agli stupefacenti, loop, elettronica, e anche roba alla Moby (l'intro di "Scimmie" è un chiaro plagio/citazione di "Porcelain"), solo che il caro Franco aveva le idee più chiare e probabilmente maggiore esperienza in materia (Masini dà l'idea di uno che più che con i funghetti, ci è rimasto sotto con le benzodiazepine). Ma passiamo alla prossima espressione del nuovo "Masini pensiero", ansioso di recuperare terreno in zona alternative.

"Falso" parte con delle chitarre mezze Sonic Youth e poi incredibilmente se ne esce con un bassone che potremmo trovare nei primi Living Colour, ma il punto di riferimento sembra più il nu metal. Anche qua aperture psico/beatlesiane con tanto di leslie applicato alla voce, ma anche assolazzi turbo hair metal di stampo Motley Crue. "Falso quando vieni e non godi veramente": diciamo che è la versione masiniana di "Liar" della Rollins Band, scivola velocemente senza fronzoli (il brano è sotto i tre minuti). Il pezzo sembra sicuramente più incisivo di "Scimmie" a livello di coesione testo-musica e Masini sembra in gran forma, come minimo non racconta stronzate. Lo ricordavamo col pianoforte a lagnarsi e invece qui naviga fra chitarroni e anatemi che se la prendono anche con il suo passato "fake": solo un anno prima pareva impensabile. 

"Profondo porpora" si barcamena nel tentativo di ibridare tre generi: il crossover alla Red Hot Chili Peppers, il britpop e il ruock all'italiana. Questo ultimo ingrediente fa in modo che il brano scricchioli e lasci l'amaro in bocca, mantenendo quell'aura radiofonica che entra in contrasto con l'intenzione iniziale. Peccato perché il testo loda quasi esplicitamente l'idea dell'andare "fuori di sé", quindi in pratica è un'ode allo sballarsi come liberazione dalle catene del presente. D'altronde parole come "fuori di me / transiterò caleidoscopiche realtà" parlano chiarissimo e sono inedite nel repertorio del nostro. Speriamo che col prossimo brano, però, ci stupisca anche a livello sonoro.

E invece stocazzo. Torna il pianino del Masini di tanto tempo fa, condito con le sviolinate di tanto tempo fa. "Il posto delle fragole" è una citazione fin troppo didascalica dei Beatles di "Strawberry fields", con arrangiamenti che tendono a dei Verve un po' più ripuliti. Ma per quanto l'arrangiamento sia leggero, è vero che la canzone, in quanto a scrittura, sembra uno step superiore alle solite "lagne" masiniane, anche perché il testo incita addirittura al cannibalismo ("mangeremo i nostri corpi crudi")!

Compaiono inserimenti di synth che ricordano il prog della PFM, chiaramente con suoni presi direttamente dalle prime sintesi a modelli analogici, forse ottenuti da un Korg Prophecy. A ogni modo questo posto delle fragole è l'ennesimo utopico posto di libertà anelata, raggiungibile sempre tramite stati alterati di coscienza. "Ad occhi chiusi noi / per non svegliarsi mai / in questa corsa eterna fino al posto delle fragole". Si incita a un coma farmacologico autoindotto, ne deduciamo che Masini forse ha trovato il modo di risolvere la depressione dei primi anni in maniera sicuramente più divertente e fruttuosa.

Tra tutta questa acidità mancava proprio la ballata psichedelica, ma eccola qua. Il problema è che sembra proprio un plagio di "Wonderwall" degli Oasis, che purtroppo all'epoca hanno mietuto fin troppe vittime. Fortunatamente ogni tanto ascoltiamo anche qualche scippo a Bowie/Lennon, stacchi orchestrali arditi e ritmi madchester in salsa Stone Roses di modo da non dover buttare via tutto subito, anche se il brano non raggiunge la sufficienza nel tentativo di rendere credibile questo mischiotto. E' ancora troppo legato a un desiderio di passare in radio che potrebbe essere tranquillamente archiviato, vista l'operazione… ma tant'è.

Incredibilmente si prosegue con un'altra ballata, "Ali di cera", forse figlia dei Metallica quando abbandonano gli ampli (anzi, vista la cover di cui parlammo sopra, sicuramente). Poi giungono delle percussioni campionate che danno un sapore etereo un po' alla Ustmamo' periodo elettronico (con le dovute differenze). Lo stacco rockeggiante rimane, ahimè, in zona Pearl Jam da cover band italiana o da gruppo grunge di quelli più sputtanati, non c'è molto di estremo. Anche qui si rasenta un certo cortocircuito fra pezzo e arrangiamento, che se ripulito da manierismi avrebbe potuto funzionare meglio. Fanno capolino delle campane tubolari e due assolazzi un po' troppo AOR con tanto di synth che svalvola in area Moog. Ma il rock vero dov'è finito?

Ecco, lo ritroviamo nel brano più allucinato del disco, ovvero "Togliti la voglia", finalmente temi scottanti, musica dark psichedelica in area "Club America" dei Cure, con wah-wah ed effetti liquidi. Qui Marco invita la sua lei a cambiare sponda, diventando definitivamente lesbica giacché è da tanto che è interessata all'articolo. I synth sono acidi quanto basta, le voci sono infilate ancora una volta dentro dei rotary speaker e squagliate nel phaser, forse perché il tanto democratico partner in realtà è il classico italiano maniaco che vuole vedere le due ragazze limonare e farsi una pugnetta? Beh, sì; a un certo punto la perversione vouyeristica prende il sopravvento, ma, voglio dire, se i Type O' Negative hanno scritto "My Girlfriend's Girlfriend" perché non può farlo Masini?

Con "Il fiore" invece si passa dal rock all'elettronica, con un pezzo apparentemente romantico da vecchio Masini, ma farcito di ambiguità e ispirato chiaramente ancora una volta a Moby e limitrofi infilati nei paddoni italiani Sanremo style. Infatti, anche qua si parla di limiti inconfessabili che si superano, si ribadisce il primato dell'estremismo sul classico sentimento melenso. Con una durata breve che manco "Patrizia" di Finardi (che, in un certo senso, ritorna alla mente per il minimalismo), il brano è un quadretto d'amore che va in autocombustione, fra "tentacoli della mia follia", "infedeltà" e altre cose del genere. Insomma, tiriamo fuori l'accendino al concerto, ma puntiamocelo contro. Un tentativo di rinnovare la canzone d'amore all'italiana o di affermare vecchi stilemi? La parola ai posteri.

Però non si parlava di rock? E allora come ci spieghiamo 'sta canzone? "Fino a tutta la vita che c'è" tra i suoi neologismi ("domai", cioè il domani che non arriva mai) e il suo ennesimo sottolineare che si vive senza freni, al limite, liberi di tradire il mondo e via dicendo, dovrebbe avere una base piuttosto dura no? E invece un cazzo. È una ballatona che potrebbe andare bene per i Bee Gees bolliti, ma scritta forse sull'onda della roba di Lenny Kravitz giusto per dargli aderenza al contemporaneo e quindi giustificarla. Ecco che sento la pulce insinuarsi nell'orecchio: forse anche questo disco è confezionato a tavolino. Comunque vediamo che succede dopo, non facciamoci prendere dalla disperazione ascoltando assoli di chitarra rubati al Chris Rea più pop, magari c'è il colpo di coda finale.

"Fuorigioco" è l'ultimo brano del lotto, e purtroppo di rock non ha molto. È più qualcosa di elettronico, una strizzata d'occhio al trip-hop allora imperante, magari avrebbe funzionato meglio se Masini si fosse messo a rappare, però vabbè, non si può cavare sangue da una rapa. Ritornello inusuale di stampo battistiano, melodicamente appare ispirato ma ancora una volta questi assoli che sembrano presi da Gilmour periodo Division Bell non possono proprio chiamarsi alternativi, anche se il succitato disco dei Floyd ha venduto più fra le nuove generazioni che fra le vecchie. Il testo parla di un amore masochista di una lei che continua a stare appresso a un tizio che la rifiuta (ovvero, Masini). Da "Vai con lui" a vero duro, il passaggio di stato è sottolineato da un finale mozzato improvvisamente con l'accetta, che è la cosa migliore del pezzo. Ok, sarà pure un vero duro, ma a quanto pare il rock è durato due secondi e mezzo e la delusione è cocente.

Il risultato di questa svolta di Masini fu, infatti, salutato da un inarrestabile flop: i vecchi fan si sentirono traditi da questa svolta superomista e i nuovi fan… di base non ci furono. Quello che accadde però fu che la critica fu incuriosita da questo nuovo volto di Masini e aggiustò un po' il tiro, mantenendo però sempre la sua proverbiale puzza sotto il naso. In un certo senso la svolta "rock" di Masini è stata troppo prudente: il terrore di perdere per sempre i vecchi fans forse ha impedito uno strappo decisivo che avrebbe potuto, con degli arrangiamenti più coraggiosi sullo stampo di "Falso", portare Masini in un campo alternative rock nel quale non avrebbe sicuramente sfigurato considerando la fine che hanno fatto certi sedicenti paladini del rumore quali i Marlene Kuntz, finiti a fare il Masini di Scimmie molti anni dopo. 

Se pensiamo poi ai testi decisamente eccessivi e al fatto che il rock ritornerà senza dubbio molto presto di moda vista la sbronza elettronica degli ultimi anni, va a finire che ci ha visto anche lungo. Il problema è che dopo questa esperienza, il Masini indipendente sparisce. Dopo il mancato abbandono delle scene, tornerà, infatti, nel 2003 con l'imbarazzante singolo "Generation", in cui senza mezzi termini e su una base di hip hop plastificato dirà che la generazione giovane ha fallito (e ti pareva…). 

Ciliegina sulla torta, proprio quest'anno a Sanremo, nella zona cover, interpreterà il brano sanremese più ambiguo di sempre, ovvero quel "Minchia signor tenente" dell'amico Faletti, che cozza con il Masini in vena di cut-up ed estremismi antiautoritari di Scimmie (lo spot pubblicitario venne addirittura censurato da Publitalia perché vedeva una scimmietta crocifissa, sulla falsariga del video di "Closer" dei NIN, con la dicitura "non crocifiggere il tuo istinto"). 

Sarà anche stato un errore, ma quel disco, nel bene e nel male, è un tentativo di cambiare strada da quella che a volte, se non continuamente, nel pop viene imposta dall'alto: nella sua imperfezione concettuale rimane quindi un picco stralunato nella scrittura di Masini al quale auguriamo di ricordarsi di quando credeva nell'"autentica Anarchia" al momento di salire su quel palco illuminato. Se non altro per "aversi e non fottersi l'anima" ancora una volta. Buon Festival a tutti.

Demented è su Twitter: @DementedThement.

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Il festivàl degli uomini forti al comando – Prima serata

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Gaetano ha un blog in cui parla di cose. Tra queste c'è la grande musica italiana, e la grande musica italiana trova a Sanremo la sua realizzazione più vera e terrificante. L'edizione 2017 ce la racconta lui, e questo è il primo episodio. 

Preceduto da animali, feti ed extra-terrestri canterini, si apre ufficialmente il festivàl della canzone italiana, giunto alla sua 67esima edizione, dando inizio alla settimana santa in cui tutto il paese si ferma mentre lo spread sale. In tempi storici come i nostri in cui s'invocano "uomini forti al potere", ecco che Sanremo 2017 è affidato a Carlo Conti, re di RaiUno e Maria De Filippi, regina della televisione tutta. Quindi anche sovrana di Conti. Le larghe intese hanno fatto il miracolo: mamma Rai ha affittato il suo utero a Mediaset, col benestare di Piersilvio certo che comunque Maria avrebbe portato portato tutta la sua scuderia sul palco dell'Ariston. 

Selezionata dopo una votazione lampo sul mio blog, ho radunato una mia personale giuria popolare nella sala di casa mia con cui ho seguito per voi e per tutti l'intera kermesse sanremese. Esilarante lo sketch introduttivo in cui tutti i cantanti asseriscono di non conoscere gli altri concorrenti perché è vero. Esaustivo e limpido Ron: "Conosco tutti tranne quelli che non conosco perché non li conosco".

La serata si apre con un degno tributo a Luigi Tenco, Tiziano Ferro che canta "Mi sono innamorato di te" con la voce di Andrea Bocelli. Il padrone di casa Carlo Conti si appropria del suo palco e a seguire la regina Maria gli regala un fiore, subito a voler rimarcare che lei non è una valletta qualunque e che Carlo è solo un suo suddito. Si permette addirittura di prendere per il culo il fondotinta dell'uomo più potente della terra, seppur la battuta su Trump—basata sull'abbronzatura di Carletto—non faccia granché ridere.

GIUSY FERRERI
Abbigliata per l'occasione da Krusty il clown, porta in gara una canzone scritta da Rocco Casalino (che tra un censura di un post e l'altra si diletta a scrivere testi) sulla base di "Roma/Bangkok".
VOTO: Ci spieghi perché continui a presentarti a Sanremo per arrivare sempre ultima?

FABRIZIO MORO (certificato di qualità De Filippi)
La mia giuria popolare è esperta di fashion e critica aspramente il laminato della sua giacca e il suo cantare dimesso con le mani in tasca. Non sento la canzone ma solo urla ormonali di donne all'Ariston.
VOTO: Nessuno. Tanto a votarlo ci pensano quelli di Amici.

Intanto Maria, che si è già rotta le palle di stare in piedi, s'impadronisce della scena: raggiunge i suoi amati gradini, costringe il suo suddito Carlo a sedersi con lei e manda un RVM. Le antiche certezze non crollano mai. Peccato che mandano un filmato su Raul Bova che poi piomba sul palco per leggere il gobbo, quasi peggio di Gabriel Garko l'anno scorso.

ELODIE (certificato di qualità De Filippi)
Calmati cara ragazza dalla testa fucsia, non è proprio tutta colpa tua, ma di Emma Marrone che ti ha scritto il pezzo. Tutto sommato porta a casa l'esibizione grazie alla sua innata classe nel canto e dal divano nessuno sembra disdegnare troppo.
VOTO: Vedi Fabrizio Moro.

Dopo solo tre cantanti sono dovuti intervenire la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco e la Croce Rossa, con cane in prima fila annesso. Carlo li definisce "Eroi Quotidiani". 

LODOVICA COMELLO
Dopo il Lodo Alfano arriva anche quello Comello. La mia giuria popolare asserisce che il vestito è molto bello ma che i boccoli si portano solo alle lauree della Bocconi, non so se per assonanza o per diretta esperienza. Lodo, riprendi la Car e tornatene a singing sull'autostrada!
VOTO: Elsa di Frozen/10.

COPERTINA CROZZA
Ci gustiamo il comico ligure che paradossalmente trasmette in diretta da Milano. Per non fare danno a nessuno l'esilarante Maurizio cerca di offendere un po' tutti da Renzi a Raggi, fino a Salvini. Il risultato è che ci mettiamo tutti un bel plaid per stare al caldo.

Pubblicità: Nessuno si capacità di quanto sia bello lo spot della TIM, di quanti soldi possa aver sborsato per il Festivàl e soprattutto, lì m'indigno io, come possa aver scelto Mina di tornare sulle scene con una pubblicità dozzinale. Dico io: te ne sei stata in clausura tutti 'sti anni e mo' te ne esci con una pubblicità di tariffe telefoniche? Sarà per il Se telefonando? Attenta Mina che poi fai la fine di Chiara Galiazzo!

FIORELLA MANNOIA 
Con i capelli legati come Branduardi, arriva la rossa grillina che porta sul palco una sua vecchia, solita, bella e classica canzone, mimandola per tutto il tempo nella lingua dei segni. Per la prima volta nella sua carriera Fiorella stecca una nota e si trasforma in una sirena dei pompieri.
VOTO: la sua esibizione è la più condivisa sui social. Il potere del web a 5 stelle.

ALESSIO BERNABEI (certificato di qualità De Filippi)
Anche qui c'è lo zampino di Casalino, ma la faccia di merda è tutta del Jack che è uscito dal gruppo (sì, ha avuto il coraggio di scrivere un libro intitolato così). #LaMiaGiuriaPopolareFashion critica a gran voce gli inserti in lurex (il lucido, C.C. = gli ignoranti come me) dell'abito del cantante e deplora concitatamente l'assenza di calzini. Base tamarra e coraggio da vendere per aver inserito nel testo della canzone la parola "epicentro", che di questi tempi non porta proprio benissimo. Nel complesso siamo schifati.
VOTO: Mi sa che non ti votano manco quelli di Amici.

Intanto mentre la mia giuria popolare si chiede se Osho sia di Roma o meno, abbiamo un aggiornamento da #LaMiaGiuriaPopolareContabile: grazie a un sofisticato metodo dalla sicura validità scientifica possiamo asserire che Fiorella Mannoia è in vetta alla classifica della serata.

TIZIANO FERRO & CARMEN CONSOLI
Mettono in scena il momento più alto della serata, REGINA MARIA si sbottona, scende dal trono e fa i complimenti a CARMEN CONSOLI. La gente del divano inzia a svenire.
VOTO: Su una scala sanremese da 1 a Pippo Baudo questo momento è Pippo Baudo che sventa suicidi in diretta.

AL BANO
L'occhio ancora vigile de #LaMiaGiuriaPopolareFashion constata che la tinta del signorotto pugliese è troppo artificiale. Nel frattempo ci giunge un'ANSA: "Albano pensa di dare un seguito al pezzo che portò a Sanremo nel 2011: Amanda è libera e ha fatto un documentario su Netflix".
VOTO: Comunque meglio di Alessio Bernabei.

Sul divano di casa mia non si capisce più niente perché la giuria popolare fa partire una guerra di coccodrilli Haribo. Successivi sbarellamenti a causa della botta glicemica. Sono l'unico che cerca di mantenere un contegno degno della sacra cerimonia, ma poi rientra Raoul Bova che fa delle originali battute su Conti abbronzato e improvvisamente mi manca Gabriel Garko. Per davvero.

A questo punto della serata mi viene spontanea una domanda che ancora nessuno ha avuto il coraggio di porsi: dove cazzo è finita Irene Fornaciari?

SAMUEL (quello dei Subsonica)
Decide di puntare tutto sull'originalità esordendo con"Se questa sera siamo ancora qui, un motivo ci sarà". Base davvero figa, lui pure.
VOTO: VA BENE.

DUETTO CORTELLESI-ALBANESE
Mando un messaggio al numero del televoto per chiedere alla direzione artistica di sostituire Giusy Ferreri con Paola Cortellesi. Non ricevo risposta purtroppo. Allora decido di chiedere aggiornamenti a #LaMiaGiuriaPopolareContabile sullo stato delle interazioni sulla rete sociale, ma nessuno mi risponde perché hanno le bocche piene di coccodrilli. Mi sento come Ivana Mrazova sul palco dell'Ariston nel 2012: bella ma inutile.

RON
Accesa discussione tra #LaMiaGiuriaPopolare che si domanda se stava o non stava con Lucio Dalla, bonanima. La discussione si conclude con il fatto che Ron possiede una seconda casa a Stresa. Io non riesco a capire se assomiglia più a Bono Vox o a Sir Elton John. Porta un ballatone romantico sanremese, cantato da uno che ha i capelli di Donald Trump e due stop della bici al posto degli occhiali. Nel frattempo, ci ricorda che L'ottava meraviglia del mondo siamo io e te.
VOTO: non supererà la notte.

Vado in bagno un attimo e Sanremo diventa C'è posta per te contro il bullismo, con due bambini che parlano della loro iniziativa per sensibilizzare l'Italia. #LaMiaGiuriaPopolare diventa subito seria. Poi viene fuori che la bambina che parla ha la zeppola e #LaMiaGiuriaPopolare inizia a ridere. Li insulto perché sono incapaci di farsi sensibilizzare dalle campagne di sensibilizzazione. Carlo Conti chiede al bambino qual è la sua canzone di Sanremo preferita, lui risponde "WAKE UP DI ROCCO HUNT" e Carlo liquida la questione sbattendoli via dal palco dicendo "Forti questi ragazzi, eh?"

CLEMENTINO
Il rapper napoletano porta la canzone dell'anno scorso con la base uguale a quella di "Mary" dei Gemelli DiVersi.
VOTO: quando canta continuo capire solo stascittà.

RICKY MARTIN
Entra un dilf fatto e finito e nella Sala di casa mia non si capisce più niente: gente che balla sui tavoli, batte le mani, invoca l'uscita danzereccia di regina Maria a un pasito bailante Maria

+++ULTIM'ORA+++ Giovanardi e Adinolfi colti da infarto multiplo mentre vedono ballare il sexyportoricanogaypadrediduegemelli.

A disco session finita Ricky sgocciola copiosamente, e mi sa che non è il solo. Figuratevi che balla pure Conti, e Maria, presa da un istinto bondage, se ne esce con un lungo cucchiaio di legno.

ERMAL META
Il nostro Vento di montagna (traduzione del suo nome), il Dente in pasta albanese, il Cristicchi d'oltre Adriatico, porta sull'Ariston una canzone dura e impegnata. 
VOTO: Premio della Critica.

#LaMiaGiuriaPopolare dichiara che le canzoni più brutte della serata sono state quelle di Giusy Ferreri, Bernabei, Clementino, LodoComello e Ron. Ma il sofisticato metodo scientifico elaborato da #LaMiaGiuriaPopolareContabile, a breve in commercio, ha vergato un grafico che non dà scampo a nessuno e che postiamo, anzi tempo, su Twitter come prova della nostra lungimiranza.

TWEET  

Becchiamo Ron e Giusy Ferreri. Infondo alla classifica finisce anche (doverosamente) Clementino, escluso all'ultimo da #LaMiaGiuriaPopolareContabile dal grafico, in un raptus leghista che suonava più o meno così "Tanto si affittano i call center e lo riempiono di voti, non viene escluso".

Con questa bellissima scala reale si conclude la prima serata del Festivàl di Sanremo 2017. Tutto scorre liscio come l'olio, ma dalla strana coppia che non scoppia non si ci poteva aspettare altro. Inoltre regina Maria fino a ieri mattina aveva 38 di febbre (non ve l'ho detto prima per non influenzare il vostro giudizio), cosa che io al posto suo avrei chiesto una settimana di malattia. 

Segui la seconda serata su questi schermi o sul profilo Twitter di Gaetano: @gaepanz

Wino ha finito di nuovo la droga, sono tornati gli Obsessed

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Non vi lasciate fregare dal titolo che lo prende bonariamente in giro, Scott "Wino" Weinrich non è solo una leggenda del metal che cerca di pagare affitto e spacciatore come può, è un vero genio della musica pesante, uno che più che abbeverarsi alla sacra fonte del Riff è proprio caduto nella pentola da bambino. Nel corso degli anni non ha mai smesso di suonare, in studio e dal vivo (Saint Vitus, Spirit Caravan, Hidden Hand e Shrinebuilder sono solo alcuni dei suoi progetti), ma non era ancora riuscito nell'impresa di rimettere insieme la sua seconda, e più famosa, band, gli Obsessed, per registrare un album dopo The Church Within, uscito nel lontano 1994. 

Finalmente però l'attesa è (quasi) finita. La nuova lineup è quasi stabile, rodata tramite alcuni concerti nel corso degli ultimi anni, e Relapse Records ha annunciato l'uscita del nuovo album per questa primavera. Sacred è programmato per il 7 aprile ma si può già preordinare, e oggi siamo in grado di ascoltare il primo singolo "Razorwire". È esattamente come ce lo aspettavamo: solido, con un groove bello profondo e con uno di quei riff da dita intorpidite dai bong.

È giunto il momento di premere play e di tendere le orecchie in attesa del verso migliore della canzone, anzi, del mese, forse dell'anno: "I'd rather get high than pay the rent" ("preferisco farmi che pagare l'affitto") durante il quale tutti ci sentiamo di alzare le corna al cielo senza problemi, giusto?

Foto di Susie Costantino.

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Boiler Room ha organizzato un rave ispirato a Trainspotting

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Dai ragazzi, lo sappiamo benissimo che siete tutti lì lì per mollare gli studi (lo sapevate che non avevate bisogno di un terzo master in comunicazione per le imprese, dannazione) e il vostro futuro di freelance sottopagati per andarvene a tentarla a Berlino. Non ha davvero senso aspettare: ora non solo potrete fare del sesso molto sudato al Kit Kat e sperare che un altro fulmine colpisca il Berghain, ma se vi sbrigate potreste anche vivere dentro al primo Trainspotting—ma senza l'eroina (a meno che gli oppiacei in vena siano di vostro gradimento, resta che noi ve lo sconsigliamo). 

La questione è la seguente: T2 Trainspotting verrà presentato a breve al Film Festival di Berlino. E Boiler Room, che notoriamente fa eventi piuttosto fighi (come questo qua a Milano a cui siamo stati), organizzerà un rave che ricreerà le scene in discoteca del primo film. A suonare saranno Sasha e Goldie, entrambi con selezioni pensate per farvi sentire come se il 1996 non fosse mai finito. Insieme a loro, ci saranno i Modeselektor e Head High. Qua trovate altre informazioni sull'evento.

Niente, ragazzi, guardate il video qua sotto e pensate alle possibilità. Iniziate a pensare a qualche modo creativo per restare a torso nudo, e magari finisce che vi innamorate come Renton

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I suoni dei rompighiaccio nel Mar Glaciale Artico sono il nuovo ambient

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Devo dire che negli ultimi tempi sono usciti un sacco di bei dischi ambient. Huerco S, Brian Eno, Kaitlyn Aurelia Smith & Suzanne Ciani: tutti nomi che hanno migliorato esponenzialmente l'attività del mio cervello ogni volta che ho messi su i loro ultimi lavori. Se poi ci mettiamo che i KLF stanno tornando (con un libro, ok, ma si sa mai) potremmo dire che l'ambient è davvero in un ottimo periodo di forma.

Bé ragazzi, c'è da dire che tutto quello che credevamo sull'ambient è stato distrutto da un nuovo artista che, dal nulla, è apparso sulla scena: il Mar Glaciale Artico. Come riportano i nostri amici di THUMP, il canale YouTube Relax Sleep ASMR ha caricato un video intitolato "Rumore Bianco dal Mar Glaciale Artico Registrato su un Rompighiaccio Ancorato"—e insomma, il titolo dice già tutto. Sono dieci ore di riverberi sottozero, venti ululanti che soffiano lontani e neve che cade, accompagnati dal ronzio sottile del motore della barca. 

Insomma, scherzi a parte, non è il nuovo Music for Airports. Ma è sorprendentemente rilassante, e magari vi farà venire voglia di prendere un biglietto per l'Islanda, noleggiare una barchetta e dirigervi verso la calotta polare in cerca di ispirazione. Nel peggiore dei casi, migliorerà la vostra concentrazione e vi farà finalmente prendere quel tanto agognato ventisette in Retorica Antica.

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Una serata in giro per Manchester con Andy Stott e i Demdike Stare

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Una volta, l'influenza di tempo e luogo sulla musica era facile da rintracciare, ma Internet ha dissolto questo tipo di collegamenti. Che cosa significa la location di un'etichetta o di un musicista in un'epoca in cui John Frusciante trasmette i suoi dischi dallo spazio?

Aphex Twin ha diffuso la notizia di Syro tramite dirigibile per poi nascondere l'album nelle profondità del deep web. I luoghi lontani non sono più abbastanza lontani. Ero nella remota località di Broken Hill quando gli U2 hanno inseminato gli iPhone di tutto il mondo con Songs Of Innocence. Lì, un abitante si sfogò: "Ero lì che mi facevo una cazzo di doccia e all'improvviso parte quello stronzo di Bono!"

È una domanda particolarmente rilevante se riferita a Manchester, una città ormai stanca di essere associata musicalmente—perlomeno dai forestieri—a Northern Soul, Factory Records, Madchester e al britpop di Stone Roses e Oasis. 

Quei movimenti furono profondamente importanti, ma ora sono conclusi. Il club Hacienda ora ospita 161 "appartamenti di lusso" con parcheggio sotterraneo e concierge a tempo pieno. La band locale Cabbage ha fotografato perfettamente questo sentimento con la fulminante canzone "Tell Me Lies About Manchester". "I once saw The Sex Pistols at the Lesser Free Trade Hall / I don't think much of the Gallagher's songs, I could have wrote them all / I've had a pint with every person who's ever played in The Fall / So tell me lies about Manchester" ("Una volta ho visto i Sex Pistols alla Less Free Trade Hall / Non mi piacciono molto le canzoni dei Gallagher, avrei potuto scriverle io / Ho bevuto una birra con ogni persona che ha mai suonato nei Fall / Quindi raccontami balle su Manchester"). 

L'etichetta inglese Modern Love tiene un profilo basso. I suoi artisti—che comprendono Andy Stott, Deepchord, Demdike Stare e Vatican Shadow (l'alter ego di Dominick Fernow, cioè Prurient)—hanno fan in tutto il mondo che in gran parte ignorano che si tratta di un'etichetta mancuniana. Allo stesso tempo, molti abitanti di Manchester non sanno che cosa sia Modern Love. 

Andy Stott. Credit: Modern Love

Quindi, come si inserisce l'elettronica dub-tech occulta del roster Modern Love nella narrazione cittadina? Il capo dell'etichetta nonché fondatore di Boomkat Shlom Sviri, Andy Stott e Miles Whittaker e Sean Candy dei Demdike Stare sono tutti abitanti di Manchester e dintorni. Sono cresciuti qua, poi se ne sono andati, poi sono tornati. Non vogliono parlare di "tutte quelle cazzate sull'Hacienda". "Amavo gli Smiths, i Joy Division, i New Order", dice Miles. "A tutti piacevano. Ma mi chiedono sempre di loro, ed è storia antica". 

Io sono già contenta che vogliano parlare con me. Nessuno di loro usa internet, e Miles e Sean non rilasciano più interviste, nemmeno per promuovere il loro disco uscito a dicembre, Wonderland. Allora perché hanno acconsentito a passare tre ore a parlare e camminare insieme a me? La risposta è: Manchester.

Prima fermata: Ancoats Coffee o Sankeys

Quando Miles suggerisce di vederci in un café rimango sorpresa. Mi aspettavo qualcosa di più tetro. Del resto non so nemmeno se è giorno o notte, letteralmente. Sono appena arrivata dall'Australia e mi viene da ordinare un bicchiere di Syrah per colazione e uova sode per cena. In ogni modo, tutto è comunque piuttosto tetro quando ti trovi in un posto dove il sole comincia a tramontare alle quattro del pomeriggio; esattamente l'ora per cui sono attesa all'Ancoats Coffee.

Ancoats. Instagram: the_smallest_room

Così scopro che il bar si trova dentro un vecchio cotonificio. Dovevo aspettarmelo. Questa è Manchester, culla della rivoluzione industriale. Punteggiata di canali e capannoni. Pensavo che tutte quelle foto delle leggendarie band di Manchester davanti a muri di mattoni rossi fossero esagerate ma probabilmente non c'era nessun altro sfondo disponibile. Specialmente ad Ancoats, il quartiere che si trovava in passato nel cuore della grigia industria del cotone, dove le vie si chiamano Loom, Cotton e Silk.

Andy, Miles e Sean mi stanno aspettando. Seguono la tradizione del Nord Inghilterra di tenere addosso il cappotto anche dentro l'edificio, cosa che li fa sembrare spacciatori pronti alla fuga. Rompo il ghiaccio con una nozione storica su Manchester che ho appena imparato. 

Sapevate che il primo nome romano di Manchester, Mamucium, significa "colline a forma di seni"? 

Sostengono di non saperlo. "Vuoi un caffè?" chiedono. Uso la terza persona plurale perché i tre parlano spesso all'unisono. Sono ottimi amici, si vede. Andy mi porta un bicchiere d'acqua. "Non lavoro qui", dice con voce squillante mentre me lo passa. 

Parliamo del più e del meno. Dei vecchi tempi. Sean era uno skater e ascoltava hip-hop. A Andy piaceva la techno hardcore. Miles non ha mai capito i concerti, gli interessavano solo i dischi. "Sono stato il primo nel mio paese ad avere un paio di piatti". Lui e Sean sono cresciuti a Burnley, a trenta chilometri da qua. "Era un ottimo posto per un creativo", dice Sean. "Non c'è niente da fare".

Nel sedicesimo secolo la zona ospitava le Streghe di Pendle, la più anziana delle quali si chiamava Elizabeth Demdike. "Ci sono ancora i monoliti in piedi qua attorno", dice Miles con intensità. Non so cosa siano esattamente, ma so che non è normale che i monoliti stiano in piedi. Mi fa pensare agli Spinal Tap e a Live in Pompeii dei Pink Floyd. Ho un momento di rimpianto per non aver proposto un tour di qualche pezzo di brughiera deserta e spazzata dal vento. Sono anche particolarmente a disagio per i loro accenti mancuniani. Suonano come dei contadini laureati.

La coda al Sankeys Club

"Qui è dove c'era il Sankeys Club", dice Sean. Per chi si è perso l'epoca d'oro dell'Hacienda, Sankeys era la discoteca per eccellenza. Ha chiuso nel 2013 quando i suoi proprietari hanno deciso di concentrarsi esclusivamente sulla sede di Ibiza. Direte: ma come, da Manchester a Ibiza? Sembra un salto strano. Ma anche il Northern Soul è strano.

"Nessuno veniva ad Ancoats prima di Sankeys", dice Sean. "Era come camminare nel Selvaggio West, tutto palazzi abbandonati, faceva paura". 

"Giravano storie di persone che venivano rapinate, dicevano che ti rubassero anche le scarpe", dice Miles. "Noi eravamo ragazzini di provincia, ci sgamavano subito che eravamo inesperti".

"Già", dice Andy. "Era piuttosto inquietante".

I tempi sono cambiati. L'atmosfera dell'Ancoats Coffee è artistica e minimalista. Ha i mattoni a vista e le lampadine nude che ci si aspetta da un'attività che ha digerito l'estetica storica del luogo e la ripropone sotto forma di miscela di caffè chiamata Warehouse City con "note" di melassa e datteri. Sul sito ufficiale, le parole chiave della gentrification brillano come diamanti: trasformazione, rimmaginato, giustapposto, ringiovanito, storico, lifestyle urbano, centro magnetico.

Andy è cresciuto a Oldham, antica rivale di Ancoats nel campo della lavorazione del cotone. Nonostante si trovi a soli dieci chilometri di distanza, si trattava comunque di un errore se osava sostenere davanti a un vero mancuniano di essere di Manchester. "Lui disse 'di dove?' e io pensai 'oh no, questo è un bel problema'. Se eri di Oldham non ti era concesso dire che eri di Manchester". Ora vive a Cudington.

"Oh fico, che cosa c'è lì?"

"Niente."

Sankeys club

Seconda fermata: Vinyl Valley

Camminiamo fino al Northern Quarter, dove si trovano il Dry Bar (dove Mark E. Smith dei Fall va ancora a bere e Shaun Ryder degli Happy Mondays ricattò Tony Wilson), l'"emporio di ogni cosa" Afflecks e i migliori negozi di dischi della città. Fino ai primi anni Duemila qui c'erano circa 35 negozi, perlopiù stipati in un quadrato di viuzze conosciuto come Vinyl Valley. Prendetevi un attimo per pensarci: trentacinque. 

Ci troviamo di fronte a Vinyl Exchange, ancora in attività, dove Miles e Sean hanno lavorato per diversi anni. "Dai tardi anni Novanta sono andato lì tutti i giorni a comprare library music", dice Sean. "Mi ci sono appassionato abbastanza presto, quando ancora le cose costavano poco. Potevi trovarmici tutti i giorni, a rovistare. Ho scoperto tantissime cose, specialmente tramite il commesso che si occupava di hip-hop, soul e jazz, Si G" (più tardi mi elencherà i seguenti dischi come esempi: Musique Pour Un Voyage Extraordinaire di Vincent Geminiani, Mantle-Piece dei Battered Ornaments e Violence! di Franco Micalizzi).

Sean e Si G avevano in comune un certo interesse per i beat e i break dell'hip-hop. "Ne eravamo ossessionati. Passavamo 24 ore al giorno e sette giorni su sette a scoprire nuovi dischi. Se te li portavi a casa venivano dedotti dal tuo stipendio... a volte pagare l'affitto diventava un problema".

Il marciapiede riluce nella pioggia leggera mentre i pendolari ci girano attorno, con le mani ficcate nelle tasche, senza prestarci attenzione. Forse sono abituati a vedere gente ferma nel mezzo del cimitero della Vinyl Valley intenta a ricordare i bei tempi del crate-digging. 

"Manchester era veramente il paradiso dei dischi usati", dice Miles. "Negli anni Novanta non si riusciva nemmeno ad arrivare alla cassa—la gente comprava i dischi urlando da un capo all'altro del negozio". Shlom aveva un negozio di dischi ad Afflecks chiamato Pelicanneck. "Passavo spesso lì davanti e, un giorno, c'era il mio disco preferito in vetrina. E così che ci siamo conosciuti".

"Che disco era?"

"Ambient Works Volume 1 di Aphex Twin."

"Quali altri negozi ti piacevano?"

"Compravo i dischi techno di Detroit d'importazione al vecchio Eastern Bloc in Oldham Street", dice Miles. "Avevano prime stampe, ottimi contatti. La techno di Detroit arrivò in Europa tramite Hardwax di Berlino, che è di proprietà di Mark Ernestus, che ha formato i Basic Channel con Moritz Von Oswald. Pare che avessero stabilito un contatto nei primi anni Novanta con Underground Resistance e con la distribuzione Submerge".

Di questi tempi Vinyl Valley è il nome di un microbirrificio locale (e Northern Soul di una birra). "Il digitale, Discogs... è successo velocemente", dice Sean.

Instagram: the_smallest_room

Eppure alcuni ottimi negozi di dischi resistono. Il giorno dopo vengo colta da un attacco di vertigini dentro a Piccadilly Records a causa di un odore pungente. "Io non sento niente!" dice il tizio alla cassa, sorridendo stordito dall'afrore. Il colpevole è nascosto dietro agli espositori di dischi: decine di scatole piene di review book di fine anno, patinati, 60 pagine, meticolosamente redatti dallo staff e così popolari che al loro lancio il negozio fa il tutto esaurito (l'artista di Manchester Whyte Horses ha raggiunto il numero uno nel 2016 nella categoria Pop Or Not).

Comprare dischi qui è una gioia. Ogni piccolo negozio tipo Eastern Bloc ha più giradischi possibili di modo che i potenziali acquirenti possano ascoltare prima di comprare. Il giorno seguente chiedo a Vinyl Exchange se è un'usanza tipica inglese. "A Londra non si fa, ma a Manchester ti fanno ascoltare", dice. "C'è un nostro cliente che ci chiama e si fa suonare i dischi al telefono. È diventato un po' un rompipalle". 

Eastern Bloc. Instagram: the_smallest-room

In attesa di Andy che è andato a spostare la macchina, Sean, Miles e io parliamo dell'arte dimenticata dell'ascolto profondo. "Ho ascoltato 3 Feet High And Rising così tante volte che alla fine ero in grado di smontarlo nella mia testa e dirti come erano fatte le canzoni", dice Sean. "Mi resi conto che erano tutti sample e che non c'era bisogno di suonare la chitarra!" Giungiamo alla conclusione che la gente non è più costretta a concentrarsi come una volta, e questo toglie loro la possibilità di diventare super-fan. Andy torna. Gli spiego perché stiamo tutti annuendo con aria grave. 

"Stiamo giudicando la gente."

Miles e Sean ridono. "È la nostra cosa preferita!"

Terza fermata: Tesco o il Music Box

Siamo fermi davanti a un Tesco Express a guardare dentro al suo cubo luminoso. Perlomeno è quello che sto facendo io, mentre Andy, Sean e Miles guardano da qualche altra parte. Questo era un locale chiamato Music Box che loro frequentavano spesso.  
Le discoteche di Oldham erano "orrende", dice Andy. "Poi andai al Music Box e mi resi conto che c'erano locali in cui si metteva Drexciya, Autechre e SND e tutto cambiò. Mettevano la musica che io ascoltavo a casa".

Il Tesco Express di Oxford Road. Instagram: the_smallest_room

Qua suonavano Theo Parrish ma anche gruppi rock, fino al 2010. Quello non era una grande novità. Negli anni Settanta e Ottanta era un locale chiamato Rafters (dove i Magazine fecero il loro primo concerto e dove Tony Wilson vide per la prima volta i Joy Division nel '78) poi divenne Jilly's Rockworld, poi Music Box. La sua rinascita sotto forma di Tesco, tuttavia, sarà probabilmente la sua fine.

"Perché ha chiuso?"

Per la legge sul fumo ("tutti stavano fuori") e l'aumento dell'affitto, concordano. Non che si stiano lamentando. Manchester ha sempre trovato nuovi modi di occupare vecchi spazi e i mancuniani sembrano avere una naturale comprensione dei meccanismi di sopravvivenza culturale della città.

Come tutte le discoteche del Regno Unito, il Music Box restava aperto soltanto fino alle due del mattino.

"Che cosa facevate dopo?"

"Avevamo degli ottimi stereo in macchina, quindi andavamo in giro", dice Miles. "Quando arrivò il Bluetooth, vedevi carovane di auto che sparavano tutte la stessa canzone". 

Lui è appena tornato in città dopo quattro anni passati a Berlino. "Là, i DJ sono veri professionisti. Sai, si alzano, bevono un caffè, saltano sulla bici e si presentano al locale alle 9 del mattino".

"Come mai sei tornato?"

"Qua è più stimolante. Berlino è il posto più sicuro in cui abbia mai vissuto. Troppe persone che fanno tutte la stessa cosa. Ho investito un producer techno in bici il primo giorno che ero lì!"

L'attitudine a Manchester è più competitiva—la gente non cerca di aiutarti come fanno a Berlino. "I tuoi colleghi hanno meno entusiasmo per quello che fai. Personalmente questo mi aiuta, questo atteggiamento un po' 'vaffanculo', il fatto di essere lasciato solo a sviluppare un punto di vista solo mio". 

Quarta fermata: Ducie House

I racconti ora stanno arrivando a valanga, come il mio jetlag e i tram assassini di Manchester, silenziosi e letali. Concordiamo un'ultima fermata: Juicy House. Immagino che offra bevande e che concluderemo la serata con una birra. 

Chiedo del Warehouse Project, una serie di feste che si svolgono in autunno in spazi industriali occupati per l'occasione. Danny Brown e Wiley saranno gli headliner tra pochi giorni; l'anno scorso Four Tet e Carl Craig hanno suonato in una stazione dei treni abbandonata prima che venisse demolita. A me sembra una gran figata, ma Miles non è convinto.

"È strano, ci saranno 200 mila persone in un capannone e non ne conosco neanche una. Non sono lì per la musica, sono lì perché è una cosa da fare".

"Come lo sai?"

"Lo so, si vede."

"Esci spesso di questi tempi?"

Si lanciano in una tirata entusiastica su un concerto che hanno fatto in un garage di Manchester chiamato Project 13 poche settimane prima. "Era in una zona piuttosto pericolosa della città, in un vicolo dietro un vicolo dietro un altro vicolo", dice Andy. "Il bar era nel pozzetto da cui riparano le auto". 
Le ultime serate al Project 13 sono state "semplicemente fantastiche". Come lo è stare a Manchester ultimamente. 

Perché?

"Ha una bella energia. Buoni forni, buon caffè, buoni impianti." 

Ci fermiamo in Ducie Street. Non 'Juicy House', ma Ducie House, un altro vecchio cotonificio che nel 2003 è diventato quartier generale del famoso online store di Shlom, Boomkat. Ai tempi dentro a Ducie House c'era il management dei New Order e di Graham Massey di 808 State. Boomkat ha preso possesso del vecchio studio di 808 State, a fianco dell'etichetta reggae Blood & Fire. 

"Quando la Rephlex di Aphex Twin ha fatto uscire una vecchia registrazione di 808 State che faceva cover di 'Blue Monday' e 'Confusion' dei New Order, Graham ha firmato tutte le copie che avevamo in vendita su Boomkat", mi racconta Shlom via email. "È stata la Ducie connection".

Vinyl Exchange: Instagram: the_smallest_room

Miles ha passato molto tempo qui. "Ho recuperato un botto di master su nastro dal bidone un giorno, ne ho ancora due non etichettati", dice. "Probabile che siano gli Stone Roses o merda del genere". Ci credo che sono nostalgici. Ora Ducie House ospita attività multimediali con nomi come Marmalade Communications e Powell Creative Products.

Instagram: the_smallest_room

La skyline in questa parte della città è bellissima. Architettura industriale e palazzi lucenti si fondono naturalmente con il cielo color lavanda; liscio e ruvido. Nessun'altra città inglese che ho visitato riesce a mescolare vecchio e nuovo in modo così affascinante come Manchester. 

"Che influenza ha avuto Manchester sulla vostra musica?"

"Ha avuto un impatto enorme", dice Sean. "Gli incontri con Shlom, Andy Votel e Si G mi hanno cambiato la vita e tuttora non riesco a credere a quante cose fantastiche produce questa città, la adoro!"

"La mia musica non ha nulla a che fare con l'ambiente che mi circonda, è influenzata da quello che ascolto", dice Andy. Eppure la musica di Andy non assomiglia a nient'altro. 

"L'ambiente influenza fortemente quello che faccio, me ne sono accorto vivendo a Berlino", dice Miles. "Qua ci sono rivolte ogni due o tre anni. La gente ruba tutto. Mi mancava la pericolosità di Manchester quando abitavo fuori. Il tempo fa schifo, c'è sempre vento. Mi piace il suo grigiore".

Foto dei Demdike Stare per concessione di Modern Love.

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Di limoni, palloni in faccia e scimmioni — Sanremo 2017, Seconda Serata

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Gaetano ha un blog in cui parla di cose. Tra queste c'è la grande musica italiana, e la grande musica italiana trova a Sanremo la sua realizzazione più vera e terrificante. L'edizione 2017 ce la racconta lui, e questo è il secondo episodio. 

Dopo il boom di ascolti della prima serata, l'inorgoglito Carlo Conti crede di essere diventato padrone della tv italiana e quindi decide di mandare regina Maria De Filippi in platea a distribuire gadget con la sua miniatura abbronzata. Maria magnanima indossa un tacco 12 e svolge ubbidiente il suo lavoro. Ma solo perché ha al collo un vistoso amuleto scaccia-Conti.

Prima di questo siparietto, in cui vediamo una sovrana tra i suoi sudditi, si erano esibiti i gggiovani. Ma io avviso la mia giuria popolare che non c'è sempre da fidarsi delle Nuove proposte, vedi lo schifìo che sta succedendo a Roma. Mi perdo Mirage, metto muto su quello coi baffetti hipster, sento coccodrilli e non mi dispiace La Macchia. La mia giuria complottista crede che il risultato fosse già stabilito.

BIANCA ATZEI
Per la fretta non ha avuto il tempo di farsi lo shampoo. Ha un bel timbro ma porta una canzone talmente sanremese che a un certo punto mi sembra di sentire i mandolini. Ah no, ci sono davvero.
VOTO: citofonare Kekko dei Modà.

Carlo approfitta dei milioni di spettatori in eurovisioni per fare gli auguri a suo figlio Matteo. E poi ci aggiunge anche gli auguri alla figlia di Laura Pausini (già il giorno prima ha detto che sta studiando il piano per farli fidanzare). Notiamo che la Pausini è presente al festivàl per due sere di fila, nella prima serata citata da Paola Cortellesi, pur essendo dall'altra parte del mondo a ritirare Grammy come fossero assegni della pensione.

MARCO MASINI
La sua assenza dal palco dell'Ariston sicuramente sarà servita a farsi crescere un bel barbone da boscaiolo, ma di certo non per imparare a tenere correttamente il microfono in mano.
VOTO: Credo che si sia confuso e abbia portato la canzone di Fabrizio Moro.

Per aumentare il livello culturale della serata parte la sigla di Ulisse - il piacere della scoperta e tutta Italia ha il cuore in gola: ne siamo tutti certi, sta per arrivare lui. Il solo, il colto, il libro vivente, il gesticolatore, il prof che fa bagnare tutti i suoi alunni, il mitico figlio d'arte (ma anche di storia). 

E invece arriva Totti.

Parte un tedioso siparietto italico sulle rivalità calcistiche, urla forsennate da uomini e donne nel pubblico. Che Totti abbia lo stesso potere erotico di Alberto Angela? Per fugare ogni dubbio gli fanno presentare i prossimi cantanti in gara, una dei due ex vincitrice di The Voice Italia (tranquilli, non siete i soli a non guardare quel programma, non se lo fila nessuno) e Mr. Totti sostiene: "Aò è quello che ha fatto Ilary". E Conti: "Ma sei proprio sicuro?". E lui: "Me pare de sì, mo' quando arivo a casa gliò chiedo". Ma noi tutti sappiamo bene che The Voice of Italy all'epoca non era stato nemmeno inventato, vero? 

NESLI & ALICE PABA
Non lo accetto. Ma chi sono questi? Ma dove siamo? Ma che è successo? Per favore richiamate Albano che canti un'Ave Maria De Filippi qualsiasi. Va bene pure Totti che legge Ungaretti.
VOTO: n.c. (non celafaccio)

SERGIO SYLVESTRE (certificato di qualità De Filippi)
Conti si è mangiato Maria? Ah no, è il mitico Sergione di Amici. Canzone bella e sanremese, io mi cuccio per non essere nato nero e con la sua voce. Dalla mia giuria emozionale arriva un "Mi sdraierei su di lui e farei l'angelo della neve". Io e la giuria emozionale ci emozioniamo.
VOTO: e vabbè, se mi porti pure il coro con me vinci facilissimo!

TURI MOMENT
Arriva l'impiegato comunale di Catania, che non ha mai fatto un giorno di assenza in 40 anni ci carriera, ad arringare i dipendenti pubblici di tutta Italia a fare bene il loro lavoro e a non rubare il futuro ai giovani. Finalmente un uomo forte! Urla dal pubblico, applausi, ovazione. O forse era una frecciatina ai dipendenti del comune che ospita il festivàl, che andavano a timbrare anche col membro al vento, per poi tornare a dormire?

GIGI D'ALESSIO
Dopo cinque partecipazioni al Festival della canzone italiana, Gigi canta ancora in napoletano. È forse l'unico uomo a cui la barba lunga sta male, sembra un carcerato. La mia giuria fashion ha un conato di vomito alla vista della camicia sbottonata.
VOTO: non ci pare bello sparare sulla Croce Rossa, specie se stona ripetutamente.

MICHELE BRAVI
Praticamente una volta vinto X Factor è sparito dalla circolazione ed è diventato youtuber. Dopo aver guadagnato migliaia di follower è tornato al fare il suo mestiere che gli esce pure piuttosto bene, con una canzone per niente banale.
VOTO: Sul palco è intonato, pronuncia bene le parole e ha una voce molto particolare. Insomma sembra sicuro di sé. Per poi tornare in camerino e pubblicare questo: 

Torna Totti e insieme a Carlo cominciano a calciare dei super tele sulla platea sulle note di 90° minuto. Il momento più divertente della serata. Specie quando l'inutile Federico Russo, in prima fila, raccoglie un pallone e lo calcia dritto in faccia all'antipatico Giletti. Peccato non fosse di cuoio.

PAOLA TURCI
Ormoni di uomini, donne e indecisi a palla per l'ingresso di Paola Turci: una vera bomba sexy, con una bomba di canzone.
VOTO: ti rinnoviamo il nostro sì!

ROBBIE WILLIAMS
Preceduto da un RVM con tutti i suoi maggiori successi, porta sul palco la peggior canzone mai scritta. Senilità. La stessa che fa scattare un limone del tutto improvvisato con regina Maria, a canzone terminata. La mia giuria percepisce l'amarezza di Maria che dopo sta limonata torna a casa e trova la bavetta di Maurizio.

EXIT POLL delle 22.57 (a cura della mia giuria contabile, Masìa e Istituto Piepoli): Sergione sovrasta tutti, evidentemente; poi Michele Bravi e, inspiegabilmente Gigi. Peggiori Masini, Nesli e Paola Turci (ma probabilmente solo perché si è esibita da poco).

FRANCESCO GABBANI 
Conato di vomito della giuria fashion alla vista del maglioncino arancione: "I saldi da Alcott sono finiti!". Nuova proposta graziata l'anno scorso, quest'anno Gabbani canta le contraddizioni occidente/oriente, con "Occidentali's Karma". Balla scatenato, balla anche l'orchestra, balla anche uno scimmione che entra sul palco.
VOTO: Carina, citazioni un po' a caso (però l'effetto "Salirò" di Daniele Silvestri non è riuscito).

GIORGIA
La mia giuria tecnica non si capacità di quanto sia dimagrita, ma io aggiungo che resta la voce femminile migliore in Italia. Peccato che da 5 o 6 anni continui a scriversi canzoni di merda. Per fortuna dopo il suo ultimo singolo e i doverosi saluti al Pippo "che l'l'ha inventata", ci delizia con un medley delle sue vecchie glorie. Il grado di coinvolgimento della mia giuria popolare, anche quella collegata dalla Sala di casa loro, è più o meno paragonabile al momento Ricky Martin della sera prima. Cantiamo a squarciagola nonostante l'ora tarda, ci mandiamo registrazioni vocali e ci commuoviamo (soprattutto io e la giuria emozionale).

MICHELE ZARRILLO
Annunciano Michele Zarrillo ma sul palco arriva Peppino Di Capri, portando una ballatona romantica in stile sanremese (come ormai avrete capito uso l'espressione "sanremese" quando una canzone ci è un po' piaciuta, ma non possiamo dirlo ad alta voce per non passare per popolani).
VOTO: Sarà l'effetto Giorgia ma io e la mia giuria emozionale ci commuoviamo. Lei almeno può dare la colpa all'ovulazione.

KEANU REEVES
Io non ho idea di cosa gli sia capitato, ma sembra Dean di Una mamma per amica, dopo Chernobyl. Comincia a parlare di felicità, ricerca di casa, viaggi cose e poi si esibisce con un basso che casualmente era già lì pronto per lui. Maria batte le mani, contenta di aver finito questa intervista di cui non ha capito granché nemmeno lei.

CHIARA GALIAZZO
Ci riprova tutti gli anni, ma finisce per portare sempre lo stesso pezzo. Dobbiamo riascoltarla a mente lucida, l'ora è tarda.
VOTO: Peccato che nessun autore riesca a valorizzare sta ragazza!

RAIGE E GIULIA LUZI
Vado a lavare i piatti.

Visto che la situazione di Roma è messa bene, gli autori pensano di darle il colpo di grazia portando sul palco il trio Cirilli-Insinna-Brignano. Finisco i piatti. La mia giuria contabile ha il verdetto della serata: grazie al nostro infallibile metodo scientifico siamo in grado di pubblicare anzi tempo gli esclusi della  seconda serata del festival di Sanremo:

Anche questa volta beccati 2 su 3: escono Raige/Luzi, Nesli/Paba e BiancaAtzei/Kekko. Ci vediamo stasera su questi schermi, nella speranza che accada qualcosa di più esilarante di Totti che sbaglia a leggere il gobbo.

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Recensioni

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Ogni Settimana Noisey recensisce le nuove uscite, i dischi in arrivo e quelli appena arrivati. Il metro utilizzato è estremamente semplice: o ci piacciono e ci fanno sorridere, o non ci piacciono e ci fanno vomitare.

BIG SEAN
I Decided.
(GOOD Music / Def Jam)

Questo video risale al 2012, ed è ancora perfettamente valido.

QUASI MATTIA COSTIOLI

SHACKLETON & VENGEANCE TENFOLD
Sferic Ghost Transmits
(Honest Jon's)

È ormai chiaro a tutti che Shackleton ha preso una strada un po' diversa dalla precedente: più rarefatta e tranquilla, molto debitrice al probabile ascolto ossessivo dei Coil. Se il capitolo precedente di questa storia, in collaborazione con il tenore di origine italiana Ernesto Tomasini, aveva fatto storcere qualche naso per la voce un po' respingente a un primo ascolto, qui siamo più vicini a Steve Reich, ma ci sono anche il gamelan e il dub, e suoni un po' pacchiani che possono ricordare certo post-industrial. È chiaro che per chi resta legato a Skull Disco e alle prime uscite dell'uomo il cambiamento può risultare spiazzante e sgradito, ma se c'è una cosa di cui sono convinto (e a maggior ragione in questo caso dove non c'è neanche la "strana" voce tenorile di Tomasini) è che a volergli dedicare il giusto tempo e la giusta attenzione, credito che nel corso degli anni dovrebbe assolutamente essersi guadagnato sul campo, questo nuovo ciclo di Shack possa essere magari meno divertente e immediato, ma forse anche più del precedente.
LUCCA TOMASINI

LESS THAN JAKE
Sound The Alarm
(Rude)

La prima volta che sono stato all'Independent Days non avevo ancora compiuto 16 anni, era il 2002, ma ero già incredibilmente snob. Andai con una macchinata di ragazzi più grandi che indossavano magliette "Punkers" e dei Millencolin, i quali avevano organizzato la trasferta per vedere Meganoidi, Punkreas, No Use For A Name e NOFX, in scaletta per quell'anno insieme a Subsonica, Rival Schools, Get Up Kids, The Music, Modena City Ramblers e altra merda immonda. Io mi ero accodato perché volevo vedere i Jon Spencer Blues Explosion (e un po' anche i NOFX, non raccontiamoci balle). A un certo punto uno dei ragazzi con la maglietta dei Millencolin, ubriaco, andò a infastidire un gruppo di ragazze, nella pausa subito prima di Jon Spencer. Io e gli altri andammo ad assicurarci che non diventasse troppo molesto e finimmo a parlare con le ragazze. Ce n'era una con i capelli rossi che iniziò a prenderlo in giro per via dei Millencolin, che facevano e fanno tuttora schifo al cazzo, e io mi unii a lei. Iniziammo a parlare di musica, di Jon Spencer e dei 13th Floor Elevators, dei Love e dei Sonics, lei mi consigliò di ascoltare i Doors e io le dissi che era robaccia da hippie. A un certo punto le sue amiche decisero di allontanarsi dai perdenti ubriachi molesti e lei mi salutò con un intenso bacio in bocca che mi spedì il cuore dritto in gola, e poi fuggì fra la folla. Fu uno dei momenti più emozionanti della mia adolescenza, perché ai tempi avevo avuto qualche fidanzatina ma non avevo mai limonato con una sconosciuta. Ecco, lo snobismo e il disprezzo verso questo tipo di musica sono responsabili di questa esperienza bellissima, quindi non vedo perché dovrei anche minimamente considerare l'ostinato tentativo di band come i Less Than Jake di sembrare rilevanti nel 2017.
SPOTTED 15 ANNI DOPO

JLIN
Dark Lotus
(Planet Mu)

Premetto che di Jlin ho praticamente tutti i dischi a casa, quindi appena esce qualcosa dal suo cilindro è un mio dovere accaparrarmelo senza ma e senza se. La "belva nera del footwork" ritorna con un 12" che fa da apripista al suo prossimo full length e che toglie di mezzo qualsiasi tentazione agiografica, nel senso che se sei un fan accanito e privo di obiettività come me lo senti e dici… è davvero un genio, HO RAGIONE. Incrostazioni ritmiche, inserimenti di percussioni inedite, strizzate d'occhio all'old school anche in un discorso prontamente futurista e sfaccettato come un diamante grezzo che sta per essere lavorato, in cui l'horror vacui è una preziosa arma di conoscenza e creazione. Ebbene, buttate via tutti i dischi usciti questa settimana e mettete Dark Lotus in loop, sicuramente avrete un modo per sfuggire a questi tempi in cui la candeggina (musicale e non) va per la maggiore.
911 IS A JOKE

ROCKIN' 1000
That's Live (Live in Cesena 2016)
(Sony)

È sempre un po' difficile scrivere una stroncatura: di solito ci si va un po' con i piedi di piombo, si cerca comunque di trovare qualcosa di buono, si ha paura di toccare qualcuno che potrebbe aversene a male, si sospetta di non avere capito qualche sfumatura… E in definitiva si cerca di parlare un po' per metafore, di non essere troppo ovvi e banali, perché che senso ha? In questo caso no, in questo caso ci togliamo la soddisfazione di dirlo chiaramente: questa roba è LAMMERDA. Non si può salvare in nessun modo, non ci sono chiavi di lettura diverse. Una cosa che già nasce come una cagata (per i Foo Fighters, Dio santo), diventa una cagata ancora più grossa (IL CONCERTO) e infine un'operazione commerciale in piena regola (forse con l'idea di vendere almeno una copia a ciascuno dei mille poveri Cristi, che di questi tempi già non sarebbe un pessimo risultato), fatta di versioni inaffrontabili della scaletta più banale che potesse concepire un ascoltatore di Virgin Radio. Forse l'unico aspetto positivo che si può trovare è quello di essere un funerale in piena regola, l'ultimo chiodo sulla bara del RUOCK.
FARABEGOLI COMPLICE

MAX RICHTER
Three Worlds: Music From Woolf Works
(Deutsche Grammophon)

L'unico libro che ho realmente letto di Virginia Woolf, escludendo gli estratti antologici che il mio passato di liceo linguistico mi ha messo di fronte, è The Waves. E non credo l'avrei letto se non fosse che la mia ragazza ha tatuata la firma di Virginia sul braccio e delle onde sulla schiena (quindi, ecco, grazie a lei). E niente, ragazzi, le chiacchiere stanno a zero: Virginia spaccava i culi così tanto che riusciva a far sembrare interessanti anche le digressioni in cui descrive cose della natura, notoriamente la parte più tediosa della letteratura mondiale tutta. Max Richter, che è più o meno il Jay Z della classica contemporanea, ha una tradizione niente male nell'accoppiare le sue musiche tutte pianoforteggianti e violinistiche a cose che raccontano storie, tipo quando aveva fatto 24 Postcards in Full Colour e aveva preso Tilda Swinton, cioè la Nicki Minaj della recitazione, come voce narrante. E quindi se vi piacciono queste cose qua potete andare sul sicuro, che anche a 'sto giro Max ha fatto tutto ammodino—dato che tra l'altro questo ambaradan di composizioni è stato fatto per un balletto di Wayne McGregor aka il Kanye West dei coreografi. Se invece non foste abituati a queste cose orchestrali e/o letterarie, sappiate che ascoltare musica è molto più comodo e pratico che leggere davvero Orlando, Mrs. Dalloway e The Waves, e che potrete tranquillamente usare la vostra conoscenza di questo LP quando starete cercando di broccolare gente che fa cose umanistiche. La classica win-win situation.
CICCIORAVER91

JOHN GARCIA
The Coyote Who Spoke In Tongues
(Napalm)

L'ex Kyuss si è divertito un casino nel suo tour unplugged con Ehren Groban dell'anno scorso, tanto che il suo secondo lavoro solista è completamente acustico. Il problema, con John Garcia, è che per quanto lui ci provi, scrivere canzoni a quarantacinque anni gli viene molto peggio che a ventidue, soprattutto perché a ventidue scriveva solo i testi e alla musica ci pensavano Josh Homme e Brant Bjork. Per cui lo ami, sempre e comunque, ma sul palco con una versione acustica e soffertissima di "Green Machine" lo ami un po' di più che non quando ti rifila qualcosa di nuovo, perché quel qualcosa di nuovo non è e non sarà mai all'altezza di "Green Machine". Poi lui è pure ruffiano, e quando si accorge che il disco nuovo gli sta uscendo un po' meh finisce che per metà lo riempie di roba vecchia. E se nella stessa scaletta ti ritrovi "Space Cadet", "Gardenia", "El Rodeo" e proprio quella soffertissima "Green Machine" di cui sopra, cosa fai? Lo ami. In coda, "Court Order" è Groban che si ritaglia un po' di spazio per del fingerpicking onanista a metà tra Jack Rose e i Barn Owl quando spengono le pedaliere; col resto c'azzecca zero, ma lui è talmente bravo che lo perdoni, o forse è solo il vuoto di Jack Rose che non si è mai riempito. Comunque, hai appena urlato Rodeooooooooooohoooooooo.
GIOVANNINO CHE CAVALCA AGGRATIS

PORCELAIN RAFT
Microclimate
(Volcanic Field)

Ed ecco il ritorno della creaturina di Mauro Remiddi, musico italiano ormai di stanza a New York... e purtroppo si sente. La prima canzone è una merda, poi il disco diventa, come dire, una hypnagogica pompata di cui possiamo tranquillamente fare a meno. Il nuovo Porcelain Raft sembra crogiolarsi nell'autocompiacimento, nei suoni alla moda (ma neanche tanto), nel fatto che alla fine l'America è un grande paese e la musica per le pubblicità dei bagnoschiuma rappresenta il futuro. Sono basito dal fatto che a volte basta poco per scrivere un capolavoro, ad esempio fare le cose fatte male. Qui sono fatte fin troppo bene, il compitino è redatto in maniera perfetta tanto che non si capisce neanche che lo studente promosso a pieni voti ha copiato da un altro (a voi la vasta scelta). Se i pezzi fossero stati tutti un minimo vicini all'onestà di "Kookaburra" o di "The Greatest View" avremmo evitato di fare la spia al professore: e invece ci rivediamo, ahimè, a Settembre.
WEDON NIDNOEDUCHESCIO

AA.VV.
La La Land OST
(Interscope)

Non posso scrivere che Chazelle mi sta sul cazzo come regista per tutto quello che rappresenta: sempre paraculo, sempre reazionario, prima con il filmetto indie pop, poi con il Full Metal Jacket fascio dei batteristi e ora con il jazz per famiglie e canzoncine e balletti e Frank Capra e questo cazzo. Iper tecnico, bravissimo, un genio: ma possiamo anche mettere in discussione i suoi valori, quello che rappresentano i suoi film? No, non possiamo. Perché non è questo il luogo, perché sarebbe gratuito eccetera. Però qui possiamo dire una cosa: questo non è il jazz. Basta con questa storia dell'amore per il jazz che è o fascismo o diabete, a seconda delle declinazioni. No. Diciamolo una volta per tutte: potrà crederci quanto vuole, vincere tutti gli Oscar che vuole, ma Chazelle del jazz non ha capito e non capirà mai un cazzo: jazz è libertà, fuoco e droga - non questa roba qua. E speriamo che gli spiriti di Coltrane e di Miles Davis vadano a tirarlo per i piedi la notte mentre dorme.
WHITEST DIRECTOR ALIVE

CALVARIO
Calvario
(Autoproduzione)

"Se te ne intendi di hardcore metalloso alla Converge e non sai cosa recensire ho un promo da girarti, una band italiana che si chiama Calvario". Con l'inganno mi ritrovo in cuffia cinque pezzi che di Converge hanno poco, oltre alle velleità. L'hardcore zanzaroso (blackened, va di moda chiamarlo ultimamente) in quattro quarti dei Nostri diverte i primi cinque minuti, poi ti accorgi che il set di pentole usato per le percussioni ha una nota sola e che la cantante pesca dalla Julie Christmas straziata e distrutta che ci hanno consegnato i Cult Of Luna di Mariner e dalla Kat Katz degli Agoraphobic Nosebleed, ma non arriva alla varietà espressiva ed emotiva della prima né alla potenza e al carisma della seconda. Midtempo e sprazzi southern groovy in "Anxiety", ma la verità è che non bastano quelli e il mastering di James Plotkin per suonare a stelle e strisce. Soprattutto se di base c'è della confusione e non si capisce se l'intento è di puntare sul post-hc che flirta con lo sludge o sul tupatupa californiano. Tutte e due le cose in quindici minuti non funzionano.
HARDCORINO DELLA BAIA

ELBOW
Little Fictions
(Polydor)

Non avevo mai cagato gli Elbow prima di quest'oggi, soprattutto a causa del fatto che il loro nome significa "gomito". Perché dovrei ascoltare una band che si chiama Gomito quando ci sono band con nomi molto più esaltanti tipo, chessò, Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra and Tra-La-La Band with Choir, Pianos Become the Teeth o Satanic Warmaster. Detto questo, gli Elbow mi sembrano una band che non ha molto da dire a chi ha meno di trentacinque anni, dato che hanno tutto il suono e gli argomenti dei National—la paternità, il disagio, l'invecchiare, cose così—ma non hanno un cantante il cui modo di dire le cose non mi fa sbattere il corazón come il baritono 'mbriaco di Matt Berninger. Che poi probabilmente è un paragone a caso che non c'entra niente con gli Elbow e il loro passato e le loro ambizioni, ma non riesco a non pensare agli amici National quando si tratta di stabilire che cosa sia figo quando si tratta di musica quieta e riflessiva ma emotiva come la merda e adatta per essere suonata sui palchi enormi dei festival. Quindi, ecco. Avete capito.
CUORE MATTO

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Ariana Grande annoia anche sua nonna

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Se dovessi indovinare, direi che Ariana Grande ama due cose: i codini e sua nonna. Insomma, l'anno scorso l'ha portata con sé agli American Music Awards, e tre settimane fa Nonna Grande è andata alla Women's March a Washington con addosso una pelliccia e un paio di occhiali da sole. Cazzo, anch'io la amo.

Ma sembra che Nonna Grande (che si chiama Marjorie, tra l'altro) non sia stata troppo esaltata dall'esibizione di sua nipote a Las Vegas sabato scorso, nonostante fosse seduta tranquillamente in prima fila come una vera diva. Per la maggior parte del concerto è rimasta lì, con il mento appoggiato su una mano, aka l'esatta posizione universalmente riconosciuta per gridare "noia". Tutto è cambiato quando Ariana ha iniziato a cantare "Bad Decisions", che ha un testo un po' da bollino rosso (insomma, ha dentro delle parolacce).

Quando Ariana ha cantato "Non sai che non scopo i bravi ragazzi", Marjorie è sembrata un po' inorridita, e si è messa una mano sulla bocca come se fosse scioccata. Arrivati a questo punto sono anche arrabbiata con Ariana per aver fatto star male sua nonna dicendo parolacce. Anche se ci sono foto dell'accaduto, il Daily Mail (che, vi ricordo, non è più considerato una fonte attendibile dagli editor di Wikipedia) si è procurato un video. Lo trovate qua sotto. 

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Perché così pochi calciatori si mettono a fare i DJ?

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È di questa settimana la notizia che Djibril Cissé—dopo essere passato per il Liverpool, l'Olympique Marsiglia, il Panathinaikos, la Lazio e squadroni del calibro dell'Al-Gharafa—ha deciso di ritirarsi dal gioco più bello del mondo™. Il che non è strano, di per sé. Dopotutto, arrivati a un certo punto, tutti i giocatori devono farla finita. Un tempo, dopo il ritiro, i calciatori avevano due traiettorie principali: potevano diventare imprenditori, aprendo un baretto o un ristorantino; o potevano mettersi a fare gli allenatori o i commentatori, pompando un po' di cash nel loro fondo pensionistico grazie ad argute osservazioni tipo, "Senza una difesa solida è difficile non prendere gol." Ma Cissé non ci è stato, dannazione. Ha scelto di reinventarsi completamente. Gente, Djibril Cissé è diventato un DJ.

"Mi piaceva fare il calciatore, e il pallone è stato la mia vita finora," ha dichiarato Cissé a Yahoo! Sport: "Mi sarebbe piaciuto continuare a giocare ma devo ammettere che ormai per me è finita. Ma mi dedicherò, con la stessa passione e con tutto me stesso, alla mia carriera di DJ, produttore e consulente, e svilupperò anche il mio brand di moda. Grazie a tutti per il vostro supporto. L'avventura continua, è l'inizio di una nuova vita. Un leone non muore mai."

E insomma, raga, è roba che fa pensare. I leoni non muoiono mai, e neanche le leggende. Ma Cissé non può essere il primo calciatore della storia che ha deciso di devolvere il proprio tempo all'arte oscura che è fare il DJ, vero? E no, quell'esultanza di Emile Heskey non conta

I calciatori sono ragazzi giovani che guadagnano paccate di soldi e portano sempre con sé una quantità considerevole di capitale sociale, e quindi ogni tanto finiscono a ballare. Ora, dato che ovviamente anche il più scarso dei difensori centrali spinto sulle tristi rive inglesi da chissà quale paradiso esotico per giocare in League Two è comunque considerabile un atleta a tutti gli effetti, non possiamo certo immaginare che i calciatori buttino giù medie e pasticche come noi poveri mortali. Probabilmente, quindi, bevono Perrier e studiano l'arte di mettere i dischi in un silenzio monacale, per poi tornare nelle loro villone di campagna e abbandonarsi a un sonno profondo tormentato da incubi pieni di cross sbagliati e allenatori incazzati. 

Tutti possono fare i DJ—davvero, tutti—ed essere sobri è una qualità necessaria per farlo bene. Quindi è piuttosto sorprendente che i calciatori non si innamorino più spesso dei Pioneer. Vi piace dire ai vostri amici che fate i DJ, vero? A me piace un sacco. E se io e voi ci prendiamo bene a mettere una chiavetta in un CDJ impolverato in un club mezzo vuoto il giovedì sera, perché non possono prendersi bene anche Frankie Lampard, Jan Molby o Pelè? Sono sempre esseri umani, in fondo. Ma, nonostante la loro umanità, le quantità imbarazzanti di tempo libero e i soldi infiniti che compaiono ogni settimana sul loro conto in banca, pochissimi calciatori diventano davvero DJ.

Forse ci sono calciatori che hanno fatto i DJ e non ce ne siamo accorti? Cacchio, sapete chi passa notti insonni su Beatport a comprare pezzi scontati in cerca di qualcosa che faccia muovere il culo a Elton John e Gigi Hadid? David Beckham. Ok, voglio dire, l'unica prova che abbiamo della cosa è una singola sua foto in cui è alla consolle assieme al suo vecchio amico Dane Bowers nel 2001, ma che foto. Guardate come Becks guarda intensamente il mixer! Guardate quanto assomiglia a Villalobos quando è fattissimo e non capisce da che parte è girato! Immaginate di essere lì, quella sera: voi e i vostri migliori amici, a buttar giù Moretti da 33, mentre Beckham e Bowers sparano successo dopo successo. Ma fanculo lo Studio 54! Al diavolo il Paradise Garage! Chissenefrega del Berghain, la punchline noiosa dietro a qualsiasi battuta sul clubbing mai pensata dopo il 2008!

OK, Beckham non ha davvero fatto il DJ quella sera. È da un po' che il leader musicale dello spogliatoio di Old Trafford è Ashley Young, che un tempo metteva bombe funk su espressa richiesta del loro ex-allenatore Louis Van Gaal; quindi è difficile immaginare David che sceglie i pezzi sul suo iPod con le casse Bluetooth accanto a David De Gea—che è un metallaro convinto. E in ogni caso: no, per quanto possiate crederci, mettere su dei pezzi dal cellulare andando su Spotify non è "fare il DJ". 

Steven Gerrard, un altra leggenda del Liverpool, ha avuto qualcosa a che fare con un DJ una volta. Ma per quello che ne sappiamo—noi e la polizia—dopo aver dato tre pugni in faccia a Marcus McGhee, il DJ resident del Lounge Inn di Southport, perché non voleva mettere su "la sua canzone", il centrocampista non ha avuto l'opportunità di salire in consolle e mettere su "Easy Lover" o "In the Air Tonight" del suo amato Phil Collins. 

Il che ci lascia con un improbabile trio di ex-professionisti che effettivamente ogni sabato fanno il loro sporco lavoro di DJ: Djibril Cissé, Gaizka Mendieta e Pat Nevin.

Nevin si è ritagliato un piccolo spazio per affermare la sua identità di ala scozzese a cui piace l'indie che fa anche il DJ, e si esibisce spesso mettendo dischi dei Pastels. Mendieta, che ai tempi del Middlesbrough litigò con il suo allenatore Alex Southgate e venne quindi messo da parte, si metteva un cappello e usciva di notte per mettere su pezzi dei Kings of Leon di fronte a un pubblico che, presumibilmente, si chiedeva perché diamine il tizio che stava mettendo su "Molly's Chambers" aveva una fedora in testa.

In fondo, Cissé rimane solo: una luce nella notte, un faro per la vera club culture. Fabric, dategli un'opportunità il prima possibile, e speriamo che ad alcuni dei suoi ex compagni di squadra venga voglia di prendersi la responsabilità di aprirgli. 

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Di arcobaleni, vegliardi e patate - Sanremo 2017, Terza serata

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Gaetano ha un blog in cui parla di cose. Tra queste c'è la grande musica italiana, e la grande musica italiana trova a Sanremo la sua realizzazione più vera e terrificante. L'edizione 2017 ce la racconta lui, e questo è il terzo episodio. 

Arrivati alla terza serata del festivàl, io e la mia giuria popolare cominciamo ad accusare i primi segni di cedimento. Per cui decidiamo di affrontare la terza serata in compagnia di una bottiglia di vino e le nuove proposte scivolano un po' così, come il vino nei bicchieri, tant'è che a un certo punto vediamo sul palco dell'Ariston Johnny Depp, vestito da Nevruz con il cappello preso in prestito da Vinicio Capossela, che canta di ansia. E ridiamo molto.

Entrano i padroni di casa assoluti della televisione italiana: c'è poco da dire, sono impeccabili e tutto fila senza intoppo alcuno. C'è da dire che nella terza serata si sono concessi qualche sprazzo di umanità e improvvisazione in più. In uno di questi slanci Maria ci ha confidato il vero motivo per cui non percepisce alcun compenso ufficiale per la co-conduzione della kermesse: qualcuno per portare quegli orribili gioielli ogni sera l'ha ricoperta d'oro. Letteralmente. Altrimenti non si spiega perché ieri sera avesse scelto di portare al collo il cuore dell'oceano di Rose in Titanic.

Ma non perdiamoci in chiacchiere, finalmente riparte la gara. Questa è la mia serata preferita, quella delle cover, in cui finalmente sentiremo delle belle canzoni. Esordisce il coro dell'Antoniano di Bologna, con un medley dei loro migliori successi, dal moscerino ai gatti che erano 44, risultando di gran lunga più intonati di Gigi D'Alessio e Giusy Ferreri.

CHIARA
La domanda che ci ponevamo durante la prima serata finalmente ha trovato risposta: Irene Fornaciari è viva e lotta insieme a noi. E addirittura porta Diamante, una canzone del padre. Con un vestitino vedo/non-vedo, fiera della sua ritrovata magrezza.

VOTO: deve fare solo cover, che le vengono bene!

ERMAL META
Canta Amara terra mia di Modugno, che ovviamente parla dell'Albania. Memorabile esibizione per il nostro Edward Mani di Forbice. Anche se quando partono gli affascinanti falsetti degni di un castrato del Seicento abbiamo paura gli parta anche un'embolia cerebrale.

VOTO: talmente bravo che vincerà il premio cover (che non è un premio finto)

LODOVICA COMELLO
Non paga della pessima esibizione nella prima serata LodoComello porta Le Mille Bolle Blu di Mina. Ma dico io, ma sei pazza? Quella sabato calcherà quello stesso palco e tu ti metti a farle il verso così, vestita da Cappuccetto Rosso e pettinata da Dita Von Teese? 

VOTO: Meno male che c'erano i ballerini.

AL BANO
Entra con qualche secondo di ritardo perché stava raccogliendo l'uva nel cortile interno dell'Ariston, dove in questi giorni ha innestato un vitigno da cui produce vino. A mani nude. Porta Pregherò e anche noi preghiamo che scelga di dedicarsi solo alla viticoltura. 

VOTO: la mia giuria popolare fa partire un applauso sull'acuto finale.

SANREMO PER TE
Carlo e Maria ci catapultano sul palco un'arzilla novantenne, alta un metro scarso, con attaccatura dei capelli alla Margaret Thatcher e una dentiera ballerina. La signora ha il merito di aver fatto nascere 7000 e passa bambini (urla di giubilo dal pubblico). Non perché possedesse virtù particolari come la Madonna di Lourdes, ma solo perché faceva di professione l'ostetrica. Come se io venissi invitato per dire di aver usato nella mia vita oltre 10 milioni di parole per scrivere articoli.

In compenso, dopo il coro dell'Antoniano, la sotterranea campagna pro-natalità del Festivàl risulta molto più incisiva di qualsiasi Fertlity Day. In barba a Lorenzin e a Mussolini, solo guardando questa simpatica vecchietta, pare che oltre 200 donne siano rimaste incinte.

MANNOIA
Fiorellona incanta me e la mia giuria popolare con una magistrale interpretazione di Sempre e per sempre. Intonata, intensa, mai calante. L'unica cosa di calante semmai è il suo seno, asserisce la giuria fashion. E io le do appuntamento fra trent'anni per vedere come saranno turgide le sue zizze.

VOTO: stima infinita perché spacca il bouquet per dare un fiore al pianista accompagnatore

BERNABEI
Io e la mia giuria popolare cadiamo dalle nuvole quando scopriamo che Un giorno credi non è né di Gigi D'Agostino né di Gabry Ponte, ma di Edoardo Bennato. Poi spunta timida la voce della giuria vintage che alza la mano dicendo "Io lo sapevo".

VOTO: riempiamo i bicchieri di vino.

PAOLA TURCI
Vestita come il giorno prima, ma sempre una bomba sexy. Tributa il giusto onore a Un'emozione da poco.

VOTO: rischia di essere una delle nostre preferite insieme a Ermal Meta (miracolo albanese)

MIKA (SANREMO TRONO GAY)
Non appena saputo dell'ennesimo gay ospite sul palco dell'Ariston, Adinolfi ha deciso di dover intervenire. Così cerca di sabotare l'esibizione del solare Mika, amato da uomini, donne, bambini e parenti tutti. Infatti al momento dell'ingresso la porta santa sanremese non si apre e Mika è costretto ad entrare da un lato qualunque. Non appena comincia a cantare, il sortilegio adinolfiano ha la meglio e succede il peggio:

Ma Mika si riprende alla grande e fa un emozionante discorso sulla bellezza dei colori e della diversità. La giuria popolare LGBT ringrazia.

SANREMO TRONO OVER
Giusto per continuare a spingere sulla natalità ci mostrano una vegliarda in prima fila che inizia a cantare Quel mazzolin di fiori. Io paleso i miei dubbi sul fatto che, vista la lungaggine della serata, possa arrivare a fine puntata. La mia giuria di contro: "Ci vediamo fra 70 anni, ammesso che tu ci arrivi" (cit.). 

Poi alla fine si capisce tutto: è Rose del Titanic incartapecorita e conservata sotto spirito.

GIGI D'ALESSIO
Qui cominciamo ad essere piuttosto stanchi e volano insulti pesanti, che non mi sento di ripetere. 

FRANCESCO GABBANI
Ci siamo tutti un po' innamorati di questo ragazzotto, animatore di folle, che continua a prendere maglioni in saldo da Benetton. 

VOTO: occidentali's karmaaaaaaaaaaa

MARCO MASINI
Ci porta Faletti e non la fa male, ma noi ci continuiamo a chiedere se questo faccia ancora concerti? Album? Cose?

MICHELE ZARRILLO
Sempre molto sanremese, e ormai avete capito.

ELODIE
Una bravissima interprete. Con Quando finisce un amore emoziona e si emoziona. A tal punto:

ANASTASIA BELMONDO E GENOVEFFA DELON
Nessuno tra noi esperti semi-addormentati ha capito il senso di queste due che non hanno alcun merito per essere lì se non avere cognomi d'arte. Ovviamente le loro canzoni preferite di Sanremo sono Volare e L'Italiano. E io che pensavo Povia.

SAMUEL
Ottimo.

SERGIO E SOUL SYSTEM
Con il loro funky risvegliano la platea addormentata, ben oltre la mezzanotte. Simpaticamente, ma nemmeno tanto, portano Vorrei la pelle nera

VOTO: Finalmente possiamo sfatare un falso mito: i neri non hanno il ritmo nel sangue! A un certo punto ognuno va per i cazzi suoi e Sergione affanna come se avesse fatto nove piani a piedi.

BRAVI
Bravo, ovviamente.

LUCA E PAOLO
Arrivano i due che di professione sostengono di fare i comici, per fortuna molto tardi. Ci tengono subito a precisare che dopo Ricky Martin, dopo Tiziano Ferro, dopo Mika, loro sono quelli diversi, affermando a gran voce "A noi piace la patata!". Non farò alcuna paternale bacchettona ma dico solo una cosa: immaginate per un attimo cosa sarebbe successo se Tiziano dopo aver cantato Tenco avesse detto "Io amo il pisello!", o se Ricky alla vista del cucchiaio di legno di Maria avesse detto "Mi piace il cetriolo!", o Mika al microfono biricchino avesse pronunciato "Adoro la banana!". Solo questo.

Poi buio. La mia giuria contabile dorme dalle 23 quindi stasera niente previsione. Anche noi ormai esausti chiudiamo gli occhi su LP/Ermal Meta. E ci pare di udire "Anche a me piace la patata!".

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"Positive Mutilation" di Sigha è la colonna sonora del lato oscuro

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Nel corso del terzo episodio della serie Netflix Stranger Things, la madre disperata Joyce (interpretata da Winona Ryder) mette insieme freneticamente una versione natalizia di una tavola Ouija per entrare in contatto con il figlio disperso Will. Un baluginare di luci colorate testimonia la connessione tra i due, ma quello che dovrebbe essere un momento di sollievo si trasforma rapidamente in spavento quando lui riesce a dare a lei un'istruzione immediata: "R-U-N", scappa.

Dietro a Joyce, una creatura soprannaturale senza volto conosciuta con il nome Demogorgon comincia a distruggere non solo i muri del salotto, ma anche quelli della realtà per come lei la conosce. Il mondo nascosto, oscuro e decadente da cui proviene la creatura, individuato con la dicitura "sottosopra", ha aperto una porta sul mondo dei viventi.

Se la colonna sonora della serie e i suoi synth anni Ottanta non vi sfagiolano, vi consigliamo di riguardare la scena mentre ascoltate "Positive Mutilation" di Sigha. La traccia fa parte del secondo album del producer di base a Londra, Metabolism, in uscita il 24 febbraio per Token Records. Nell'LP il tema dominante è quello della distorsione, e anche nei 103 secondi di questa canzone si possono apprezzare i rumori del suono di Sigha che si crepa e si corrode. È la musica adatta per perdersi nel Sottosopra, forse per sempre. 

Durante uno scambio di email, Sigha ha spiegato a THUMP la genesi della traccia: "'Positive Mutilation' a dir la verità è nata da uno scarto dell'album. Mi piace molto la versione originale ma non sembrava entrarci molto con il resto. Alla fine ho tolto tutta la melodia e riprocessato la cassa e le basse. I crescendo in cui i vari elementi si gonfiano a dismisura sono ottenuti con un feedback portato all'estremo su un T-Resistor. Con la giusta combinazione di parametri puoi ottenere un fantastico effetto saturato dal side-chaining, creando quel tira-e-molla di cassa e basso così importante nella traccia. Dopo averla smontata e rimontata così, 'Positive Mutilation' mi è parso il titolo più adatto". 

Ascolta "Perfect Mutilation" qua sotto.

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Noisey Mix: Zakmatic

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Zakmatic ha 25 anni, è nato a Las Vegas, ha vissuto negli USA, a LA, dove fino a pochi anni fa ha fatto parte della crew Traphouse. Non è passato molto prima che le sue produzioni tribal-rave abrasive, venissero notate prima da NAAFI, per la quale ha realizzato una serie di tracce, edit e podcast nello stesso stile maniacale che lo hanno portato fino in Europa, precisamente in casa Bala Club. Oggi è membro di entrambe queste belle famiglie, e siete a Londra lo vedrete alla serata di debutto inglese di Killavesi, che non vi consiglio di perdere.

È bello quando c'è equilibrio tra continuità ed evoluzione stilistica, perché equivale a una garanzia di qualità indefinibile in termini di genere, ma all'altezza del periodo storico—leggi: non dovrebbe esistere altro clubbing all'infuori di questo. In tutti i suoi mix, recenti e non, certi edit fanno semplicemente perdere la ragione per quanto sono tachicardici, e quello di oggi non è escluso—vedi "Xtremetonterias" di Kamixlo versione gabber. Acid-dembow-reggaeton in chiave hardcore e il futuro è già scritto. Non è un caso se il mix è intitolato "The End."

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Come si fa a scrivere il seguito di un capolavoro senza fallire?

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Da quello che parrebbe il nulla e invece è Vancouver, nel giugno del 2012, una band emergente chiamata Japandroids pubblicò il disco dell'estate definitivo di sempre, Celebration Rock. Con i suoi cori da urlare, la sua attitudine spensierata e quella potenza che si può ottenere solo con un'adorazione totale della chitarra come strumento espressivo, questo disco forniva una gratificazione immediata, che suonava sempre meglio mano a mano che le giornate si scaldavano e i finestrini si abbassavano e la spiaggia si avvicinava. 

L'album portò al duo canadese una folta schiera di nuovi fan, trasformando la band nel sogno bagnato di ogni critico rock, e il loro successo provò che l'indie rock aveva ancora qualcosa da dire dopo il terribile periodo di poltiglia rock da colonna sonora di Garden State. Celebration Rock fu la pietra angolare del suono della band, e il suo titolo finì per diventare la definizione della loro musica. Nonostante i Japandroids avessero pubblicato soltanto un altro album, Post-Nothing, uscito nel 2009, i loro fan concordavano sul fatto che Celebration Rock sarebbe rimasto immortale nei secoli come il loro più grande, e ineguagliabile, successo. 

A tremila miglia di distanza, in una cittadina della Pennsylvania chiamata Scranton, i Menzingers si trovavano più o meno nella stessa barca. Tre mesi prima, questa band pop punk aveva pubblicato il suo terzo album, On the Impossible Past, e, dopo sei anni passati a cesellare la propria personalità musicale, aveva finalmente trovato quello che stava cercando. L'album era una tempesta perfetta di canzoni, a partire dal suo inconfondibile intro in chiave minore fino alle tematiche di nostalgia e malinconia contenute nei testi. Una cosa di rara perfezione che li aveva fatti spiccare nel mare dei loro colleghi. 

Per quanto On the Impossible Past non fosse riuscito a penetrare le maglie del mainstream tanto quanto Celebration Rock (i custodi dell'industria musicale non dimostravano interesse in quella parte della scena punk), fece la gioia del piccolo mondo da cui proveniva. Punknews, il sito gestito collettivamente da una nicchia della scena quantomai fertile per una band come i Menzingers, lo piazzò al primo posto nella sua classifica degli album di fine anno (Celebration Rock finì al quarto posto). La band vide crescere il proprio pubblico e divenne un riferimento per gli altri musicisti, tanto da venire citata come influenza dal padrino del pop punk Milo Aukerman dei Descendents. 

Per una bizzarra coincidenza, i Menzingers e i Japandroids, due band che cinque anni fa trovarono l'oro sulle rispettive coste del Nord America, hanno pubblicato i loro nuovi album nello stesso giorno della settimana scorsa per la stessa etichetta, Epitaph Records. Con l'uscita di questi, After the Party per i Menzingers e Near to the Wild Heart of Life per i Japandroids, le due band si trovano ora nella stessa spinosa situazione: come fai ad andare avanti dopo l'album che molti considereranno per sempre il tuo capolavoro?

"Penso che per rimanere sani come artisti serva capire che la tua relazione con i fan cambia in continuazione, da persona a persona. Cercare di ripetere sempre lo stesso successo è una battaglia contro i mulini a vento", dice Jon Caramanica, il critico musicale del New York Times che ha recentemente recensito positivamente After the Party sulla prima pagina dell'inserto culturale. "I fan amano l'immagine degli artisti che hanno loro in mente, non quelli veri che stanno sul palco. Quindi, dato che è impossibile competere con un ricordo, tanto vale tenere la testa bassa e continuare a sparare".

I Menzingers hanno fatto un po' di strada in più verso l'uscita dal buco che si sono involontariamente scavati con le proprie mani, grazie alla pubblicazione di un altro LP nel 2014, intitolato Rented World, un disco che, per quanto sia scritto bene e abbia ricevuto un'accoglienza positiva, è stato senza dubbio colpito dalla maledizione di non essere il suo predecessore. Quell'anno, al primo posto della classifica di Punknews, c'era Transgender Dysphoria Blues degli Against Me! che, bisogna dire, era un avversario difficile da battere. 

Ma per i Japandroids la pressione ha continuato ad aumentare. Dopo aver portato in tour Celebration Rock per quasi tre anni e una pausa di due, molti fan avevano cominciato a chiedersi se i canadesi sarebbero mai tornati o il successo li avesse paralizzati dal punto di vista creativo. Un blocco creativo non sarebbe stato una novità. L'esempio più famoso e più violento è quello di Brian Wilson dei Beach Boys, il quale dopo il suo capolavoro del 1966 Pet Sounds ricevette una telefonata da John Lennon, durante la quale quest'ultimo gli disse che Pet Sounds fosse il miglior album di tutti i tempi. Questa pressione, sommata a un carico di lavoro enorme e una sana dieta a base di LSD, per usare le parole di Wilson, gli fotté il cervello.

Anche gli Arcade Fire sono passati per la stessa trafila: Funeral, il loro album di debutto, ha fatto prendere bene David Byrne, Bono e David Bowie. Il duca bianco, maestro della reinvenzione musicale, ha addirittura dichiarato di aver comprato un pacco di CD di Funeral per regalarli ai suoi amici.

"Se il tuo esordio è Funeral, e va così bene, e piace così tanto alla gente, e attorno al gruppo si crea fin da subito una sorta di fervore, è inevitabile che sulla band si creino aspettative altissime su qualsiasi cosa faccia da lì in poi," disse all'epoca Mac McCaughan, co-fondatore di Merge Records, etichetta degli Arcade Fire.

Funeral non era solo un disco costruito perfettamente, ma ha verosimilmente definito che cosa significasse fare "indie rock" a metà degli anni 2000. Il suo successore, Neon Bible, uscì nel 2006: fu amato dalla critica, e portò il gruppo a suonare a Saturday Night Live. Nonostante questo, le lodi che si beccò sembrarono quasi una sovracompensazione da parte di chi era arrivato tardi a Funeral. Nonostante questo, gli Arcade Fire non si sono più guardati indietro, e il fatto che non abbiano perso il loro ruolo dimostra che un disco di grande successo può aiutare molto i suoi successori, se gestito abilmente.

Un noto effetto delle alte aspettative dei fan e delle etichette è il caro vecchio blocco dello scrittore—o comunque l'idea, nell'artista, che esista un certo standard che va rispettato, se non superato. Tim Kasher, la mente creativa dietro ai Cursive, parlandomi del successo inaspettato del loro classico The Ugly Organ, mi disse: "Nella tua testa stai sempre provando a superarti. In un certo senso, ogni volta che scrivo sto provando a fare meglio di The Ugly Organ. Non sento aspettative addosso. Ma è un tentativo che fai." Ad esempio: tre anni dopo, con Happy Hollow, Kasher cambiò l'atmosfera del gruppo eliminando il violoncello che aveva definito il suono di The Ugly Organ.

Spesso, la trappola principale che un grande album può rappresentare non sta nella sua supposta qualità mai più ripetibile ma nel fatto che diventi sinonimo di un certo periodo storico nella testa di chi lo ascolta. Un esempio è Oracular Spectacular degli MGMT, un album mega-prodotto che immortalava perfettamente il malessere carico d'ironia di chi ha visto l'apice della propria gioventù coincidere con la fine dell'amministrazione Bush. Vendette milioni di copie. Dopo un anno passato a muovere il culo su "Electric Feel" ogni notte ed essersi fatti un bel po' di ecstasy, gli MGMT diventarono le rockstar superficiali che avevano preso per il culo sul loro album di debutto. Su Congratulations, il loro secondo LP, cambiarono marcia: abbandonarono qualsiasi velleità pop e cercarono di identificarsi come veri artisti, abbandonando le bandane e facendo quindi prendere male la stragrande maggioranza dei loro fan. Rolling Stone lo definì "un album di alti e bassi, confuso, che molto probabilmente alienerà molti di quelli che avevano apprezzato il loro debutto." La prima riga della recensione di Pitchfork diceva: "Se siete qua perché vi sono piaciute 'Time to Pretend', 'Kids' ed 'Electric Feel', quella è la porta."

Ci sono esempi estremi di artisti che hanno tentato concretamente di abbandonare il suono che li aveva definiti, specialmente quando quel suono inizia a suonare stantio. Da quando Justin Vernon, cioè Bon Iver, ha pubblicato For Emma, Forever Ago. Da allora sono passati dieci anni, un po' di collaborazioni con Kanye West, un complicatissimo album pieno di sintetizzatori e Ⓖ00Ϝ¥ $0ᴎ⅁ Ŧiⓣ£∑S. Nonostante questo, c'è una buona probabilità che Vernon sarà sempre considerato, fino alla fine della sua carriera, un tizio barbuto con l'acustica e la camicia di flanella. Lui, però, non ha mai voluto portare quella torcia: "Avevo bisogno che 22, A Million suonasse radicale per poterlo mettere al mondo," ha detto a NPR parlando del suo ultimo disco. "Le mie vecchie cose hanno questa natura triste che funzionava come una cura, per me. È ok essere tristi per qualcosa, ma crogiolarcisi dentro e continuare a girare in tondo seguendo sempre gli stessi cicli emotivi è davvero noioso."

Spesso, gli artisti non percepiscono il loro lavoro come i loro fan. A volte, come la nostra serie Rank Your Records spesso dimostra, l'album preferito di tutti non è mai andato giù ai suoi creatori. How to Clean Everything, il grezzissimo ma amatissimo album di debutto dei Propagandhi, fa venire i brividi a Chris Hannah, il loro frontman. "È davvero stupido", ha detto una volta, dicendo che è l'album del gruppo che gli piace di meno. "Sfido chiunque abbia 45 anni a tirare fuori le poesie che aveva scritto da adolescente e farle vedere al mondo—no, cantarle al mondo, quando non hai mai cantato prima." La band, col tempo, è diventata un colosso punk, a malapena riconoscibile se messa accanto alla band "maldestra, incostante, ridicola, da cartone animato, alla blink-182" che erano ai tempi del loro debutto. 

Anche se è difficile provare pietà per una band il cui problema più grande è dover scrivere qualcosa che sorpassi un album universalmente amato, i Japandroids sembravano effettivamente finiti in uno scenario in cui qualsiasi scelta li avrebbe portati al fallimento. Avrebbero potuto scrivere Celebration Rock 2, buttando fuori altri whoa! e yeah!, facendo felici i loro fan ma infilandosi ancora di più in una nicchia, caratterizzandosi come quelli-presi-bene; o avrebbero potuto cambiare completamente direzione, rischiando di alienare chi li ascoltava da tempo. Era un problema di cui i Japandroids erano perfettamente coscienti: e quindi si sono impegnati per ignorarlo. 

"Siamo una band con batteria, voce e chitarra, molto energica, le cose che registriamo sono semplici e spesso dal vivo: partendo da questi punti cardinali è difficile per entrambi immaginare di fare qualcosa di meglio di Celebration Rock," ha detto il loro batterista Dave Prowse ai nostri colleghi di Noisey America. "Avevamo trovato una formula, a quel punto, ma non era abbastanza interessante e non ci dava abbastanza ispirazione da farci venir voglia di scrivere un altro disco mettendo il volume degli ampli al massimo, pestando sulla batteria e scrivendo dei pezzoni rock dall'inizio alla fine, forse con un lento sul finale. Volevamo davvero sperimentare, trovare nuovi modi di scrivere canzoni, e capire come potevamo spingerci oltre il nostro essere un duo."

Il risultato è che Near to the Wild Heart of Life si prende rischi. Dopo un pezzo rock sporco e veloce per cominciare l'album, i Japandroids inseriscono gradualmente un po' di nuovi elementi nel loro repertorio—qualche tastiera, testi più introspettivi, e persino una ballata da sette minuti e mezzo. Non si sono reinventati completamente, certo, ma hanno chiaramente cercato di evolversi. After the Party, d'altro canto, vede i Menzingers maturare un pochetto, parlare dei problemi insiti nel compiere trent'anni, ma a livello musicale, dandoci altro materiale simile a quello che li ha resi quelli che sono oggi.

Sarà solo il tempo a dirci come gli album dei Japandroids e dei Menzingers verranno giudicati dai fan e da loro stessi, e quali direzioni prenderanno adesso. Entrambi hanno scritto dischi che divergono dal loro passato—non così tanto da renderli irriconoscibili a chi li ama, ma abbastanza da dargli abbastanza differenze di cui discutere. 

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Da ragazzo suonavo in una band, facevamo roba brit e non eravamo un granché. D'altronde nessuno di noi aveva studiato musica: il batterista aveva imparato a suonare con le penne sui banchi di scuola mentre io e il bassista passavamo i pomeriggi su Ultimate Guitar. E proprio l'altro giorno, mentre stavo cercando la tablatura di un pezzo dei Silver Jews, mi sono reso conto di come tutto quello che so suonare—fondamentalmente—l'ho imparato su quel sito. 

Come me, penso che gran parte della gente che ha iniziato a suonare la chitarra nei primi anni 2000 sia passata per Ultimate Guitar—o almeno sappia di cosa sto parlando. Nel caso tu non ti riveda in questa in questa categoria, Ultimate Guitar è un sito che si basa sulla condivisione di tablature, news musicali e un forum. Con 12 milioni di iscritti, rappresenta la comunità online di musicisti più grande al mondo e un punto di riferimento per ogni chitarrista da cameretta. 

Insomma, mentre cercavo la tab—che con sorpresa ho trovato—mi sono chiesto di come funzionasse il tutto nello specifico e cercando di capirlo mi sono imbattuto nel nome di Eugeny Naidenov, il fondatore del sito. Così, visto che Noisey suona un po' come nosey che vuol dire ficcanaso, l'ho contattato e chiesto direttamente a lui della storia, del funzionamento della comunità e di come sono cambiate le cose nel corso del tempo. Devo dire che è un tizio piuttosto particolare, che ha molto a cuore la sua creatura: sappiate che, assieme alle risposte, ci ha mandato una lista INFINITA di mentions di Ultimate Guitar su Twitter, con screenshot e tutto. Eccone uno:

Quando chiedo a Eugeny come sia nata l'idea mi dice che, fondamentalmente, il tutto si può ricondurre ai suoi 13 anni, alla sua passione per i Guns'n'Roses e al fatto che è stato abbastanza fortunato da avere sempre dei computer intorno. "In quegli anni in Russia non era cosa da tutti avere accesso a un computer," mi spiega. "Mia madre lavorava per una grande compagnia aerea e avevo la possibilità di utilizzare i computer del posto. Quando poi stavo finendo il liceo, nel 1998, ho voluto creare un sito che contenesse contenuti fighi—che nell'era pre-Google non erano facili da trovare. Ovviamente, caricare la mia biografia e la foto del mio cane non sarebbe stato molto interessante. Così, ho caricato le tab di due pezzi dei Guns'n'Roses—che avevo rubato a FidoNet—e inoltrato la homepage alla direzione di Yahoo. La mattina dopo, ho visto che c'erano state più o meno trenta persone sul sito e quella sensazione di star facendo qualcosa di utile per qualcuno ha fatto sì che continuassi."

Nonostante questo, mentre il sito cresceva, Eugeny mi confessa che ha pensato di mollare il progetto almeno tre volte. "Soprattutto intorno al 2000 quando ho ricevuto una lettera di avvertimento—come tutti gli altri siti di tablature esistenti in quegli anni—dalla Music Publisher Association che mi invitava a chiudere il sito," continua. "In sostanza siamo stati informati del fatto che l'esposizione di tablature richiede una licenza da parte di chi detiene i diritti della canzone."

Dopo avermi spiegato un'infinità di cavilli legali che hanno a che fare con la cessione dei diritti in ambito musicale, Eugeny mi confessa che al momento di tutto quel casino lui aveva 21 anni ed era abbastanza spensierato da fregarsene, tanto che, mentre tutti gli altri siti avevano chiuso i battenti, lui rispose alla sollecitazione in un inglese molto approssimativo qualcosa come "no, noi non chiuderemo e faremo un patto con voi amici".

"Paradossalmente, dal momento in cui hanno capito che eravamo affidabili, c'è stata una grande volontà di collaborazione da parte dell'industria discografica," mi spiega. "Il primo discografico che ha collaborato significativamente con noi è stato Ralph Peer II della peermusic. Mentre molti dell'industria musicale nascondevano la testa nella sabbia quando si trattava di confrontarsi con la tecnologia, peermusic si approcciava alle novità, cercando di capire come giovare a songwriters e a discografici. Così, più o meno nel 2006, mi sono attivato assieme a Jonathan Kehl, addetto di peermusic all'autorizzazione digitale, che sarebbe diventata il modello di riferimento per tutte le future autorizzazioni e per ironia della sorte, alla fine, Jonathan è venuto a lavorare con me alla direzione di Ultimate Guitar." 

Mentre un po' confuso cerco di orientarmi tra questi concetti paludosi, Eugeny mi dice anche che al tempo questo tipo di autorizzazione era senza precedenti e che erano in grado di costituire un prototipo per l'intera industria. "Una volta che abbiamo iniziato a parlare con peermusic, molte altre porte hanno iniziato ad aprirsi per noi. Michael Abitbol della EMI e Peter Brodsky della Sony/ATV hanno seguito, e sono stati loro a fornirci la certificazione del modello di autorizzazione e di validità di Ultimate Guitar. Quei due avevano la vista lunga e hanno capito al volo cosa avevamo in mente di fare," mi spiega.

Oltre a queste etichette, si sono unite anche compagnie come Hal Leonard, Music Sales, Alfred Music e Faber che sono conosciuti come case editrici. Tradizionalmente, queste compagnie hanno fatto soldi vendendo libri di spartiti musicali e tablature per chitarra, il che le ha rese all'inizio comprensibilmente scettiche verso il progetto di Ultimate Guitar, ma quansdo si sono decise a dare udienza a Eugeny hanno capito le potenzialità di una collaborazione con il suo sito. "Ora quando parliamo con Harry Morton della Hal Leonard o a James Grupenhoff della Alfred, le nostre conversazioni si basano sul come trovare nuovi modi per collaborare. Non siamo più per la competizione, credo che ci completiamo a vicenda," mi conferma Eugeny.
"E comunque sia, credo di essere arrivato a quel punto solo perché all'epoca non avevo la benché minima idea di come funzionassero le cose," confessa. 

A questo punto cerco di capire come funziona effettivamente con l'upload delle tab. Chiedo a Eugeny se c'è davvero qualcuno che passa le ore a caricare gratuitamente le tablature intere di canzoni, e scopro che succede esattamente così. "Funziona più o meno come Wikipedia", mi chiarisce. "C'è un gruppo di persone che lavora su nuove tablature e modifica quelle già esistenti. Una domanda interessante potrebbe essere 'perché la gente carica le tab?'. Più parlo con questa gente e più mi rendo conto che il motivo principale è lo stesso che spingeva me a farlo nel 1998: voler essere d'aiuto per qualcuno. Di conseguenza, il nostro lavoro è fornire gli strumenti migliori per creare tablature. L'anno scorso abbiamo creato una app chiamata Author. Perché preferiamo chiamarli autori di tab anziché più semplicemente contributori? Perché trascrivere musica è un processo estremamente soggettivo – ci sono molti modi di suonare la stessa nota sulla tastiera e ogni opzione è corretta".

Superate le difficoltà legali, Ultimate Guitar ha iniziato a crescere esponenzialmente e anche se adesso ha qualcosa come 50 dipendenti, ci sono ancora delle grosse cose su cui stanno lavorando. "Abbiamo finito da poco di creare uno standard di text tablature," mi dice. "Che ci creda o no, non esisteva ancora. Abbiamo iniziato l'anno scorso testando una normativa universale per la formattazione delle tablature per UG. Vuol dire che abbiamo definito come dovrebbe essere composta una tablatura, come si definiscono parti di una canzone, come si formatta questo e quell'altro. Ci sono molte sfumature. In ogni caso, dieci mesi più tardi, tutte le nuove tablature caricate ora seguono le stesse regole. In questo modo gli utenti possono aspettarsi una qualità costante," mi spiega.

Per quanto il sito risulti molto rudimentale, graficamente parlando, il team di Ultimate Guitar sta costantemente lavorando a nuovi progetti e nuovi effetti, ad esempio per l'integrazione sui sistemi mobili. "Abbiamo da poco sviluppato degli effetti per chitarra e basso," mi spiega il fondatore. "L'anno scorso abbiamo sviluppato un'app chiamata Tonebridge. Con questa app puoi scegliere un preset di effetti per una canzone specifica. Quindi non c'è più bisogno cercare se su quel pezzo è stato usato un pedale Boss o della Line 6 o se è un delay 300ms o 400ms, basta che attacchi la chitarra al tuo iPad o iPhone e voilà, ottieni QUEL suono che senti nel pezzo," continua. 

Vista la popolarità raggiunta, soprattutto negli Stati Uniti intorno al 2010, chiedo a Eugeny se ha mai pensato di aver contribuito ad abbassare il livello di studio musicale e lui mi dice che fondamentalmente non lo pensa affatto. "Forse abbiamo reso lo studio di alcuni pezzi più accessibile, ma imparare la chitarra è tuttora difficile come lo era negli anni Novanta," sostiene.

Uno degli aspetti che ho trovato più interessanti della natura di UG, per come Eugeny me ne ha parlato, riguarda il suo potere aggregante: "Qualche giorno fa eravamo in giro con dei colleghi in un bar e accanto a noi c'era una giovane coppia," mi racconta. "A quanto pare, avevano capito chi fossimo, e a un certo punto il tipo mi si è avvicinato per dirmi che è sposato con sua moglie grazie a Ultimate Guitar. In passato lui per giorni interi le suonava le canzoni che imparava su Ultimate Guitar," mi dice.

Mentre penso a quante ragazze potrò conquistare con la mia cover dei Silver Jews (nessuna), ringrazio Eugeny e mi metto a provare la loro app per gli effetti. Il tutto mentre sorrido pensando a come un liceale abbia creato uno dei siti di riferimento per aspiranti musicisti solo perché non ci capiva niente di diritto. 

Leon, oltre a suonare la chitarra, scrive spesso per VICE e Noisey. Seguilo su Twitter: @letweetbenz.

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Il cardinal Ravasi è fan di "Occidentali's Karma" di Francesco Gabbani

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Ho visto solo la prima serata del festival di Sanremo e quindi, quando ho saputo della vittoria di "Occidentali's Karma" di Francesco Gabbani, la mia reazione è stata quella di contribuire al funzionamento dell'algoritmo di Google chiedendogli un po' chi fosse.

E insomma, penso di aver confermato le mie prime impressioni: Francesco è un tizio innocuo, uno di quelli che fanno il liceo psicopedagogico a indirizzo musicale e ci credono davvero che quello della musica leggera è il loro mondo, dannazione, e che un giorno lasceranno un segno nella storia della canzone italiana. Ha fatto un pezzo con dentro riferimenti velati a cose contemporanee, ci ha messo le danze e ha messo un tizio a fare break vestito da Gorilla sul palco. Roba da Eurovision che ovviamente è piaciuta un casino a tutti, ma proprio a tutti, confermando che per avere successo in Italia non puoi prendere posizione: puoi solo fare un'enumerazione di cose vagamente sociali e sperare che qualcuno ne tiri fuori qualche macro-considerazione sullo stato del mondo, le fake news e il senso della vita.

E niente ragazzi, c'è da dire che "Occidentali's Karma"—tra l'altro, scusate: non vi dà un fastidio furioso quel genitivo sassone gratuito? Santiddio levatemelo dagli occhi—ha funzionato così bene che persino il cardinal Ravasi, attuale membro della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, autore di 382193721893721739821 libri dall'argomento "Dio spacca", si è dichiarato fan del pezzo. E lo ha fatto tramite Twitter,in mezzo a due citazioni dai salmi (il 30 e l'89, palesemente i miei preferiti). 

Certo, non è che Gianfrancone si sia espresso più di tanto, limitandosi a citare il verso di apertura della canzone. Difatti il suo tweet sembra aver instillato nei suoi seguaci più dubbio che ispirazione ("OK", cit.). Fatto sta che "Il Karma degli Occidentali" (davvero, non ce la faccio con quel genitivo) ha conquistato anche il prelato, con il suo messaggio vagamente filosofico.

E del resto come si fa a non trovare spunti di riflessione in una canzone che riesce a essere anti-modernità ("Intellettuali nei caffè / Internettologi / Soci onorari al gruppo dei selfisti anonimi / L'intelligenza è démodé") e "moderna" (ha i synth, si balla e ha quello stramaledetto genitivo sassone), invitante a un risveglio spirituale e critica di chi si avvicina alla cultura Orientale, comica e culturalmente "alta", vagamente anti-panem et circenses e vincitrice di Sanremo. È come un piccolo Aleph della musica italiana, talmente oltre il cuore-amore da abbracciare praticamente ogni cosa.

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Che cosa ci lascia questo Sanremo 2017

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Gaetano ha un blog in cui parla di cose. Tra queste c'è la grande musica italiana, e la grande musica italiana trova a Sanremo la sua realizzazione più vera e terrificante. L'edizione 2017 ce la racconta lui, e questo è l'episodio conclusivo. 

La settimana santa del Festivàl di Sanremo si è ormai conclusa e io e la mia giuria popolare possiamo riprendere a condurre una vita scandita da ritmi umani. Il sanremone Conti ter, con la partecipazione della Maria nazionale, si è distinto per gli ascolti record da oltre dieci anni, per una conduzione priva di sbavature, per canzoni mediamente brutte (come è uso) e per numerosi momenti della rubrica C'è Sanremo per te.

Francesco Gabbani, nuova proposta dell'anno scorso, ha trionfato nella finale di sabato sera con la sua canzone "Occidentali's Karma", condividendo il podio con Fiorellona unta dal Signore e col migrante Ermal Meta. Podio che ha messo d'accordo in maniera unanime tutta la mia giuria popolare. Avremmo gradito sullo stesso anche Paola Turci e Michele Bravi, ma purtroppo sul piedistallo non c'era spazio per tutti.

Ripercorriamo ora le ultime due serate del festivàl, con alcuni momenti degni di nota che per dovere di cronaca sono tenuto a riportare.

FACCE DA SANREMO

A inizio semifinale Carlo e Maria hanno fatto una gag di cui nessuno nell'etere ha capito il senso. Maria ha indossato dei denti da Carnevale finti, non fosse perché quando parla, solitamente, si capisce tutto molto bene.

MARIA CHE BATTE

Sin dalla prima serata abbiamo notato una smania compulsiva della signora De Filippi di battere le mani senza motivo apparente. L'unica spiegazione che siamo riusciti a darci è che senza il suo gelato e la sua consueta cartellina la regina è nuda.

LA MOGLIE DI

A un certo punto arriva l'ennesimo parente di qualcuno di famoso, pratica reiterata in queste cinque serate. Si palesa così la moglie di Eros Ramazzotti, ma qualcuno nella giuria popolare esclama "Per me la moglie di Eros è solo Michelle Hunziker". Questa stangona asserisce di aver abbandonato la sua carriera di modella per fare la mamma, sbattendoci in faccia la sua sicurezza economica che le ha permesso di fare questo passo. Che siamo anche brutti non ce lo vuoi dire?

ORIGINALI TROVATE DEI SELFIE

Nessuno quest'anno lo aveva ancora fatto, nemmeno quel filosofo di Totti. E nessuno di noi ne sentiva la mancanza. Fino a quando non arriva Antonella Clerici, vestita da matrimonio del boss delle cerimonie, per regalarci un momento di alta televisione; ma soprattutto per mostrarci la cover del telefono in cui c'è lei che conduce il Festivàl del 2010. Una frecciatina? O un'anticipazione?

IL GIROTONDO

Nell'unico momento di comicità vera di tutta la kermesse, la bravissima Virginia Raffaele che veste i panni di un'intramontabile Sandra Milo, è capace di far fare qualcosa a CarloeMaria che resterà nella storia della tv.

LACRIME DI COCCODRILLO

Cara Bianca Atzei, è inutile che tu ti faccia scrivere le canzoni da Kekko dei Modà e poi mentre la canti per la terza volta (essendo già stata miracolata col ripescaggio) ti metti a piangere!

Oppure non è perché hai visto Alba Parietti in platea che ci provava col tuo Max Biaggi?

REAZIONI COMPOSTE

Venerdì sera vengono eliminati Ron, Giusy Ferreri, Al Bano (che era già andato a dormire) e Gigi D'Alessio. In molti hanno parlato della fine di un'epoca. Io dico solo che le loro canzoni facevano cacare. Sta di fatto che il signor D'Alessio ha preso talmente bene la notizia che, raggiunta la sua fine compagna e il suo staff, ha pubblicato questo video:

L'ORA D'ARIA BERTÉ

Nel videomessaggio di in bocca al lupo per la sua pupilla di Amici, Loredana nazionale fa un'apparizione dal fioraio sotto casa, che ha preso in gestione da qualche giorno per rilanciare la sua carriera.

PRESA DIRETTA

La canzone di Bernabei non era tra le più amate, se non dalle sue fan. E anche Bernabei stesso è, come direbbe qualcuno, solo un personaggetto. Tant'è che anche quel sant'uomo del cameraman ha provato a porre fine a quella pubblica sofferenza. Così:

GIURIA DI QUALITÀ

Tutti hanno molto apprezzato la presenza di Greta Menchi, seguitissima youtuber ventenne, nella giuria di qualità. La sua presenza è paragonabile solo a quella di Simona Ventura nella giuria di X-Factor. Nel caso della giovane Menchi, unica competenza musicale: assomigliare a Demi Lovato.

Insomma anche questo Sanremo ci lascerà tantissime belle cose che i nostri nipoti guarderanno con sdegno e orrore fra qualche anno.

Nel bene o nel male il festivalone è lo specchio del nostro Paese, ammettiamolo. Nel 2017 l'Italia, provata da tragedie collettive e crisi economiche varie, dà il giusto merito a esempi positivi e il palco di Sanremo-libro Cuore lo sa.

Nel 2017 la co-conduzione paritaria Carlo&Maria dà speranza alla parità di genere, l'omosessualità è calata nella quotidianità, la disabilità non viene celata. Nell'Italia del 2017 essere "parente di" è ancora molto importante (vedi le ospitate della moglie di Eros Ramazzotti, la compagna di Vincent Cassel, la figlia e la nipote di Delon e Belmondo). Nel 2017 in Italia se sei donna e ti esponi in pubblico, sei ancora criticata per i tuoi chili di troppo, per il tuo spacco esagerato, o per i tuoi zigomi rifatti.

Per quanto riguarda le canzoni, qualcuno ha parlato di fine di un'era Sanremese. Io non ne sono troppo sicuro. Credo che l'Italia del 2017 abbia preferito una canzone allegra e a tratti nonsense, a dispetto delle tante lagne tragiche di amori finiti. I più giovani in gara vengono fatti fuori per primi (le due coppie di anonimi), poi i più vecchi (Ron, Albano, D'Alessio), poi tutti i residui dei talent. E infine la ex Nuova Proposta (percorso sacrosanto ai fini di Sanremo) Gabbani scalza anche la signora della canzone Mannoia, forse troppo religiosa per un'Italia del 2017 sempre più laica.
In ogni caso lo sappiamo bene chi ha portato a casa la vittoria in questo 67° Festival della canzone italiana: tra i giovani ha vinto Lele, fuoriuscito da Amici e che ora ci dovremo sorbire per anni insieme a Emma, Amoroso e compagnia cantante.
Maria c'è sempre. Dietro e davanti le quinte.

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"Blur", la resurrezione dei Blur

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L'altro giorno mi sono ritrovato a guardare Una spia e mezzo, un filmaccio d'azione dell'anno scorso con Dwayne 'The Rock' Johnson che interpreta una super-spia amante degli unicorni che salva il mondo insieme—per ragioni che non mi sono ancora del tutto chiare—a un suo vecchio compagno di classe, un contabile interpretato da Kevin Hart. Ok, non si tratta di materiale da Oscar ma mi trovavo su un aereo, e nessuno vuole guardare 12 Years A Slave a 10 mila metri da terra. A ogni modo, c'è una scena in cui i due saltano da un grattacielo sfondando una finestra rincorsi da una raffica di proiettili. Sono sicuro che abbiate presente la scena, che abbiate avuto il piacere di vedere Una spia e mezzo o meno. Mentre il vetro va in frantumi e loro si lanciano nel vuoto, la voce che si sente non è quella di The Rock o di Kevin Hart, bensì il grido di pura e cristallina esaltazione di Damon Albarn: "WOOOO-HOOOOO!" È una scena stupida in un film stupido, ma sentire "Song 2" dentro un blockbuster hollywoodiano a vent'anni dalla sua uscita è stato un bizzarro ancorché tempestivo promemoria del potere che quella canzone e l'album che la contiene hanno avuto nel contesto del rapporto tra Blur e Stati Uniti d'America, ma anche nel contesto della loro intera carriera. 

Prima della pubblicazione di Blur, la band si trovava a un bivio. Cominciavano a stancarsi della provincialità della scena Britpop e allo stesso tempo si trovavano a confrontarsi con il fatto di essere stati sonoramente battuti nella corsa alla conquista dell'America. Durante il loro tour degli States all'inizio del 1996, non poterono fare altro che guardare mentre i loro arcinemici Oasis rompevano il tetto delle 100 mila copie vendute alla settimana con (What's The Story) Morning Glory, arrivando al quarto posto della classifica di Billboard. Il loro album The Great Escape, invece, raggiunse soltanto le 122 mila copie vendute negli USA in tutto l'anno.


Al contempo, le relazioni tra i membri del gruppo si stavano facendo sempre più fragili. Il chitarrista Graham Coxon, che aveva cominciato a bere pesantemente, aveva iniziato a sentirsi infastidito dal modo in cui Albarn voleva controllare la band, e odiava il bassista Alex James per aver adottato uno stile di vita da celebrità che lo vedeva passare la maggior parte del tempo a tracannare champagne con Damien Hirst. Coxon rispose chiudendosi in sé stesso e iniziando ad ascoltare musica più americana e lo-fi. Come disse a Select nel 1999: "Durante gli anni di The Great Escape avevo comprato dei dischi dei Pavement, ma nessuno degli altri li prendeva in considerazione. Bevevo qualcosa, uscivo di testa e dicevo che volevo suonare in una band death metal hardcore hip-hop. Forse stavo facendo il preso male, ma volevo sapere perché non potevo suonare la musica che mi piaceva [...] Ho scritto una lettera a Damon prima delle registrazioni di Blur. Gli dissi che volevo ricominciare a spaventare la gente."

E così fecero. Nell'estate del 1996, mentre gli Oasis si stavano preparando a suonare i loro iconici concerti al festival di Knebworth, i Blur diedero le spalle al Britpop e abbracciarono il suono degli artisti americani che Coxon aveva voluto far sentire al resto della band. Infatti, Albarn decise persino che aveva bisogno di andarsene dal Regno Unito e comprò una casa a Reykjavik. Voleva addirittura registrare l'album in Islanda ma l'idea venne immediatamente distrutta da Coxon, che non avrebbe potuto desiderare niente di peggio avendo appena completato un lungo tour degli Stati Uniti con dei compagni di gruppo con cui non aveva esattamente un rapporto idilliaco. Alla fine, venne trovato un compromesso. Blur venne inizialmente registrato in uno studio a Mayfair, a Londra; poi, a metà della produzione, tutto si spostò a Reykjavik. Lì Albarn, James, il produttore Stephen Street e l'ingegnere del suono John Smith finirono di lavorare alla voce e alle tastiere. Un anno dopo The Great Escape, la band fece la sua personale grande fuga dal Britpop.

Se un gruppo con già quattro album fuori pubblica un LP autointitolato, di solito, lo fa per indicare una certa coscienza di sé e della necessità della propria reinvenzione. Un buon modo per capire quanto estrema fu quella dei Blur è ascoltare "Charmless Man", l'ultimo pezzo di The Great Escape, un pezzo ballonzolante e pieno di vita, e subito dopo un pezzo confuso e soporifero come "Beetlebum", il singolo con cui si apre Blur. Era come se qualcuno avesse improvvisamente spento le luci a una festa—e nessuno fu veramente sorpreso quando, anni dopo, Albarn confermò che "Beetlebum" era ispirata dall'eroina. "In quel periodo, l'eroina ha infangato le vite di molti," spiegò Albarn in No Distance Left to Run, un documentario uscito nel 2010. "Quel pezzo è esattamente in quello spazio mentale."

Una delle cose che rende Blur così notevole, vent'anni dopo la sua uscita, è che non è il suono di una singola reinvenzione del gruppo ma di una reinvenzione costante. "Beetlebum", un pezzo sonnolento e narcotico, è seguito immediatamente da quel pastiche grunge ironico che è "Song 2"—come dicevamo prima, una delle toppe musicali adrenaliniche preferite da Hollywood. Dopo essere stati obbligati a restare a guardare il successo degli Oasis in America restando a bordocampo, "Song 2" gli permise finalmente di essere riconosciuti dall'altra parte dell'oceano.

L'accettazione dei Blur da parte dell'America coincise con la scelta del gruppo di cominciare a guardare dalle sue parti, in particolare su pezzi come "Country Sad Ballad Man". Ironicamente, il pezzo più tradizionalmente Britpop dell'album è "Look Inside America", che parla esplicitamente della vita in tour negli Stati Uniti. L'influenza di Coxon nella band stava crescendo, e non solo per il modo in cui spingeva i suoi compagni ad allargare i loro orizzonti musicali. Blur ha anche il primo pezzo per cui Coxon ha scritto e cantato un testo—"You're So Great"—una ballata caotica e alcolica, straziante nella sua schiettezza. A quel che si dice, Coxon si vergognava così tanto a suonarla che la cantò sotto a un tavolo, in quello studio di Mayfair.

Blur è molto di più che "l'album di Coxon", o "l'album americano". È pieno di influenze che rimbalzano in tutte le direzioni. Prendiamo "M.O.R.", che prende la sua progressione di accordi da "Boys Keep Swinging" e "Fantastic Voyage" di Bowie: entrambe tratte da Lodger, entrambe originalmente uscite dagli esperimenti di Bowie e Eno in cui avevano provato a scrivere pezzi diversi usando gli stessi identici accordi. A ogni modo: che il pezzo dei Blur sia un furto o un omaggio, i nomi di Bowie e Eno vennero aggiunti ai crediti solo dopo la sua pubblicazione.

Anche se ci era voluta qualche spintarella di Coxon per spingere Albarn in direzioni più sperimentali, il frontman abbracciò presto questa nuova forma di scrittura. "Posso sedermi al pianoforte e scrivere canzoni pop piene di osservazioni brillanti tutto il giorno, ma arrivi a un punto in cui capisci che devi andare da qualche altra parte," disse a Select nel 1999, con la sua caratteristica modestia. La più grande dimostrazione di questo approccio sta in "On Your Own", una sorta di pietra angolare su cui Albarn ha costruito la sua carriera solista, con i suoi testi alla Burroughs e le sue percussioni di una Roland TR-606. "Se pensiamo a come le cose si sono sviluppate, quello è stato uno dei primi pezzi dei Gorillaz," ha detto alla stazione radio australiana TripleJ nel 2010. "Quello è stato un momento in cui mi sono reso conto che mi piaceva molto fare le cose in quel modo. Con i Gorillaz ho preso molto dai Blur, certamente. Ma se i Blur vogliono farmi causa, nessun problema."

Prima delle registrazioni di Blur, era un cinquanta e cinquanta: il gruppo avrebbe potuto sciogliersi o registrare un altro album. Ma nonostante le avversità e le tensioni, produssero il loro album più vario, e uno dei migliori della loro carriera. Anche se dura poco meno di un'ora, è un disco che riesce a creare e contenere un intero mondo di idee musicali. Copre ogni gamma: è intelligente ed è stupido, è narcotico ed è esplosivo come The Rock che salta dalla finestra di un palazzo—come dimostra il fatto che "Song 2" sia finita in Una spia e mezzo, è l'album che ha portato i Blur verso direzioni che nessuno si sarebbe mai aspettato prendessero. 

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