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Recensioni

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Ogni Settimana Noisey recensisce le nuove uscite, i dischi in arrivo e quelli appena arrivati. Il metro utilizzato è estremamente semplice: o ci piacciono e ci fanno sorridere, o non ci piacciono e ci fanno vomitare.

MECNA
Lungomare Paranoia
(Macro Beats)

A me piace che Mecna sia così cupo e antipatico, alla fine è il nostro Spooky Black, il nostro sad boy (oltre che il nostro Lil Yachty, parlando di cover art), è il portatore di quell'esistenzialismo nordico oscuro e introverso che fa bagnare (gli occhi) di lacrime alle ragazzine. Solo che purtroppo per i suoi dischi Corrado non è uno sfigato, non è un perdente: è uno che la ragazza la conquista, non rimane nell'angolo atterrito a fissarla tutta la sera finché non lascia il locale con un altro. Quindi Mecna, nonostante sia uno dei progetti più raffinati e in un certo senso anche avanguardistici del panorama rap italiano, non diventa mai quel pozzo di sofferenza in cui noi veri ragazzi tristi vorremmo sprofondare. A volte si ha l'impressione che la desolazione e agorafobia di cui si veste sia più un gimmick lirico per costruire microstorie che non sfigurino di fronte alla finezza delle produzioni a cui si intrecciano, ed è per questo che non risulta convincente fino in fondo. Detto questo, LP è di tre spanne superiore a ogni lavoro elettronico pop uscito negli ultimi tempi — inserire qui battuta scadente su altezza Mecna — e forse l'unica cosa, insieme all'umore, che Corrado dovrebbe tenere un po' più in basso è la tonalità perché quando prova a tirarla su ("Soldi Per Me") pare Samuel dei Subsonica.
SAMUEL DEI SUBSONICA

TREPANERINGSRITUALEN
Deathward, to the womb
(Coldspring)

"An invocation not so much of BABALON Herself, but of the tormented elemental of Frater T.O.P.A.N. and his fervent attempts to usher in the Aeon of Horus": così recita la press release. Tutto chiaro mi sembra no? Ma per essere più precisi, questa è una ristampa dell'omonimo disco del 2012 del progetto death industrial del prode Thomas Martin Ekelund: uno che è aduso fare concerti coperto di sangue animale ecc., insomma le classiche menate dell'industrial a sfondo esoterico. Uno potrebbe anche dire "che palle", poi però metti su il disco e il rituale funziona, il suono è ingoiante e ti ritrovi proiettato in un cratere sui monti Iblei a settentrione (cit.). Prima di andare in giro indisturbati a fare sacrifici umani, però, ascoltatevi anche la traccia programmatica e inedita "I remember when I was God", esclusiva del cd e del download digitale: così vi caricate di più e meglio. Perché in fondo tutti siamo Dio, tutti possiamo sbagliare.
PADRE CRUSTIOLI

UNIFORM
Wake In Fright
(Sacred Bones)

Non mi aspettavo di rimanere stupito dall'ascolto di un disco degli Uniform. La loro formula minimale (beat industrial, chitarre ultradistorte e urla assassine) era espressa in modo abbastanza efficace ma didascalico nel disco precedente, Perfect World. Con Wake In Fright, il duo Berdan/Greenberg invece riesce a fare un bel passo avanti e presentare un LP incisivo e maturo. La svolta si può riassumere molto semplicemente con una parola: METAL. I beat al sapore di incudine e martello guadagnano in velocità, e la chitarra abbandona (non del tutto ma considerevolmente) l'astrattismo noise in favore di riff rocciosi che urlano Slayer come quel tizio che c'è sempre dietro di te ai concerti hardcore. Anche Berdan sembra più lucido e meno solipsistico nel suo attacco, ora rivolto più decisamente all'esterno con titoli come "The Killing of America", "Tabloid" e "Night Of Fear". Questo album colpisce come il manganello dell'ingiustizia e scalcia e grida come il più passionario dei ribelli. Ma d'altra parte contiene anche il momento più pop della carriera del duo, "The Lost", che metterei volentieri in una discoteca se volessi scatenare le peggiori perversioni dei presenti.
MIKE CIORRABBIA

MANNARINO
Apriti Cielo
(Universal)

L'impressione che ho ascoltando Mannarino è che tenti di nascondere un animo coatto sotto a una serie di strati (patchanka, viniciocaposselismo, ardecorità, stornellitudine, trilussismo) apparentemente "alti". A me questa cosa dispiace, perché quel nucleo burino che sento nella sua voce e nei suoi intenti viene occultato a torto da tutte ste cazzate buone solo a farti suonare al Circolo degli Artisti e a far parlare la stampa di te come di un nuovo cantautore colto, che è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Secondo me se c'è una regione italiana che potrebbe ribaltare gli stilemi triti e ritriti del belcanto, quella è il Lazio. Abbiamo bisogno di meno Capossela e più Pappalardo. Invito quindi Mannarino a liberarsi di quegli inutili pesi pseudoculturali e a cedere finalmente all'unico genere per cui la sua musica avrebbe senso di esistere: il Pappalardocore. Abbiamo bisogno di più coatti e meno esistenzialisti, Mannarì. Piantala con le cazzate e abbraccia finalmente il tuo lato cafone. Yes we can.
LION FREGNA

CREAPOPOLVSQVE
Mentula Aurum
(NO=FI)

Il nostro buon Demented è instancabile e dopo le varie uscite dello scorso anno, poco dopo il bellissimo album a nome Trapcoustic di cui vi abbiamo già parlato, eccolo tornare con un altro progetto. Del conflitto di interessi, come già detto, ce ne battiamo il cazzo. E a proposito di cazzo, questo è un po' il tema portante del lavoro in oggetto, intitolato alla "minchia d'oro", e battezzato come Creapopoli. Del resto pure in copertina cosa compare? Una bella ceppa. In questo progetto il Maestro Di Trapani non è solo, ma accompagnato dalla brava Mushy, che se non sbagliamo era ferma almeno da un paio di anni, dopo un periodo di ottime uscite all'inizio di questo decennio. Il duo mescola atmosfere orgiastiche a quelle di un'italianità un po' più greve, ma molto distorta, e lo fa a base di synth e drum machine con chiari riferimenti industriali, basso e campionamenti vari - spesso dal mondo del cinema, comunque sempre caratterizzati da weirdness e zozzume. Un'oretta a luci rosse, ma belle scure.
TRAPANO DI (STEF)ANI

CLOUD NOTHINGS
Life Without Sound
(Carpark/Wichita)

Peccato che quest'album sia bello, ché sennò sapete le gag con il titolo? " La mia vita sarebbe migliore, senza questi suoni!" Hehe. E invece no, perché sembra di sentire la versione utile e interessante dei Foo Fighters. Mi spiego: ho sempre collegato i Cloud Nothings a un modo viscerale e melodicone di far musica con le chitarre, che funzionava sia registrato in cantina sia per strada che da Steve Albini. Il collante che teneva assieme la baracca era (ed è ancora) la scrittura di Dylan Baldi, che ti tira in mezzo i ritornelloni singalong uno dopo l'altro tanto facilmente quanto ti butta lì i crescendoni organici rumoristici. E Life Without Sound ha dentro entrambe le cose, solo registrate come se dovessero passare su Virgin Radio e non su KEXP. Il che non è necessariamente un male—o almeno, in questo caso non lo percepisco come un male dato che tanto se me li voglio sentire in diversi gradi di marciume ho tutti i loro album prima da rimetter su. Non lo so, se delle cose rock fighe possono, per il modo in cui sono impacchettate, piacere anche a chi pensa che "rock" sia, boh, i 21 Pilots, tanto meglio.
DYLAN BONDI

JOAN OF ARC
He's Got The Whole This Land Is Your Land In His Hands
(Joyful Noise)

La situazione è questa: sono in ritardo per un appuntamento con DJ Ax e cosa mi tocca fare? Recensire Kinsella che fa il simpatico. Ovviamente non ho nessuna voglia di fare entrambe le cose quindi mi ritrovo in questo circolo altamente virtuoso di procrastinare in cui ogni minuto rubato all'una o all'altra attività è un minuto in più di non-infelicità che guadagno. Una situazione davvero invidiabile, lo so. Per fortuna, per qualche motivo che comunque non ho il tempo di indagare, alcune delle tracce di questo album mancano su Apple Music. Pitchfork, da cui ruberò l'interezza delle mie opinioni a riguardo di He's Got the Whole This Land Is Your Land in His Hands, dice che non manca di offrire all'ascoltatore una strana energia, al contrario del resto della discografia dei Joan Of Arc. Io invece manco di tempo, a differenza degli ultimi tre giorni passati a non ascoltare questo disco, e, a giudicare dalle poche tracce che ho potuto soffrire, vi consiglio di fare altrettanto.
DJ AX

WILEY
The Godfather
(CTA)

È il ritorno del guaglione sulla traccia. Nel senso che il padrino viene a ripigliass' tutt' chell' che è 'o suoj'. Dopo un anno in cui è sembrato, principalmente grazie a Skepta (presente anche nel disco di Wiley) e al suo ottimo Konichiwa, che il grime dovesse ritornare di moda e conquistare anche l'America, Wiley che del genere è stato uno dei fondatori e delle figure chiave ( Playtime Is Over è il miglior album mai uscito dal calderone? Possibile), torna dopo tre anni dall'ultimo album vero e proprio. E torna davvero forte, dopo che in questo decennio non aveva dato propriamente il meglio di sé. Riesce allo stesso tempo a sfornare hit per le piste (per molti resterà pur sempre "quello di Wearing my Rolex"), ma anche a dare schiaffoni ben assestati, coniugando al meglio le sue due anime, con un album curatissimo e prodotto al meglio, con dentro mine come "Name Brand", e altre botte di speed per le vostre sinapsi.
RICHARD KYLEA SAVASTANO

COCO / D-ROSS / STAR-T-UFFO
Quanto Ci Costa Essere Noi
(Roccia Music)

Questo è un sorriso molto sofferto diciamola tutta. Non perché l'EP non sia assolutamente una bomba totale, ma più che altro per l'ignobile moniker di Star-T-Uffo. Ora io vorrei concentrarmi unicamente sul rap degli xx che è riuscito a mettere insieme CoCo, ma quello Star-T-Uffo mi fa cringiare duramente ogni volta che lo leggo. In ogni caso, si tratta di un EP che contiene quatto tracce, tutte memorabili e (come diretta conseguenza) molto lontano da ciò che macina views su YouTube in questo momento storico. Diciamo che, da un lato, c'è quella capacità retorica che Mecna sogna di possedere, svuotata di ogni riferimento modaiolo/cappellini/abbigliamento-da-skater-ricchi, dall'altro c'è un'antologia di beat notevolissima e una carrellata di video decisamente sui generis, per il panorama rap italiano. CoCo è la mia stellina preferita e spero che continui a prendere il rap con questa attitudine, sfornando cose belle e sbattendosene allegramente il cazzo di finire in #Tendenze.
MECNA SPIEGATO MEGLIO

THE FLAMING LIPS
Oczy Mlody
(Bella Union)

L'altro giorno ero lì a fare i miei giri sull'internet quando l'algoritmo di Facebook ha deciso che ero interessato a una news di NME.com il cui titolo vi riporto qua, in corsivo, dopo questi due punti: Wayne Coyne rivela che Miley Cyrus gli "manda foto di lei che fa la pipì". E ragazzi, le chiacchiere stanno a zero, quel fottuto algoritmo aveva ragione. Ascoltando Oczy Mlody, quindi, mi sono messo alla ricerca di riferimenti a questa bellissima abitudine che Miley ha deciso di intraprendere con il suo BFF Wayne: magari il suono di uno sciacquone nascosto nel feedback, qualche riferimento alle docce e all'oro, cose così. E devo dire che ho trovato anche qualcosa di interessante—tipo "Sunrise (Eyes of the Young)", che è un pezzo di quelli che ascolti e ti fanno venire in mente solo cose belle, tipo un bel tazzone di caffè caldo con cinque cuor di mela da pucciarci dentro. Ma per il resto, ahimè, solo una bella insalata di parole strambe senza alcun riferimento all'urina di Miley Cyrus. Sono deluso e amareggiato, Wayne. Davvero.
PLADIMIR VUTIN

BLACK MECHA
I.M. Mentalizing
(Profound Lore)

Stai lì a dirmi "ma quand'è che mi fai ascoltare un disco insensato, ma davvero insensato?" e poi ecco qua la creatura del simpatico Fortress Crookedjaw, meglio come conosciuto come uno dei motori dei blackmetallari Wold. Direttamente dal Canada e arrivato alla sua seconda prova, ci delizia con un magma putrescente di elettronica noise drone che sembrano tonnellate di macchie di sporco impossibile raggrumate sui fornelli, con aggiunta di voce magnata dallo schifo e delle improbabili ossessioni di sequencer che pare il Fruity Loops mandato a cannone in un tubo di scappamento di un auto rubata a qualche zingaro che la usava per dormirci. Insomma, come potete capire per me è già capolavoro: l'unico problema è che ci sono in giro solo 250 copie in vinile quindi affrettatevi che sennò quando viene la fine del mondo che colonna sonora mettete?
VORREI LA PELLE NERAMETAL

CIORAN
Bestiale Battito Divino
(Caligari)

Non lo so se il problema è questo secolo o la mia vita, ma trovo sempre meno poesia nella musica. Spesso mi ritrovo ad ascoltare gruppi che pescano dall'immaginario aziendale per farne parodia, o che si lanciano in un futuro glaciale fatto di silicio, o che si immergono nella disillusione di un presente in cui droghe e repliche di socialità hanno preso il posto del mistero. I Cioran hanno deciso di prendere la direzione opposta e, con questa nuova cassetta in uscita per la tedesca Caligari Records, presentano un mondo ancora pervaso di oscurità e ignoto, narrato con tono mistico oltre che con diverse tonnellate di blackened hardcore nero come l'abisso infinito della consapevolezza umana. Al centro di questi pezzi c'è una riflessione sulla natura bestiale e divina degli esseri umani e sugli altri contrasti che ci rendono le creature imperfette che siamo. Riff granitici e doppio pedale infernale fanno da letto a un growl a tratti morboso, a tratti orgogliosamente inferocito, per ventisei minuti di martellante e poetica distruzione. Come recita il pezzo di apertura "Sogno Organico 90", un enorme, granitico, estatico, morbido, limpido nero: ti culla e ti frantuma le ossa.
CONDANNATORE QUASIMODO

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