Ogni Settimana Noisey recensisce le nuove uscite, i dischi in arrivo e quelli appena arrivati. Il metro utilizzato è estremamente semplice: o ci piacciono e ci fanno sorridere, o non ci piacciono e ci fanno vomitare.
Die Antwoord - Suck On This - autoprodotto
Dopo che ho ascoltato “Bum Bum” avevo deciso di odiare questo mixtape, che nelle intenzioni di Ninja e del collettivo Die Antwoord è uno spot pubblicitario lungo trenta minuti. Quel singolo, “Bum Bum”, la storia che lo accompagna e la passione di Ninja per il bucio del culo mi avevano messo addosso un nervoso incredibile. Non mi serve a niente un nuovo album dei Die Antwoord e figuriamoci a cosa mi può servire un mixtape che lo anticipi. E invece poi il tape si apre con uno degli skit migliori della storia in cui Yolandi e Ninja spiegano che si pronuncia Dee ant-voord.’ ‘Dee ant-voord.’ ‘Ant,’ like ‘CUNT,’ then ‘voord.’ ‘Dee ant-voord. Say it properly' a cui nel giro di 10 minuti di casino ZEF da cui è assolutamente impossibile dedurre le intenzioni originali dietro questo mixtape segue un remix di “I Fink You Freaky”, per la precisione un remix Death Trap di “I Think You Freaky” che nel suo essere assolutamente perfetto non ha davvero alcun motivo di esistere. E quindi niente: ci sono ricascato e non vedo l’ora che esca il nuovo album dei Die Antwoord, ma nel frattempo me la suco even in my bum.
DEER ANTWOORD
RICHARD ASHCROFT - These People - Righteous Phonographic Association
Guardate la copertina di questo disco. Chi è quello? Nick Cave? No, è Richard Ashcroft. Che se avesse realmente scimmiottato Cave sarebbe comunque stato soddisfacente, e invece in questo disco si incasella tra Chris Martin e Bono Vox, perché? Perché, Richard, perché? Per alcuni brevissimi istanti alcuni hanno realmente creduto che saresti potuto diventare un epigono di Cave, magari meno intenso e profondo, ma su quella linea, invece stai contribuendo a scavare il solco della corrente più spaventosa all’orizzonte: il brit-pop con la puzza al culo. Almeno facci il piacere di andare a cambiarti.
PISCIA AL CARREFOUR
AUTECHRE - Elseq 1-5 - Autoprodotto
Appena ho visto l'uscita di questo tesoretto mi sono detto: bella, nel weekend mi ci immergo con tutte le scarpe e lo recensisco. Solo che il malloppo intero dura quattro ore e io avevo anche altro da fare e quindi un ascolto ripetuto e seriamente approfondito dell'intero ambaradan non mi è riuscito, anche se finora direi che mi aggrada alquanto. Poi magari mi sbaglio, ma mi da l'idea che i due marmittoni qui abbiano deciso di non editare, di non asciugare, di lasciare il più possibile un carattere "free" alle tracce, per quanto free possa essere un processo creativo che si interfaccia con dispositivi ritmici così complessi, dentro un ambiente compositivo che parte generando vere e proprie leggi technobiofisicoecologiche per l'interazione tra i suoni. Quello che hanno fatto è quindi permettere a ogni pezzo di espandersi fin dove queste glielo permettevano, senza preoccuparsi di raggiungere un compimento di qualche tipo. È una roba che nella mani di quasi tutti i musicisti elettronici del mondo può essere una bomba di diarrea pronta ad esplodervi in faccia a ogni ascolto, ma nel caso degli Autechre no. E il motivo è che loro sono gli Autechre.
IL CANE DEL CANE
CHANCE THE RAPPER - Coloring Book - Autoprodotto
Il rap del 2016 è una festa in un villone a Calabasas con parcheggiate fuori Maybach, Bugatti e Ferrari. Dentro c’è pieno di gente, un bordello clamoroso. DJ Khaled sta mettendo su i suoi pezzi prefe. 2 Chainz è annoiato, seduto su un divanetto con quattro tipe attorno che gli porgono, rispettivamente, percocet, purple drank, Hennessy e xanax. Kanye sta raccontando una storia divertentissima su quella volta che è andato con Kim a far la spesa da Wal-Mart, e tutti i novellini della scena—D.R.A.M., Lil Yachty, i Migos—sono lì a pendere dalle sue labbra. “That’s hilarious!”, dicono, cercando di sembrare il più convinti possibile. Young Thug è in giardino, da solo, che cerca di tenere un calice vuoto in equilibrio sul naso e guarda male chiunque gli si avvicini. Jay Electronica sta registrando un video in cui manda affanculo Kendrick Lamar, che non è potuto venire perché doveva andare a cena da sua nonna. Justin Bieber, ormai uno del gruppo da qualche tempo, si limona in un angolo buio la ragazza di Big Sean (che, tornato a casa, scriverà un pezzo passivo-aggressivo su di lei). Drake non è venuto perché ha deciso che vuole avere amici solo se le feste le organizza lui. Nessuno si sta divertendo veramente. All’una di notte, però, qualcosa di ineffabile prende gli invitati al petto: una sensazione di felicità, di liberazione. Di... comunanza? Speranza? Nessuno sa bene cosa sia. Improvvisamente, tutto è chiaro: è arrivato Chance the Rapper a dare pacche sulle spalle a tutti, a mettersi a presentare gente ad altra gente, a fare un cocktail buonissimo, a togliere a Future la codeina passandogli, sorridendo, un blunt rollato con arte e amore. Il mattino dopo, alle 10, vanno tutti in chiesa, si mettono a cantare i gospel e si rendono conto di quanto la vita sia un dono incredibile che merita di essere vissuto appieno. E il risultato è Coloring Book.
FRANCO CALIFFATO
JEAN MICHEL JARRE - Electronica 2: The Hearth of Noise - Columbia
Devo ammettere che dopo Moroder non mi aspettavo ricacciasse fuori anche Jean Michelle Jarre, un altro iconico “nonnetto” dell’elettronica. Non lo seguivo, lo confesso, dai novanta e da Waiting For Costeau che era a metà fra “qualcosa” e “qualcosa d’imbarazzante”. Da lì in poi, però, forse intuendo l’arrivo di gente come GFOTY, tentò di fare una dance per "ggiovani" un po’ stortignaccola ma purtroppo affetta da tamarraggine, come in Theo E Thea, del 2007. Nel 2015 fa saggiamente marcia indietro facendo quello che sa fare meglio, cioè il neoclassico: e parte la serie di cui stiamo parlando. Questa seconda parte sembra una compilation eterogenea, scollata che però, a causa dei numerosi ospiti d’eccezione stile Moroder (dai PSB a Sebastian Tellier, a Peaches, agli Yello, passando per Jeff Mills) a volte coglie nel segno (tipo "These Creatures" con Julia Holter) a volte no (tipo l’imbarazzante pezzo con i Primal Scream). Che dire, forse è il caso di interrogarci sul ritorno dei grandi vecchi e di un genere musicale a parte, il “geriatric electro”. In questo caso, faccetta sorridente. In un mondo normale, invece, faccetta perplessa. Ma arrivateci così voi alla sua età e poi ne riparliamo, eh?
GIORGIO MERDONER
JK Flesh - Rise Above - Electric Deluxe
Il mio eroe ha fatto un disco di merda. In realtà, nel corso della sua carriera ne ha fatti un bel po’ di dischi di merda. Su quattrocentottantamilioni di dischi che ha fatto è pure normale che qualcuno gliene sia venuto un po’ di merda, ma pure parecchio di merda. Il problema è che è da un po’ di tempo che fa tendenzialmente solo dischi di merda. E questo non va bene, non va bene neanche un po’. Pure JK Flesh, insomma, che doveva essere il suo progetto di basse apocalittiche che rimbombano nell’eternità dub come un tempo fecero i Techno Animal miste a sludge nichilista digitalizzato come un tempo fecero i Greymachine, insomma la versione aggiornata al 2016 dei Godflesh (molto più dei riformati Godflesh)… Ecco, l’ha trasformato in una roba techno-noise a BPM scarsi con suoni pacco, distorsioni piatte e un’oscurità un po’ positiccia.
FBA SCUM
Lacuna Coil - Delirium - Century Media
I Lacuna Coil appartengono a un passato musicale che per fortuna non è il mio. Ma neanche lontanamente, nel senso che non ho mai attraversato alcuna fase “metal”, e soprattutto il massimo ricordo che ho di loro già dai tempi in cui le radio parlavano di loro, era che venivano definiti gli Evanescence italiani. C’era addirittura chi sosteneva fossero ancora più famosi, in scala mondiale, proprio perché esistevano da molto prima degli Evanescence, ma la cosa non ha mai fatto breccia nel mio cuore. E niente, a distanza di decadi mi ritrovo ad ascoltare “Delirium”, la title track del loro ottavo (ottavo) album, lo spaziotempo si reclina su se stesso e torno ad essere la tredicenne lobotomizzata che stava ad ascoltare le fandonie di Ringo su Radio 105. Non è una bella sensazione. Non so bene perché mi è anche venuto in mente quando andai un anno e mezzo fa a vedere i Korn e molti dei presenti si dichiararono fan dei LC, come se non ci fosse un domani. Spero che questi aneddoti bastino a giustificare il mio genuino vomito.
ATTRAVERSO L'ASTRATTO
PANTHA DU PRINCE - The Triad - Rough Trade
Pantha Du Prince è quel nome che vedi in tutti i festival di musica alt-elettronica del mondo chiedendoti il perché, dato che è da mille anni che non fa un disco. E proprio nel momento in cui in molti avevamo trovato il coraggio per muovere un reclamo alla corporazione mondiale dei festival, quella vecchia volpe di Pantha Du Prince fa un disco nuovo. Qui la mail del suo booking: http://www.panthaduprince.com/contact/
PAOLA DEL TITANIC
Raime - Tooth - Blackest Ever Black
Per tutto il 2013, 2014 e ancora buona parte del 2015 nella mia testa i Raime godevano di una posizione privilegiata conferita principalmente da quel pozzo di bellezza di Quarter Turns Over A Living Line. Questo, Enter Paradise di Vatican Shadow e Too Down To Die dei Robedoor sono stati i dischi della mia presa di coscienza elettronica, e della me neoventenne che si iniziava a stufare di ascoltare solo rap. Lentamente mi sono incamminata verso quel territorio di sonorità ambient/dub/post-industrial anche dette #opprimenti, che in qualche modo mettevo sempre in relazione all’esperienza dei Raime. Insomma nutrivo una stima bella genuina nei loro confronti benché mi rifiutassi di mitizzarli perché ne detesto anche solo il pensiero. Stima che si è volatilizzata con l’arrivo di Tooth, un disco che si è fatto aspettare per circa trentasei anni e come primo estratto ha “Dead Heat”, traccia insipidina ma tutto sommato orecchiabile, con un artwork alla Deer Waves che mi ha fatto subito sorgere dei dubbi. L’album, nonostante gli attenti e severissimi ascolti, non ha fatto altro che permanere nella condizione di inutilità al creato, e dubito che il tempo possa migliorare qualcosa che nasce mediocre. Il commento più ridicolo che si possa mai fare a qualcuno che pesta un merdone è “Dai, anche tu sei umano, per questo sbagli,” o almeno, a me ha sempre fatto crepare dal ridere. Credo che stavolta riderò di più per quelli che lo riterranno un capolavoro.
CARLINI & BELLINI
Dave Saved- Energydream - Gang Of Ducks
Ci si chiedeva effettivamente che fine avesse fatto Dave Saved, visto che, tra una cosa e l'altra, non si faceva vivo da Power and Silence: Deindustrialization, uscito sempre per Gang Of Ducks. effettivamente era anche un po' che Gang Of Ducks era in pausa e non si facevano vivi con una nuova release. Nel tempo passato, il buon Davide è decisamente cresciuto. Pur tenendosi lo stesso spaesamento, romanticizzato da paddoni ascendenti e beat che emergono a fatica dalla massa fangosa delle basse, ha imparato a rimescolarlo dentro un suono più definito e cinematico, in cui tra la confusione buia si possono toccare forme più solide e più dense. Le decine di diverse voci in odore di r&b post-sepoltura digitale (molto alla Andy Stott per mano con Stargate in riva a un mare di silicio) lo rendono ancora più trafficato da emozioni contraddittorie e da uno spirito arpeggione melodrammatico che per fortuna lascia sospesa la tragedia. Effettivamente l'EP si apre con un brano che invoca il no future in senso positivo, e si chiude con un brano intitolato "After Life (A New Radiant World)" che ha tutta l'aria di un passo verso qualcosa di definitivo e poco rappresentabile perché affatto immobile. L'istantanea spaziale di un momento di distacco, senza bisogno di paure né di speranze. Fa niente che sia presentato in una maniera molto in linea con "il suono di oggi" perché qua e là emerge una personalità forte che fa davvero brillare il disco.
L'APPESO