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Abbiamo chiesto a Salmo di mettere in classifica i suoi stessi dischi

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Mentre mi accingo a incontrare Salmo negli studi di Red Bull a Milano, passo dai Navigli e di conseguenza sotto una gigantografia con la sua faccia disegnata volutamente male, che da lì a poche ore verrà come distrutta. La stessa faccia che, in una stanza denominata “verde” al secondo piano degli uffici nel quale avevamo l’appuntamento, ci osserverà per tutta l’intervista, da un cartellone.

Quando ci sediamo sono ormai 24 ore che sui social circola un’intervista in cui dice, praticamente, di volersi staccare da questo mondo rap, perché ne è quasi “schifato”. Non sono proprio queste le parole, ma è questo il sentimento che trapela.

Devo ammettere che un po’ di timore nel chiedere a una persona, prima ancora che un artista, che dimostra dalla dimensione live a ogni occasione possibile il suo rapporto viscerale con la musica — non solo la propria, tanto da andare in televisione cantando il proprio pezzo, in un pub come alle origini e non per adattarsi al contenitore, è presente.

6. Death USB, 2012

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Salmo: Per questa copertina, lo avrai visto, c’era un’aspettativa molto grossa, molto alta. Dopo Hellvisback dovevo fare una copertina incredibile, di quelle che quando le vedi si illumina. Invece ho voluto proprio tagliare le gambe, tornare indietro.

Noisey: Per questo prima ti dicevo quella cosa del rompere il cazzo…
Be’ perché sennò dovrei fare quello che faccio? Ci sono delle persone che prendono la musica e il rap come un mezzo per fare i soldi. Quando inizierò anche io a pensare una cosa del genere dovrò smettere. Visto che sono in gioco e tutto quello che faccio lo faccio pensando all’arte, sarebbe stupido non osare. A costo di farmi infamare. Hescher diceva che lo stupore è il sale del mondo. Io sapevo che con questa copertina avrei fatto un macello. I ragazzini non la capiscono, si struggono “Ah, ma cos’è questa merda, anche io la saprei fare così”. Certo, sta proprio lì il trucco. Chi fa grafica, invece l’ha capita. Questa roba qua è un po’ il discorso alla Manzoni, è la merda d’artista, come sputare in faccia alla grafica. In più la copertina è stata impaginata da me e Moab, che non è uno stupido. Io avevo già questo disegno…

Quindi il disegno è tuo?
No, il disegno è di un bambino. Me lo ha dato a un instore del 2015 un bambino di otto anni. Avevo già altre idee di copertine, ma erano più classiche, con la foto. Quando ho fatto vedere il disegno a Moab lui subito mi ha detto “È questa, metti questa”. Il disegno è intonso, come me lo ha consegnato il bambino, ci ho aggiunto solo il fulmine a penna, perché me lo sono tatuato dopo. È così brutta e infantile che ti rimane. Io non riuscirei a rifarla così. Tu immaginati questo ragazzino che l’ha disegnato dal cuore: era la sua visione, mi ha fatto tutto storto, con un orecchio solo, pazzesco.

Be’, Playlist
Ti interrompo subito, perché voglio dirti che il titolo rispecchia pienamente lo spirito del disco. Dentro c’è un po’ di tutto: il pezzo mega ‘90 con Fibra, pezzi d’amore, pezzi elettronici, pezzi trap.

Per questo disco tra l’altro sei tornato in Sardegna.
Sì, avevo idee abbozzate in giro. Per esempio “90 Minuti” l’ho fatta in California. Poi sono tornato in Sardegna, dove ho messo degli strumenti, risuonato dei pezzi, registrato dei pezzi. Poi a casa mia potevo stare tranquillo, sapevo di non avere live e impegni. A tutto ciò si sono aggiunti i ragazzi di Redbull che mi hanno chiesto se volessi lo studio mobile, e che fai, non prendi lo studio mobile? Tra l’altro c’era il problema di come far entrare in casa questo tir. Ho dovuto tirare giù una parete. Avevo in giardino un camion, non vedevo neanche il sole: uscivo dalla porta di casa ed entravo dal retro del camion.

In questo momento sta girando la tua cover story per Rolling Stone, in cui il punto saliente è la tua volontà di prenderti una pausa. Hai voglia di parlarne?
Non sono stanco della musica. Non riuscirei mai a smettere di fare musica, non decido io, è l’ispirazione che viene a cercarti. Mi voglio allontanare dal rap game, sta iniziando a perdere un po’ l’entusiasmo e la competizione. Il mercato è così saturo che inizio a vedere le persone che non capiscono più niente. Vedo persone che diventano famosi non per la musica ma per il personaggio. Io anche conosco le loro facce, i loro vestiti, mi guardo le loro robe su YouTube, le storie ricaricate. Però non so le loro canzoni. Non la sento più mia, non voglio ritrovarmi come gli artisti pop che ora vengono superati da completi idioti. Vorrei cercare stimoli in altre cose e so già dove andare. Non ho voglia di stare a giocare con questi ragazzini dementi. A quest’età, non so perché, mi è venuta voglia di studiare.

Una delle cose che ti riconoscono in molti è quella di saper leggere il music business meglio di altri: hai anticipato i tempi con la spinta su YouTube, ora dici che questo sarà il tuo ultimo disco fisico. Come mai?
Be’, anche l’immaginario di Mr Thunder ha predetto diverse cose, no? Il fatto di fare i dischi fisici andrà a morire. Solo in Italia questa cosa resiste, in giro per il mondo i dischi non esistono. Questa roba di Telegram, di dischi spoilerati, è un altro esempio lampante (come per praticamente tutti i dischi da qualche anno a questa parte, anche quello di Salmo ha girato su Telegram prima dell’uscita, nda). Ti fa capire che prima di tutto la musica ormai è gratis, la musica è un incentivo per venire a vedermi live, il guadagno è nei live, non nella discografia che sta morendo, non ci sono più soldi.
È strano che debba essere io a spiegare alle multinazionali e alle etichette come si lavora. L’unico modo per non spoilerare il disco sarebbe far uscire prima il disco digitale e poi quello fisico. Sai perché succede questa cosa dei dischi spoilerati? Tu quando devi far uscire il disco lo mandi ai distributori e i distributori hanno dei figli che gli rubano i dischi. Oppure, non dovrei dirlo ma te lo dico, c’è stato un errore di Amazon, hanno spedito i dischi in anticipo: così questi hanno preso i pezzi e li hanno messi online. Come si fa a non capire che è un problema? Le multinazionali fanno uscire il disco e poi si disperano per gli spoiler. Devi capire che c’è un sottobosco su internet e questa gente ti incula.

Basta fare dischi, i dischi non funzionano più. Playlist, il concept, è perché la musica che facciamo viene smembrata e messa negli scaffali più disparati: nessuno si ascolterà tutto il disco. Diverse persone prenderanno diversi pezzi e li metteranno in diversi contenitori.

Tommaso è su Instagram.

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