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L'intervista definitiva ai Colle Der Fomento

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È una giornata di novembre inoltrato ma a Roma c’è il sole e un clima assolutamente primaverile quando vado a intervistare i Colle der Fomento freschi dell’uscita del loro ultimo album, Adversus. Questa uscita ha il sapore di un evento nel mondo del rap italiano, perché arriva a undici anni di distanza dal loro disco precedente, Anima e Ghiaccio. Undici anni fatti di live ma anche di notizie sul disco, indiscrezioni, la pubblicazione del singolo “Sergio Leone”, momenti in cui sembrava che l’album stesse per uscire… e invece l’attesa si protraeva sempre di più.

Ora il disco è arrivato ed è una grandissima dimostrazione di stile e di maturità, dal punto di vista sia musicale che testuale, da parte di quello che è uno dei monumenti della storia del rap italiano. Un disco diverso e contemporaneo, maturo, adulto e impressionante, un disco non immediato e che probabilmente resterà nel cuore di chi vuole dedicargli la sua attenzione.

Simone Danno e Dj Craim, che è il produttore di quasi tutte le basi del disco ma formalmente non fa parte della formazione del gruppo (che vede invece i due mc affiancati a Dj Baro), vengono a prendermi alla fermata della metropolitana e insieme ci dirigiamo in pochi passi verso casa del primo, che è proprio come uno se la potrebbe immaginare. Ovunque ci sono dischi, libri, fumetti, memorabilia di Star Wars e altri gadget, e su ogni parete tavole originali, manifesti, poster e fotografie pazzesche. Pochi minuti dopo ci raggiunge anche Massimo (Masito) e facciamo partire il registratore.

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Foto di Luca Salticchioli

Ad esempio?
D: Quando siamo cresciuti non c'è più stata una presa di posizione, abbiamo anche fatto appunto un giro per case discografiche. Abbiamo sempre trovato delle posizioni tipo "stiamo cercando il nuovo Fabri Fibra", che già se cerchi un nuovo qualcuno-che-già-esiste secondo me già sbagli in partenza. Fibra è unico, e i capi sono quelli unici, la copia di chi ha successo dura poco. Da un'altra parte ti dico che è anche una questione umana, ti rendi conto che come persone né io né Massimo ci troviamo bene nel discotecone da tremila persone con le cubiste. E quindi ti viene naturale dire "a me non interessa fare una musica che poi mi porti a suonare in quei posti lì", perché fondamentalmente in quei posti lì io ci soffro (sorride). Sicuramente è un limite nostro, io invidio chi vive con molta più leggerezza e dice "ma che te frega, è una serata, andiamo a divertirci". Io in certi posti mi diverto e in altri no. È come quando accendi la televisione, certi programmi proprio non li riesci a guardare. E allora mi viene da dire perché io dovrei andare per esempio in un programma che proprio non mi piace? A quel punto non è una questione di duri e puri, è che se sta cosa la dobbiamo continuare a fare è perché ci piace e soprattutto ci fa piacere. Andare a suonare, scendere dal palco e essere contenti, dire "questa sensazione non me la dà praticamente nient'altro". Le volte in cui ci siamo trovati a suonare in qualche contesto in cui ci sentivamo, per dei limiti nostri, a disagio - scendi dal palco e non stai bene, non sei contento, ti dici "ma che palle". Ci perderemo il super successo mainstream, però se io ci guadagno nello stare bene, nel sentirmi soddisfatto, nel sentirmi "a posto", che mi piace quello che ho fatto, va bene così. È piccolo? E che mi frega? A volte abbiamo fatto delle festicciole o dei piccoli live in paesini con duecento persone che saremmo scesi e li avremmo abbracciati tutti, più magari di un live nel palazzetto con cinquemila persone.

Senza che sia una presa di posizione. Abbiamo superato anche tutto il discorso hardcore/commerciale, ci siamo ritrovati a amare senza problemi canzoni che sono in tutto e per tutto commerciali, però sono belle. Molti hanno scritto che siamo contro questa o quell'altra scena, ma no: siamo solo contro la musica che non ci piace, non è un nome o un genere. Lo dico una volta per tutte: quelli bravi come quelli scrausi li trovi tanto nella trap come nel boom bap. Io non potrei mai difendere il boom bap, perché anche nel boom bap era pieno di scrausi. Noi negli anni Novanta dicevamo "la metà sono scrausi", quindi adesso dovrei dire che prima era tutto bellissimo? Ma per favore. A me interessa che sia musica che mi piace, che mi lasci qualcosa, indipendentemente dal genere, o dalla mitologia che c'è dietro il personaggio. Siamo in fissa per Anderson .Paak che è qualcosa di super fruibile, e alterno tranquillamente lui e Conway. Perché secondo me sono tutti e due bravissimi. Magari invece mi ascolto il disco nuovo di Statik Selektah, che è uno degli ultimi produttori che si rifanno al suono della golden age, e magari dico "che palle sto disco". E sono il primo a dire che no, che se dobbiamo solo fare la brutta copia di quello che è già stato fatto meglio negli anni Novanta, allora provo ad ascoltarmi XXXTentacion per vedere questi che fanno, e magari lui non mi piace ma ne trovo un altro che mi piace, anche se è molto distante da me.
M: Anche rispetto a questo disco, molti nei commenti scrivono "finalmente, si riporta l'hip hop di una volta, basta con questi ragazzini", a noi non interessa quella cosa. Chi ha sedici anni e vuole ascoltare altre cose è giustissimo che lo faccia, chi gli canta quelle cose ha un'età più vicina ed è giusto così, poi dopo si va avanti e ci sono varie nicchie nel rap, nella nicchia nostra ci stiamo noi. Ognuno si ascolta quello che vuole e non vogliamo cambiare nulla. Vogliamo solo mettere la nostra alternativa in mezzo alle altre.

Adesso si torna in tour?
D: Sì, a gennaio si parte. Prima, a dicembre, faremo un giro di presentazioni: Dee'Mo ha realizzato un documentario su questo disco, un track by track. Ci è venuto a riprendere mentre facevamo le prove, e raccontiamo l'evoluzione, la genesi, la chiusura di questo album. Faremo quattro o cinque proiezioni in giro per l'Italia, invece di fare gli instore che è una cosa che a noi non appartiene tanto, non ci piace la cosa che ti compri il disco per fare la foto, vogliamo dare qualcosa di diverso, offrire qualcosa in più. Ci sarà la proiezione di questo documentario di tre quarti d'ora fatto molto bene, ci sarà una chiacchiera con il pubblico, e ci sarà il banchetto con i cd, i vinili e le magliette per chi vuole.
M: Anche per far vedere il lavoro che c'è dietro al disco, il documentario lo racconta molto bene.
D: Diciamolo: anche per fare assimilare meglio al pubblico questo disco, che non è proprio immediato. E così che quando arriviamo dal vivo un po' ce lo siamo metabolizzato bene anche noi. Il live lo stiamo un po' cambiando, come approcci musicali, arrangiamenti... Stiamo studiando un nuovo tour. E a gennaio si parte e non ci si ferma più.

Federico è su Instagram.

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